Intervista all’ex vice assessore all’Rsa e al Welfare della lista Wellcommunity
Cosa serve al Consiglio della Comunità ebraica milanese per ottenere la stabilità necessaria a governare? Quali sono gli elementi di attrito tra le due liste che hanno reso, invece, impossibile il lavoro dei consiglieri di Milano Ebraica e Wellcommunity? La parola a Daniele Schwarz, vice assessore alla RSA e al Welfare della lista Wellcommunity.
Quali sono gli elementi principali della crisi interna al consiglio e le ragioni delle dimissioni? Perché e in che misura l’evento dell’assessorato giovani con Joi e la firma della carta della memoria di Gariwo hanno inciso su questa decisione?
“A onor del vero io ho rassegnato le mie dimissioni alcuni mesi orsono, pertanto posso rispondere alle sue domande da osservatore esterno che però ben conosce le dinamiche del Consiglio avendone fatto parte per diversi mandati.
Dal giorno delle elezioni, il 19 maggio 2019, al giorno del primo Consiglio che avrebbe dovuto eleggere Presidente e Giunta, il 4 giugno dello stesso anno, i consiglieri di Wellcommunity sono stati ignorati ed esclusi da qualunque decisione, con il paradosso di essere accusati dal Presidente di non aver preso contatti con lui per verificare eventuali aree di collaborazione. Mi piacerebbe sapere in quale contesto democratico il Presidente, incaricato di formare il governo, ha visto il capo dell’opposizione chiedergli una consultazione.
Come se ciò non bastasse, nel corso di quella stessa riunione, il marito di una consigliera di Milano Ebraica, a seduta appena iniziata, aveva già postato su Facebook i nomi dei componenti della Giunta e tutti gli incarichi. Evidentemente i giochi erano già stati fatti senza considerarci. Forse avremmo dovuto andarcene in quell’occasione, ma il nostro senso di responsabilità non ce lo ha consentito.
Siamo andati avanti, come comparse, con difficoltà tali da indurci, verso la fine di quello stesso anno, a dimetterci. Grazie alla mediazione di Rav Arbib, all’inizio del 2020, siamo giunti a un nuovo assetto consigliare ottenendo un risultato minimo, visto che in ogni caso rappresentavamo il 48,5% della Comunità: una vice presidenza, due assessorati e qualche vice assessorato.
Un accordo meramente formale, perché nei fatti nulla è cambiato: abbiamo continuato a essere in balia di decisioni prese in modo unilaterale, che ci presentavano da ratificare dopo che erano già state pubblicate sugli organi di informazione comunitari. Emblematico, in tal senso, proprio l’assessore ai giovani, che ha sempre organizzato eventi in piena autonomia dandone notizia al vice assessore solo a decisioni prese. Per non parlare della Carta della memoria, un documento divisivo per la Comunità, sottoscritto con leggerezza da un assessore – in quanto assessore – senza consultare non dico il Consiglio, ma neppure la Giunta. Vorrei ricordare che pochi trimestri prima, un assessore di Wellcommunity era stato esautorato per aver difeso in un’intervista, in questo caso a titolo personale, gli ebrei di Milano minacciati di morte: posizione che mi auguro sia condivisa da tutti noi.
Per quanto mi concerne, ho deciso di dimettermi per il trattamento riservato al Preside Miele, professionista di peso, che ha dato prova di grandi capacità gestionali e manageriali, per il quale avevo proposto un rinnovo di incarico triennale. Milano Ebraica, ovviamente, non si è detta d’accordo, nonostante tutti in Comunità riconoscano che Miele sia il miglior Preside degli ultimi quarant’anni. Ci siamo quindi accordati per un rinnovo annuale. Un accordo che, di fatto, si è rivelato un tranello perché Milano Ebraica stava già lavorando al bando per trovare un sostituto. Per me è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
Le dimissioni di Wellcommunity portano la comunità milanese a nuove elezioni. Quanto questo consiglio rappresenta la comunità ebraica milanese e cosa potrebbe cambiare andando a nuove votazioni?
“Il Consiglio dimissionario rappresenta la Comunità? Ritengo di no. Rappresenta semmai il successo personale di Cobi Benatoff che, forte delle sue disponibilità economiche, è riuscito a portare al voto gli Ebrei del Kippur, ovvero coloro che non partecipano per nulla alla vita della Comunità se non pochi minuti, una volta all’anno, nell’attesa dello shofar. Devo riconoscere che in questo è stato davvero bravo e gli faccio i miei più sinceri complimenti.
A differenza sua, però, io vorrei che il Consiglio fosse emanazione di chi la Comunità la vive tutti i giorni, comprendendone le difficoltà e respirandone i valori, come quello della Scuola, per esempio, per me baluardo della continuità della tradizione ebraica”.
Cosa servirebbe, secondo lei, per dare stabilità al prossimo consiglio?
“Partendo dal presupposto che anche le prossime elezioni non vedranno un vincitore assoluto e che pertanto la maggioranza sarà ancora una volta relativa, auspico che il nuovo Consiglio possa essere la rappresentazione vera dell’equilibrio decretato dalle urne, con incarichi equamente ripartiti che permettano di progettare e implementare iniziative importanti per il futuro della nostra Comunità. Perchè questo si realizzi reputo strategica la figura del Presidente, che dovrebbe essere garante di unità e non di discordia, abile nella mediazione, costante e coerente nei pensieri e nelle azioni”.
L’intervistato esprime punti di vista peculiari. Propongo un corso accelerato sui principi della democrazia per spiegare all’intervistato cosa prevede e come funziona. Peraltro seguendo la sua opinione gli consiglierei di formare una sua comunità personale così da applicare le sue proposte all’unanimità senza discussione