Racconto di una sera e di un nuovo modo di far rete e solidarietà.
La memoria attiva serve, scrive Wlodek Goldkorn, a dare l’allarme quando l’aria si fa irrespirabile, proprio come un canarino in miniera. E nella Torah il precetto più ricorrente è quello della cura, della responsabilità verso l’altro, lo straniero, colui che è vulnerabile.
Comincia così, dall’unione di questi due concetti, proposta nella breve introduzione di Stefano Jesurum, la serata “A proposito di migranti”. Forse qualcuno se lo sarà chiesto: perché due realtà ebraiche come JOI e UGEI hanno invitato dei rappresentanti del terzo settore (la cooperativa VersoProbo e la onlus Naga) a parlare del proprio lavoro? Non ce lo aspetteremmo forse più da un’associazione culturale “generica”, “libera” da una collocazione identitaria così specifica? Guardando al mondo come a un insieme di compartimenti stagni, che nel migliore dei casi coesistono ma non si incontrano, potrebbe anche sembrare. Forse se lo sono chiesti anche i nostri ospiti, quando ci hanno detto “Per noi è questa è una platea proprio nuova”.
E invece le intersezioni sono tante. Il tema del migrare ci chiama, come tutti, come parte della cittadinanza e della società civile, a interessarci all’attualità e a interrogarci sul futuro; però ci chiama anche a riguardare, riprendere la storia, le narrazioni, i testi del pensiero ebraico per chiederci: contengono delle intuizioni che possono aiutarci a capire di più, a orientarci meglio? E soprattutto: come facciamo a non tenerci questo aiuto solo per noi, ma a fare in modo che, anche solo in minima parte, sia fruibile come “programma open source”? In una parola, cosa e come possiamo imparare gli uni dagli altri, da tutte queste diverse esperienze?
Per cominciare, possiamo imparare da Carlotta Jarach, presidente UGEI, che illustra i significati di tikkun olam (l’opera divina è perfetta, ma c’è sempre spazio per migliorare e l’essere umano è chiamato a farlo) e di tzedaqah – ovvero giustizia sociale, e racconta le esperienze della cucina sociale BeteAvon e dell’accoglienza dei migranti in transito nei mesi estivi del 2016 e 2017 al Memoriale della Shoah.
Possiamo imparare da David Bidussa, che prende ad esempio la storia della rivolta di Korach contro Mosè per spiegarci che una rivolta (o un “governo del cambiamento”?) non può e non deve avere successo se non ha come obiettivo l’allargamento dei diritti; che propone di ripensare il cliché “devono adattarsi alle nostre leggi”, attraverso il concetto delle leggi noachidi, minimo comun denominatore di un patto civile di comunità tanto quanto i principi fondamentali della nostra Costituzione, che entrambi gli ospiti del territorio (nei rispettivi ruoli, come sarebbe più immediato in inglese, di host e guest) sono tenuti a rispettare e onorare; che soprattutto, ci ricorda come nella storia delle migrazioni ebraiche non si parta mai per stare peggio, ma per stare meglio. La diaspora è un investimento per il futuro, è muoversi perché si intravede la prospettiva di un avvenire migliore, di una patria alla quale appartenere non per casualità di nascita, ma per scelta.
E possiamo imparare da Naga e VersoProbo, con i loro anni e anni di attività, esperienza, storia.
Parlare di migrazione deve allora essere non un parlare rassegnato, ma un parlare onesto, critico, chiaro. Ci vuole una narrazione non di pene, ma di progetti. Ci vuole conoscenza, consapevolezza, e azione.
Raccontare, fare gruppo, ci trasforma in cittadini attivi, parte della soluzione.
Alla prossima allora.
Di seguito trovate i link dei diversi interventi della serata:
Laureata a Milano in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale, ha studiato Peace & Conflict Studies presso l’International School dell’Università di Haifa, dove ha vissuto per un paio d’anni ed è stata attiva in diverse realtà locali di volontariato sui temi della mediazione, dell’educazione e dello sviluppo. Appassionata di natura, libri, musica, cucina.