Vendicare la cacciata dalla Spagna saccheggiando navi spagnole: l’incredibile storia del corsaro figlio di rabbino.
Nel sedicesimo secolo parole come “esploratore” e “traffico” avevano un significato totalmente diverso rispetto a oggi. Erano i tempi della fiorente industria della navigazione, che vedeva coinvolte alcune delle menti più acute dell’epoca.
La principale “startup nation” di quell’industria era il Portogallo, Paese d’origine dei grandi esploratori Ferdinando Magellano e Vasco da Gama. Allora come oggi, gli ebrei non rimasero certo in disparte: di innovazione in campo marittimo si occuparono matematici, fisici e cartografi come Abraham Zacuto e Pedro Nunes, i quali, ben prima dell’invenzione delle app di geolocalizzazione, svilupparono strumenti di navigazione basati sul sole e sui corpi celesti.
Ma gli inventori ebrei non si accontentavano del lavoro tecnico. Dovevano provare le proprie invenzioni in prima persona. Curiosamente, specie dopo la cacciata dalla Spagna, una delle professioni più comuni tra gli Ebrei rifugiatisi in Olanda e Marocco divenne scortare e assistere le navi commerciali e gli esploratori. Se è curioso figurarsi marinai ebrei, provate a immaginare dei pirati ebrei!
Il libro “Jewish Pirates” di Edward Kritzler fa luce su un fenomeno estremamente accattivante: i pirati ebrei che iniziarono la loro attività dopo la cacciata dalla Spagna e che attaccavano principalmente navi spagnole per vendetta. Tra questi, il personaggio più rilevante fu Don Samuel Pallache: rabbino, capitano, ambasciatore, spia, doppio agente, oltreché pirata.
Il figlio del rabbino con una passione per il mare
Samuel Pallache nacque nel 1550 nel popoloso quartiere ebraico di Fez, in una famiglia che era stata cacciata dalla Spagna. Suo padre era rabbino e insegnante e programmava una vita simile per il figlio. Samuel però, che comunque fu ordinato rabbino, aveva aspirazioni e sogni diversi. Sognava di viaggiare per mari lontani, oltre i muri del quartiere ebraico. La leggenda vuole che un suo parente avesse l’abitudine di raccontargli storie mirabolanti su marinai ebrei, come quella di Sinan Reis, il famoso pirata chiamato “il grande ebreo” che aveva combattuto con i fratelli Barbarossa nella flotta ottomana.
Fu così che Pallache spiccò il volo e iniziò a viaggiare con suo fratello Yosef. Andarono a Tetuan, nel Nord del Marocco, dove diventarono rapidamente degli abili pirati. I fratelli Pallache attaccavano navi commerciali spagnole che arrivavano dal Sud America; poi si travestivano da mercanti spagnoli e vendevano il bottino nelle città portuali del regno.
Navi pirata con sinagoghe a bordo
La reputazione dei Pallache si sparse in tutto il Mediterraneo, fino a che il nome di Samuel giunse alle orecchie del Sultano del Marocco Ahmad al-Mansur, chiamato il “re d’oro” per via della sua grande ricchezza. Il Sultano lo nominò ambasciatore del Marocco in Olanda, desideroso di rafforzare i rapporti con questo Paese. Oltre alla fama di ottimo marinaio, Samuel Pallache parlava diverse lingue, tra cui spagnolo, portoghese e francese, oltre che arabo, il che lo rendeva una risorsa importante nell’apparato diplomatico del Sultano.
Fu così che nel 1596 Samuel Pallache iniziò una nuova vita all’Aia, dalla pirateria alla diplomazia. Fondò una delle prime sinagoghe della città e officiò anche come rabbino. La sua tranquilla vita da diplomatico venne interrotta quando alla fine del XVI secolo il Sultano gli ordinò di partire per Lisbona e comprare gemme in cambio di carichi di cera. All’epoca la Spagna aveva già conquistato il Portogallo e governava l’intera penisola iberica. Pallache, che si trovava in difficoltà economiche, offrì di vendere agli Spagnoli informazioni riservate della corte del Sultano; ma le autorità dell’Inquisizione, sospettando che in quanto rabbino volesse provare a far tornare all’Ebraismo alcuni conversos, non si fidarono di lui.
Caduto in disgrazia e braccato, fu costretto a tornare in Olanda, dove incontrò il Principe Maurizio di Nassau, figlio di Guglielmo il Taciturno, fondatore della Repubblica delle Province Unite. Pallache gli propose di collaborare col Marocco contro la Spagna, loro nemico comune. Il principe, ottimo stratega, disprezzava gli Spagnoli tanto quanto Pallache. Vigeva però un accordo di tregua con la Spagna e non poteva prendere nessuna iniziativa ufficiale. Fu così che propose di creare un’unità di pirati composta da vagabondi, avventurieri e marinai, organizzata dagli Olandesi sotto copertura marocchina. In poco tempo Pallache creò una grande flotta di navi pirata, con cibo kasher e una sinagoga in ognuna di esse. Le navi erano ormeggiate nel porto di Amsterdam.
Nel 1614, durante uno degli attacchi dei pirati alle navi spagnole, si diffuse un’epidemia nella ciurma e la flotta dovette attraccare a Plymouth. Quando l’ambasciatore spagnolo a Londra venne a sapere che Pallache era lì, pretese che venisse arrestato e giustiziato. Pallache si difese di fronte a un giudice inglese, che rimase profondamente toccato e decise di rilasciarlo. Tornando dall’Inghilterra non perse tempo e saccheggiò l’ennesima nave spagnola. Tuttavia quella fu l’ultima impresa, dato che si era ammalato gravemente.
Morì due anni dopo all’età di 66 anni. Migliaia di persone parteciparono ai suoi funerali, sia Ebrei che non, incluso il Principe Maurizio di Nassau con la sua famiglia.
Sulla sua tomba è scolpito un verso dal Libro dei Proverbi (3:4): “וּמְצָא חֵן וְשֵׂכֶל טוֹב בְּעֵינֵי אֱלֹהִים וְאָדָם” [E troverai grazia e approvazione agli occhi di Dio e degli uomini].
Ushi Derman scrive per il blog del Museo della Diaspora di Tel Aviv. Potete leggere i suoi articoli qui.
Bello: non ne sapevo nulla! Quando mi capita leggo con molto moltissimo interesse i vostri articoli!
Kol hakavod
Cercasi un Salgari disposto a narrare un po’ di avventure di Pallache.