Un libro disegnato da Alessandro Gatto con i testi di Marco Ballestracci
Alessandro Gatto racconta la storia del padre, Angelo, sopravvissuto alla Shoah. Racconta la vita dopo, quella della famiglia, quella quotidiana, di lui bambino insieme ai fratelli, di quelle cene in cui qualche volta si parlava della fame, di quelle notti in cui sentiva il padre lamentarsi negli incubi. Fa un racconto, come scrive nell’introduzione, che può sembrare una favola, ma invece è una sotria vera di orchi e prigioni. Ma soprattutto in questo libro, Il volo di Angelo (Silvana editoriale) mette in scena la rappresentazione di ricordi e emozioni che lo accompagnano fin da bambino, attraverso i suoi disegni.
Il risultato è un piccolo libro prezioso, tanto delicato quanto violento, tanto composto quanto allucinato. Forse, contraddittorio quanto la vita dopo la Shoah. L’artista narra l’esperienza del padre, ma parla anche di sé, di quanto quel contatto quotidiano con la morte che ha accompagnato tutta la vita del padre, lo abbia condizonato per sempre. La Shoah, per chi è venuto dopo, è qualcosa da cui è impossibile prescindere, da affrontare individualmente, per ritrovarla nel proprio inconscio, e anche socialmente, come impegno civile contro l’indifferenza.
Alessandro Gatto racconta se stesso insieme al padre, o meglio il padre attraverso i suoi occhi. Racconta i proprio sentimenti, a partire dai silenzi che lo hanno accompagnato nella vita e i fatti accaduti, scoperti solo da grande: “Proprio perché raccontava così poco io avevo paura”, scrive, “Lo vedevo come una grande porta socchiusa. Intuivo, al di là, qualcosa di spaventoso, ma non sapevo cosa. La morte ha cominciato allora ad angosciarmi. Non ho mai avuto il coraggio di appoggiarmi, di toccare quella porta, di abbracciarla. Solo da adulto ho conosciuto i fatti terribili accaduti a mio padre nei due anni trascorsi in Germania. Un viaggio molto più doloroso di quello di Dante nei gironi dell’Inferno. Quando ho capito che papà ci stava lasciando e non avrebbe più raccontato la sua immane esperienza ho deciso che avrei fatto ciò che potevo affinché l’oblio non avesse la meglio. Per mio padre, per le vittime di questo esodo tragico, per la mia liberazione”.
Alessandro Gatto procede per immagini e affida le parole a Marco Ballestracci, che compone la biografia di Angelo, militare preso dopo l’8 settembre e trasformato in Internato Militare Italiano a Wietzendorf, in Germania. Wietzendorf è un campo per prigionieri di guerra ma Angelo e gli altri deportati con lui non fanno parte di quella categoria. Non hanno alcun diritto: “Sono traditori e non prigionieri di guerra. Sono internati militari italiani e non prigionieri di guerra. Là non arriverà mai la Convenzione di Ginevra”.
Angelo sa disegnare (e dovrà ritrarre un generale con la propria famiglia) diventa infermiere, scrive, sopravvive tenendo un diario clandestino. Poi, Bergen Belsen, i lavori forzati, la marcia fino a Berlino e la fuga, questa volta a lieto fine: incontra gli americani.
Gli americani ne esaltano il tratto e le doti da ritrattista e gli promettono un avvenire di successo oltreoceano. Ma lui non sente la voce di sua madre da due anni. Riesce a telefonarle: a casa, sono rientrati tutti, mancava solo lui.
Alessandro Gatto e Marco Ballestracci, Il volo di Angelo, Silvana editoriale, 17 euro
È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.
Micol, grazie.
Il tuo è un contributo prezioso,
In troppi sanno poco o nulla di questa tragedia.
Ti ho incontrata per per caso e mi fa molto piacere. Se vuoi puoi seguire su Instagram tutte le iniziative intorno a IL VOLO DI ANGELO
Grazie di cuore.
Alessandro
Grazie a te, Alessandro, del bellissimo libro