La città dal 2000 non ha più una comunità ufficiale, ma soltanto nel 1831 era a maggioranza ebraica. Le vicissitudini di un luogo molto speciale
La peste di Camus recita questo incipit:
A prima vista, infatti, Orano è una città delle solite, null’altro che una prefettura francese della costa algerina. La città in se stessa, bisogna riconoscerlo, è brutta. Di aspetto tranquillo, occorre qualche tempo per accorgersi di quello che la fa diversa da tante altre città mercantili, sotto tutte le latitudini. Come immaginare, ad esempio, una città senza piccioni, senza alberi e senza giardini, dove non si trovano né battiti d’ali né fruscii di foglie, un luogo neutro, insomma?
Oltre ad essere una città ‘brutta e neutra’, Orano è la seconda città più grande dell’Algeria, che ha ospitato fino agli anni 2000 una rigogliosa comunità ebraica.
Sebbene la comunità ebraica di Orano abbia origine solo intorno al 1391 con le prime persecuzioni dai regni di Spagna, gli ebrei in Algeria arrivarono intorno al I secolo a.e.v, stabilendosi in territori berberi e parlandone la lingua.
Nel XVI secolo anche Orano divenne parte del regno di Spagna, ma a differenza di altri territori occupati l’ebraismo era tollerato dalle autorità e veniva professato apertamente: per il XVI e il XVII secolo le fonti parlano di una presenza di un centinaio di membri.
Gli ebrei di Orano sapevano parlare oltre al ladino anche l’arabo e lo spagnolo ed erano dunque degli ottimi mediatori commerciali, preziosi alle autorità spagnole. Tuttavia, alcune faide famigliari portarono nel 1669 alla decisione della regina spagnola Maria d’Austria di espellere tutti gli ebrei dal territorio, che si spostarono quindi a Nizza e a Livorno.
Fu solo dopo un terribile terremoto nel 1790 che distrusse la città che gli spagnoli lasciarono definitivamente l’area e gli ebrei tornarono a ripopolare la zona. Nel 1831 con l’occupazione francese Oran era una città a maggioranza ebraica, registrando circa 2800 membri per un totale di 5000 abitanti.
Gli ebrei di Oran ricoprivano più professioni, ma erano soprattutto commercianti, artigiani e viticoltori. Il vestito tradizionale delle donne, come mostra il dipinto di Théodore Chassériau del 1851 e oggi conservato al Met Museum di New York, dal titolo Scena nel quartiere ebraico di Constantine, era composto da un “takrita”, o foulard, e un “benedor”, una tunica in seta, coperta da una veste con maniche lunghe, insieme ad un copricapo. Gli uomini invece indossavano un tarbush, un turbante di seta, insieme a una maglia dalle maniche larghe sopra a dei pantaloni coperti da un grande mantello. Chasseriau aveva trascorso un lungo periodo nel quartiere di Constantine e ha documentato quel soggiorno di diversi mesi in una serie bellissima di disegni, molti dei quali visibili al museo americano. In queli anni i viaggi in Africa esaudivano un ideale esotico, molto ricercato in Europa e spesso i pittori europei dipingevano le donne ebree in quanto non indossavano veli sul viso.
Nel 1870 gli ebrei algerini ottennero la cittadinanza francese. Molti emigrarono, atri rimasero nel paese mantenendo una posizione politica a metà tra l’ideologia dei nativi e quella dei colonizzatori. Iniziarono dunque le prime tensioni con i cittadini musulmani, come testimonia una rivolta antiebraica del 1897 ad Orano.
Le tensioni antiebraiche si rafforzarono nel 1940. L’Algeria occupata divenne infatti parte del regno di Vichy: la cittadinanza francese fu revocata e nel 1941 vennero adottate le leggi raziali. Alcuni si unirono alle proteste antifasciste, fondando un movimento per la resistenza che aiutò lo sbarco degli alleati. Dei 377 membri della resistenza di Algeri, 315 erano ebrei.
Il 1942 segnò dunque l’arrivo degli alleati ad Orano e i diritti degli ebrei algerini della città vennero lentamente restaurati.
Tuttavia durante gli anni di lotta per l’indipendenza algerina si registrarono nuovi attacchi antisemiti, e nel 1960 il cimitero ebraico di Oran fu dissacrato.
La Francia e il Fronte di Liberazione Nazionale algerino segnarono gli accordi di Evian il 18 marzo 1962 ponendo fine alle rivolte per l’indipendenza. Gli ebrei algerini furono considerati discendenti europei e la cittadinanza algerina fu garantita solo ai residenti discendenti da musulmani da almeno una generazione. 140.000 ebrei algerini perdettero dunque la propria protezione legale ed emigrarono in Francia o in Israele. Nel 1967 maggior parte delle sinagoghe furono sequestrate dalle autorità.
Nel 1968, meno di 500 ebrei vivevano ancora in Algeria; nel 1975 la Sinagoga maggiore fu trasformata in moschea. Dal 2000 non c’è più traccia officiale di una comunità.
A prima vista, infatti, Orano è una città delle solite, senza passato ebraico: di aspetto tranquillo, occorre qualche tempo per accorgersi di un passato ebraico di più di 2000 anni.