Un modo nuovo di dare il benvenuto all’anno (solare) che verrà
Capodanno fa schifo: è arrivato il momento di ammetterlo. Si hanno grandi aspettative per una serata che si rivela essere quasi sempre deludente. Ci sentiamo obbligati a indossare abiti eleganti e a partecipare a una festa che non possiamo abbandonare prima della mezzanotte. I ristoranti prevedono unicamente menù fissi molto costosi, i supermercati sono pieni di gente che compra bottiglie di vino e sfoglie di pasta per le lasagne, e quando finalmente riesci a metterti a letto ogni tentativo di addormentarsi è interrotto dal rumore costante di fuochi d’artificio. Ma la cosa peggiore è che ci si aspetta che tu sia allegro, alticcio e pieno di speranze per l’anno che sta iniziando, perché il 31 dicembre è la notte delle possibilità e non c’è spazio per il pessimismo e la riflessione – anche se sai già che passerai la giornata successiva a guardare la tv in pigiama.
Se questo modo di iniziare l’anno non vi si addice, è arrivato il momento di provare altre strade e l’anno del Covid-19 ci viene incontro: per la prima volta non saremo alle prese con la scelta dell’outfit e le conversazioni di circostanza sui buoni propositi.
Cosa fare quindi?
Possiamo finalmente dare retta al nostro rabbino di fiducia e smettere di darci alla pazza gioia durante una festa per metà pagana e per metà cattolica.
Tutti gli altri possono organizzare una cena con pochi intimi e prepararsi emotivamente all’arrivo del nuovo anno: con una piccola ricerca su internet scoprirete che Rosh Hashanà offre degli ottimi spunti per organizzare una celebrazione più sobria ma senz’altro più proficua.
Capodanno a confronto
“Sai cosa c’è di meglio di Capodanno? Rosh Hashanà! Non sono un’ebrea molto osservante, ma mi sembra che il capodanno ebraico abbia un approccio migliore nel dare il benvenuto al nuovo anno”: la scrittrice americana Marjorie Ingall non sopporta la serata di Capodanno, ne parla in un articolo pubblicato su Tablet Magazine. La serata del 31 dicembre, dedicata a gioiose e frivole celebrazioni, non ha niente a che vedere con l’atmosfera sobria di Rosh Hashanà. “Prima di tutto, Rosh Hashanà ci ricorda che il tempo è ciclico. È una festività tutta incentrata sulla ripetizione – stesse canzoni, stesse preghiere, stesse facce – ed è libera dall’ossessione per la novità che si porta dietro Capodanno. Puoi indossare un abito nuovo, ma non sei obbligato a “divertirti da matti” mentre lo indossi. In più, gli impegni che ci prendiamo a Rosh Hashanà hanno a che fare con il bene degli altri più che con il nostro. Invece di promettere, per l’ennesima volta, che ci iscriveremo in palestra e smetteremo di fumare, durante il capodanno ebraico riflettiamo su come essere persone migliori, e ci scusiamo per gli errori fatti l’anno precedente”.
Spiega Pesach Wolicki su The Times of Israel che le celebrazioni di Rosh Hashanà includono grandi banchetti festivi con la famiglia, ma alla gioia della festa si affianca la necessità di una riflessione, sull’anno trascorso e su quello che sta iniziando. I nuovi inizi, nell’ebraismo, sono occasione di meditazione, ci concedono l’opportunità di pensare al passato e riaffermare il nostro impegno per il futuro.
D’altronde iniziare l’anno con festeggiamenti a tutti i costi gioiosi apre presto la via alla disillusione. Spiega Anna Segre su Moked.it che la serata del 31 dicembre non è mai all’altezza delle aspettative, e ogni volta il buon augurio per l’anno nuovo parte già compromesso. Il primo gennaio le nostre città sono deserte, le strade sono sporche e l’impressione è che la festa sia finita troppo presto. Ma se ci concentriamo meno sull’alcol e cogliamo l’occasione per meditare, per capire come migliorare noi stessi e ciò che ci circonda, questo scenario può apparire meno deprimente: dopotutto se il prossimo anno sarà più o meno buono dipenderà anche da noi e dalla nostra volontà.
L’opinione dei rabbini
Le celebrazioni del capodanno civile sono argomento di discussione all’interno delle comunità ebraiche di tutto il mondo. Molti rabbini, tra cui ad esempio Rabbi Gideon Shloush la cui opinione è riportata in questo articolo del Jerusalem Post, credono che questa ricorrenza non dovrebbe essere festeggiata dal popolo ebraico per fedeltà al proprio patrimonio culturale e per evitare eccessive contaminazioni. In effetti, i festeggiamenti del primo dell’anno hanno sia un’origine pagana che una componente cattolica: sono stati istituiti nel 46 a.C da Giulio Cesare in onore del dio Giano, divinità degli inizi materiali e immateriali, e ricordano la circoncisione di Gesù e San Silvestro, che fu papa tra il 314 e il 335.
Partecipare alla festa aziendale è lecito, così come lo è augurare buon anno nuovo ai vicini di casa; il problema si pone quando si entra nello spirito della festa e ci si ritrova, involontariamente, a comportarsi e copiare atteggiamenti pagani o di altre religioni.
Un articolo di Michael Broyde, professore di legge e membro del tribunale rabbinico americano, analizza le due matrici della festa riconducendole a due questioni principali: le leggi talmudiche e rabbiniche parlano chiaro, per il popolo ebraico è proibito il culto degli idoli (Avodà Zarà) e imitare festività di altre religioni (Chukot Hagoy). Festeggiare Capodanno, a rigor di logica, non dovrebbe essere permesso, ma l’Halachà fa un’eccezione per le festività che ormai sono celebrate in modo totalmente laico e la cui radice religiosa è stata sostituita da una motivazione o origine secolare.
Non sono poche neanche le opinioni di rabbini che partono da questo assunto e approvano i festeggiamenti di Capodanno: tra questi Rav Moshe Feinstein, ma anche Rabbi Benny Lau che afferma che il 31 dicembre non ha a che fare con la religione ma è legato invece al sentirsi parte del mondo in cui viviamo, che gestisce le sue scadenze in base al calendario solare.
Che siate ebrei o meno, sembra che quest’anno non ci siano scuse per non celebrare con consapevolezza l’ultimo dell’anno: liberi dagli assembramenti, dai festeggiamenti ostentati e obbligati, si può dare uno sguardo al 2020 e rimboccarsi le maniche per accogliere l’anno che sta iniziando.
Rispettare gli usi locali.