Piccoli suggerimenti alla lettura della saggistica in libreria questo mese
Sono due i saggi che propone l’editore Donzelli in uscita a novembre su cui soffermarsi.
Piazzale Loreto. Milano, l’eccidio e il contrappasso, di Massimo Castoldi, è un’analisi di quei giorni, dal 10 agosto 1944, data della fucilazione di 15 antifascisti e del 29 aprile 1945, giorno dell’esposizione del cadavere di Mussolini. Soprattutto, il libro vuole essere un’indagine sulle verità rimosse e la memoria incompiuta di quei fatti, partendo dalla considerazione che proprio Piazzale Loreto, come simbolo, non è mai diventato memoria fondativa dell’Italia democratica, piuttosto è il luogo delle contraddizioni di oltre settant’anni di storia: dai conti mai risolti con il fascismo ai conflitti politici durante la guerra fredda, fino alla memoria debole e post-ideologica di oggi, che si logora tra la retorica delle vittime e quella della pacificazione. Il lavoro dell’autore si basa sull’analisi di fonti in gran parte inedite, relativi all’eccidio del 1944 e alle alterne vicende legate alla storia di quel luogo.
L’altro titolo importante è Il ginocchio sul collo. L’America, il razzismo, la violenza tra presente, storia e immaginari di Alessandro Portelli. Il titolo parla di un’icona, quell’immagine terribile del poliziotto che preme il suo ginocchio sul collo di George Floyd, ucciso durante l’arresto il 25 maggio 2020 a Minneapolis. Un’icona, sì, perché è un simbolo di tutte le vittime del razzismo, prima e dopo i fatti di Minneapolis. Non solo: dal punto di vista iconografico, richiama alla memoria antiche rappresentazioni del trionfo della virtù sulla bestia, della civiltà sul mondo selvaggio (San Giorgio e il drago, la purezza che schiaccia il serpente…). Solo che qui il piano è ribaltato, un mondo sottosopra dove è la bestia a schiacciare la virtù, trasformata in vittima. Alessandro Portelli intreccia racconto storico e immaginari letterari, simbolici e musicali, ripercorre le vicende che hanno portato a quella scena, dalle ribellioni che l’hanno seguita agli eventi che l’hanno preparata nell’ultimo decennio, fino alla memoria di alcune grandi rivolte della storia afroamericana, mostrando come questa morte sia l’ultimo episodio di una vicenda secolare, lungamente inascoltata. Il libro si apre significativamente con le parole di Huckleberry Finn: «S’è fatto male qualcuno?». «Nossignora, è morto un negro».
Un salto nel tempo è quello che occorre fare per considerare un altro saggio appena uscito, che ci porta nella Venezia del Quattrocento. Per la precisione negli anni novanta del 1400, quando Aldo Manuzio si stabilisce nella città lagunare per dre vita alla sua tipografia. Troppo poco: Aldo Manuzio è il creatore dell’industria editoriale come la conosciamo oggi. E la Venezia che lo accoglie il luogo cosmopolita per eccellenza, una sorta di babele linguistica e culturale, dove si stampano libri in aramaico, ebraico, arabo, greco, serbo, caramanlidico (lingua turca scritta con caratteri greci, oggi scomparsa) nonché armeno. Non solo, Manuzio con l’amico Pietro Bembo, importa nel volgare italiano i segni di interpunzione in precedenza utilizzati soltanto nel greco antico: accenti, apostrofi, virgole uncinate e il punto e virgola. Di tutto questo e della mirabolante carriera del geniale inventore-imprenditore scrive Alessandro Marzo Magno nel suo L’inventore di libri. Aldo Manuzio e il suo tempo, Laterza