I cinque sensi raccontano la città bianca nel libro di Fiammetta Martegani. L’intervista all’autrice
Di guide turistiche che raccontino Tel Aviv ce ne sono ben poche. E quella di Fiammetta Martegani, Tel Aviv Mondo in tasca, pubblicata da Laurana Editore, è un immersione nella storia, nei sapori, negli odori e soprattutto nella vita della città bianca. Cuore pulsante di Israele, capitale della Start up Nation, una Miami affacciata sul Mediterraneo dalle dimensioni di una cittadina di provincia italiana, Tel Aviv chiede di essere scoperta. Sono queste le ragioni per cui scrivere una guida alla città? Ne abbiamo parlato con l’autrice.
“Ho cominciato a scrivere questo libro un po’ per caso. L’editore mi è venuto a trovare a Tel Aviv, in occasione di un suo viaggio in Israele. Un amico comune gli aveva lasciato il mio contatto. La sua collana di letteratura di viaggio mi interessava, io avevo già all’attivo un romanzo su Tel Aviv, Life on Mars (tiqqun edizioni). In più, il vincolo che l’editore pone agli autori della sua collana di letteratura di viaggio, quello di usare i cinque sensi come criterio guida, mi sembrava particolarmente divertente. Ma non ero sicura di volermi imbarcare in questo progetto. L’accordo allora fu quello di provare a scrivere un primo capitolo e poi decidere cosa fare. Ho cominciato con quello sull’hummus, passepartout per parlare di Israele, e ha prevalso l’entusiasmo: in qualche mese la guida ha preso forma”.
In effetti, mancava una guida alla città e la tua ha il pregio di essere molto narrativa.
“Su Tel Aviv non c’è molto dal punto di vista delle guide di viaggio. Il turismo ha avuto un’impennata in questi ultimi anni, anche grazie all’arrivo dei voli low cost, prima inesistenti. Un volume interessante è il libro di Linda Grant, Gente di strada. Notizie da Israele (Alet edizioni) che però è del 2007. Nel frattempo è cambiato tutto. Tel Aviv comincia ad avere un suo turismo specifico, perdendo i connotati (o forse i pregiudizi) che la descrivevano semplicemente come la Rimini israeliana. In realtà è un microcosmo, uno stato nello stato”.
Perché?
“Si dice che i Tel Aviviani quando vanno a Gerusalemme portano il passaporto. Oppure che se si chiede a un cittadino di Tel Aviv quale sia la cosa più bella di Gerusalemme, risponda indicando l’autostrada che conduce a Tel Aviv. Battute a parte, la città bianca è il cuore pulsante di Israele, il luogo delle strart up, la città laica, cosmopolita e degli studenti, il cuore dell’intelligenza del paese. Se negli anni 70 questa funzione era di Gerusalemme, ora spetta sicuramente a Tel Aviv. Che ha una storia bellissima da raccontare, insieme a Jaffa, città ancora più antica di Gerusalemme, ma al contempo rappresenta il mondo contemporaneo. Credo che per capire cosa sia Israele oggi, ci si debba immergere in questa città”.
Il lettore ti segue in cinque percorsi scanditi, appunto, dai cinque sensi, nelle piccole storie che narrano della città contemporanea. Niente foto, solo immagini da leggere… una scelta editoriale?
“L’impostazione di questa collana è esattamente questa: per una scelta dell’editore i volumi non contengono foto, ma solo una narrazione dei luoghi. Si tratta di letteratura di viaggio: il lettore potrebbe leggere Tel Aviv Mondo in tasca (o un altro titolo della stessa collana) sul divano di casa. Il viaggio è garantito dall’immaginazione. Se poi uno è sul posto, può andare a gustare i cibi di cui si parla o annusare i luoghi che vengono descritti”.
A proposito di annusare, il capitolo sull’olfatto è molto divertente. Non è un senso privilegiato, solitamente tralasciato per il pudore che circonda i cattivi odori, ma anche nelle guide turistiche non è quasi mai contemplato, eppure gli odori costruiscono i luoghi.
“Abito a Shuk a Karmel, il quartiere yemenita, per scelta e gli odori del mercato mi piacciono moltissimo. Ancora di più in una città che sembra New York per offerta e vivacità culturale ma in cui si gira a piedi e ci si conosce quasi tutti. Seguendo gli odori si può fare un bellissimo viaggio nella Tel Aviv contemporanea, quella che sta subendo fenomeni di gentrificazione piuttosto rapidi, cambiandone in parte i connotati e in parte rafforzandoli. Perché se è vero che ora i quartieri non sono più legati a gruppi etnici e alle loro immigrazioni nello stato d’Israele e che studenti di tutto il mondo stanno prendendo possesso dell’area sud est della città, le piccole realtà che mantengono le tradizioni di famiglia vengono premiate. Sono i punti di riferimento dei vari quartieri, pronte a dare conforto alle abitudini di Tel Aviviani doc e ad accogliere i turisti, curiosi di scoprire i tanti mondi di cui si compone Tel Aviv”.
Qual è il tuo percorso preferito in ambito olfattivo?
“Uscire di casa e perdermi nel mercato di Shuk ha Carmel, quindi proseguire in Nahalat Benjamin, dove due volte alla settimana si svolge un mercato artigianale e raggiungere Shuk Levinsky. Ovvero, dal mercato yemenita (il primo), nato ancora prima della fondazione della città, che ne incontra uno più recente, fondato da chi arrivava dalle diaspore da Iran, Iraq e Turchia negli anni 60 e 70 del secolo scorso. Tradotto in odori, la verdura e la frutta del primo incontrano le spezie del secondo. Da qui si prosegue per raggiungere Shapira e il suo mercato, Shuk ha Tikva, il più recente dei tre, fondato dalla diaspora degli ex sovietici, in particolare dai Bukhari, provenienti dalle regioni dell’Uzbekistan, insieme agli etiopi e ai rifugiati politici del Sudan”.
Una zona in grande fermento?
“Si, la gentrificazione sta mescolando molto le varie aree della città, in particolare nell’area sud, sempre più animata da giovani. Ma le caratteristiche originarie per ora sussistono, rendendo queste zone particolarmente vivaci. Shuk ha Carmel è il quartiere con il più alto numero di airbnb per metroquadro al mondo”.
Hai viaggiato nella tua città per qualche mese, appena prima che scoppiasse la pandemia di covid e poi racconti di una scrittura corale del capitolo dedicato al tatto, realizzato ormai in pieno lockdown.
“Sono antropologa di formazione e questa guida è stata per me l’occasione per tornare alla mia passione. Uscivo per andare a esplorare la città, intervistare le persone e raccogliere dati. Poi il lockdown ha bloccato tutto, ma non il mio lavoro. Ho pensato di raccogliere voci diverse, cucite insieme con un taglio antropologico, per comporre un racconto tattile e corale di Tel Aviv. Che credo dia al libro una maggiore apertura su un mondo in continuo cambiamento, che offre a chi lo osserva infiniti modi di essere guardato”.
È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.