L’attrice Liraz Charchi, agente del Mossad nella serie “Tehran”, ha unito Israele e Iran in un progetto artistico che vede la fusione di elementi musicali tradizionali con l’electro-dance
“La musica esprime ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere”, era solito dire Victor Hugo. In questo caso la musica esprime anche ciò che non si può fare, ovvero stringere relazioni, di qual si voglia natura, con i nemici giurati del proprio stato. Come può dunque una talentuosa performer israeliana arrivare a scrivere e comporre un intero album musicale insieme a musicisti iraniani? Semplice (si fa per dire): tanta determinazione, passione e l’aiuto della moderna tecnologia alla base delle app di messaggistica istantanea crittografate, come Telegram.
Grazie a questo mix tecnologico e creativo, Liraz Charchi è riuscita a unire Israele e Iran in un progetto artistico unico che vede la fusione di elementi musicali tradizionali e la contemporanea musica electro-dance. Zan “donna” in farsi, prodotto dalla tedesca Glitterbeat Records, è il frutto della segreta collaborazione tra Liraz e compositori e musicisti iraniani, il cui lavoro è sempre sotto il vigile sguardo della polizia segreta del regime.
Chi è Liraz?
Liraz, al secolo Liraz Charchi, è una cantante e attrice israeliana di origine persiana. I lettori più attenti l’avranno riconosciuta in Yael Kadosh, l’agente del Mossad nella serie tv Tehran . Oltre ad essere una artista di grande talento, Liraz Charchi è famosa per essere una coraggiosa attivista culturale. E’ nata a Ramla nel 1978 in una famiglia sefardita di origine persiana e la musica ha sempre fatto parte della suo lessico familiare: è la nipote della grande diva israeliana Rita (Rita Jehan-Fairouz). Ed è proprio qui, in seno alla sua famiglia, che musica e farsi diventano per Liraz un spazio di pace per ricongiungersi con il proprio bagaglio culturale persiano. Riuscirà a ricongiungersi definitivamente con le proprie radici fuori da Israele, nello specifico durante i suoi soggiorni a Los Angeles frequentando la comunità diasporica iraniana post Rivoluzione nella città (scherzosamente ribattezzata Teherangeles). Oltre ad esprime il profondo legame con le proprie origini, il disco Zan è una vera e propria dichiarazione politico-culturale: la collaborazione tra Israele e Iran deve essere possibile per il bene della pace regionale.
E’ una rivoluzione personale quella di Liraz, fatta di passi piccoli ma significativi. “Tecnicamente è stato molto difficile” spiega in varie interviste. Un lavoro fatto di lunghe notti passate su Telegram a scambiare messaggi con i colleghi iraniani e a escogitare triangolazioni bancarie per sostenere economicamente i musicisti a Tehran. “Emotivamente lo è stato ancora di più”, continua. “Sentivo, notte dopo notte, che stavo facendo qualcosa di sbagliato, stavo mettendo a rischio la vita di quelle persone”. Eppure le difficoltà, la paura e le barriere fisiche non hanno spaventano Liraz e i suoi intraprendenti colleghi. Nessuna retorica politica alla base del progetto, solo voglia di costruire ponti: “So che è un progetto rischioso ma in fin dei conti, noi siamo persone normali”. Uno degli artisti Iraniani parte del progetto ha sentito per la prima volta la voce di Liraz su Instagram e ne è rimasto attratto, tanto da voler rischiare tutto per riuscire a collaborare con lei. Voglia di normalità, ecco cosa ha inspirato ogni parola e melodia del disco. “Mi oppongo”, continua Liraz, “contro ogni narrazione che vede nell’Iran il nostro nemico”. L’album Zan è nato sotto il fuoco incrociato dei divieti legislativi iraniani di usare tecnologia israeliana e le pesanti sanzioni americane nei confronti di Tehran appoggiate da Israele.
Liraz spera che la sua ultima creazione mostri al mondo che la cooperazione tra Iran e Israele è possibile: se non se ne occuperà la politica se ne occuperanno le persone normali, munite di voce e partiture. La prima traccia che apre il disco è Zan Bezan, un omaggio al ruolo delle donne e il loro linguaggio positivo nelle proteste in tutto il medio-oriente e nel mondo.
Seguono altri nove brani ricchi di infusioni tradizionali persiane, come il suono del baglama, condita con una buona dose di musica techno-dance. In ogni brano sono presenti elementi multi-livello che rendono il sound di ogni brano unico nel suo genere. Senza esagerare però: ogni elemento è ben bilanciato da un corrispettivo contrasto, come nelle migliori ricette agrodolci. Il brano Bia Bia, dal sound ipnotico e speziato ci fornisce una ricetta per i tempi che verranno: abbiamo bisogno di una rivoluzione d’amore che provenga dalle piccole cose e timidi gesti. Senza voler suonare iperbolici, possiamo sicuramente inserire Zan dentro i successi musical e culturali del 2020.
Vi invitiamo ad ascoltare Zan seguendo il ritmo caldo e coraggioso di questa fusion techno-persiana; l’album è disponibile su Spotify e altre piattaforme di streaming dal 13 novembre.