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Come valorizzare la diversità all’interno delle comunità Usa: l’ebraismo persiano in California

Le sfide sono preservare il ricco patrimonio di tradizioni ebraiche e stimolare il dialogo tra le diverse comunità mondiali: l’esempio dell’ebraismo persiano in California

L’ebraismo è caratterizzato dal pluralismo. Anche prima della diaspora, i talmudim si dividevano in jerosolimitano e babilonese. In tempi moderni il discorso si fa più labirintico creando diversi spunti di riflessione, ovvero come preservare il ricco patrimonio di tradizioni ebraiche, come stimolare il dialogo tra le diverse comunità mondiali, come trovare punti di contatto nella diversità dentro le comunità stesse…

Ma un’esigenza spinta specificamente dal pluralismo moderno è quella della rappresentatività: in un gruppo identitario pluralistico, alcune identità diventano marginali, mentre in parallelo altri elementi, prepotentemente o meno, diventano predominanti e visibili, sia al di fuori che all’interno delle comunità stesse. Come garantire quindi inclusività e rappresentatività all’interno delle comunità ebraiche? Un caso interessante è quello degli ebrei Mizrahi, e nello specifico persiani, negli Stati Uniti.

Si stima che gli ebrei persiani nel XII secolo fossero 600 mila. Dal 1979 più di 60.000 ebrei lasciarono il paese non ritenendolo più un luogo sicuro. Tra questi 35,000 scelsero gli Stati Uniti e nello specifico 25,000 ebrei si stabilirono in California, per lo più a Los Angeles.  Gli ebrei di Teherangeles hanno dato vita a 40 organizzazioni, 10 sinagoghe, 6 giornali e un canale TV.

Ne abbiamo parlato con Donna Maher, ebrea di origini persiane cresciuta in un ambiente prettamente ashkenazita.

“È buffo, ma per me l´ebraismo ashkenazita era semplicemente la norma. Gefilte fish, bagel, un accento particolare, qualche parola in yiddish qui e li. Sapevo che l’ebraismo che vivevo in casa era in qualche modo diverso, ma ricordo solo che volevo integrarmi. Ma quando mi sono trasferita a Los Angeles, respirando l’aria di ebraismo persiano anche fuori dalle mura casalinghe, ho capito l’importanza del pluralismo e della rappresentatività all’interno di una comunità” sottolinea, prima di aggiungere: “Ho capito che il dialogo tra le diverse tradizioni ebraiche deve partire dal basso, ma le istituzioni possono aiutare il processo. È importante che gli organi delle comunità offrano uno spazio a tutte le voci per dare loro rappresentanza. Sono fortunata:  la spinta a scoprire la vita ebraica persiana è nata come uno spunto di riflessione personale, ma ora è diventato il mio lavoro” racconta. “Al momento con la Y&S Nazarian Initiative della  Jewish Federation of Greater Los Angeles mi occupo di dare spazio all’eredità culturale dell’ebraismo persiano. Creiamo eventi per creare consapevolezza. Un esempio: Rosh Hashanah tutti i piatti avevano un’etichetta per spiegare che cosa fosse il piatto, quale fosse il suo nome, e cosí via. Apporcci di questo tipo possono aiutare chi di non fa parte della comunità persiana, ma anche le generazioni di ebrei persiani nati qui negli Stati Uniti. Spesso i bambini vivono l’ebraismo casalingo in un certo modo, ma non hanno gli strumenti per renderlo una storia da condividere”, spiega.

“Penso che questo progetto mi stia insegnano molto sull’inclusività. Ho capito che tutti viviamo un ebraismo simile, ma in modo diverso. Ciò non dovrebbe escludere nessuno – è nostro dovere includere chiunque possa sentirsi escluso da un’identità univoca e ciò deve essere fatto in modo attivo, spinti dalla curiosità di scoprirci. Le differenze contribuiscono alla bellezza”.

In conclusione possiamo dire che spesso si sente parlare dell´ebraismo in termini di patrimonio perso. L’esperienza di Donna Maher ci aiuta a capire che è certamente importante discutere di vita ebraica come un’eredità del passato da preservare, ma che può essere altrettanto rilevante uno sforzo nel presente teso a rimodellare le abitudini del quotidiano per una comunità inclusiva che inclusa più voci.

Di seguito, la ricetta dei Gondi, polpette di farina di ceci e macinato di carne tradizionalmente servite per Shabat:

500 grammi di macinato di pollo, tacchino o manzo ( o macinato di soia)

4 cosce di pollo (per un brodo vegetale, sostituire con verdure)

200 grammi di farina di ceci

1 cipolla grattugiata

1 cipolla a strisce

  • 30 grammi d’olio di semi
  • 1 cucchiaio di pangrattato
  • 500 grammi di ceci sciacquati e senza pellicina
  • 2 foglie d´alloro
  • Mezzo cucchiaio di cumino
  • Mezzo cucchiaio di curcuma
  • Un cucchiaino di semi di cumino
  • Sale e pepe
  • Erbe a piacere

Bollire le cosce di pollo per fare il brodo e abbassare il fuoco quando si crea della schiuma in superficie. Aggiungere i semi di cumino, sale, pepe, curcuma, alloro e cipolle tagliate a strisce. Lasciare sul fuoco per 20 minuti per poi rimuovere le foglie d’alloro e le cipolle. Unire il macinato, la cipolla grattugiata, metà tazza d’acqua, il pangrattato, il cumino, metà cucchiaino di curcuma, sale, pepe e la farina di ceci. L’impasto dovrebbe essere morbido ed elastico. La dimensione suggerita per le polpette è quella di una pallina da golf. Togliere le cosce di pollo dal fuoco e immergere le polpette, i ceci e dopo alcuni minuti nuovamente le cosce di pollo. Lasciare bollire per 30 o 40 minuti a fuoco basso. Buon appetito!

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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