Cultura
I-TAL-YA Books: 35mila libri ebraici antichi in un catalogo online

Un progetto in fase di costruzione raccontato da due addette ai lavori, Chiara Camarda e Francesca Diana

Da qualche mese gli studiosi di cultura ebraica hanno a portata di tastiera un nuovo strumento per esplorare un’importante fonte di informazioni storiche e materiali testuali finora alla mercé di un inevitabile balagan istituzionale. Parliamo del catalogo librario in fase di costruzione grazie al progetto I-TAL-YA Books. Finanziato dalla Rothschild Foundation Hanadiv Europe, I-TAL-YA Books vede collaborare l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e la Biblioteca Nazionale d’Israele in un’opera di catalogazione sistematica del patrimonio librario ebraico in Italia. In altre parole, il progetto mira a censire e rendere disponibili in un unico catalogo online i volumi ebraici, stampati tra il Cinquecento e il Novecento, conservati negli archivi e fondi di comunità ebraiche e altre istituzioni italiane. L’obiettivo è di arrivare a creare schede bibliografiche che permetteranno di identificare e localizzare un totale di 35.000 volumi.
La difficoltà materiale che I-TAL-YA Books va a superare è appunto quella di una sorta di diaspora delle informazioni: ovvero, si propone di uniformare il sistema di classificazione di una enorme quantità di libri sparsi in tutto il territorio italiano. In questo modo, ciascuno dei volumi verrà dotato di una sorta di carta di identità che descrive quali sono i suoi contenuti (titolo dell’opera ed eventualmente suo autore), origine (luogo di stampa) e residenza (in quale biblioteca italiana è finito a trovarsi).
Ma che cosa significa raccogliere, sistematizzare e lanciare online i dati anagrafici di questa mole di oggetti, distribuiti in 39 diverse biblioteche? Come si costruisce un catalogo? Ce lo raccontano due addette ai lavori: Chiara Camarda, ricercatrice e bibliotecaria il cui lavoro ruota intorno ai libri ebraici e soprattutto ai fondi antichi, e Francesca Diana, assegnista all’Università di Pisa che si occupa della produzione e circolazione dei libri ebraici manoscritti e a stampa tra Italia e comunità ebraiche del Mediterraneo.

In che cosa consiste il lavoro di catalogazione dal punto di vista pratico?
Chiara Camarda
: Il progetto coinvolge molte persone. Il nostro lavoro si svolge tutto da remoto attraverso Goobi, un programma di catalogazione che è stato adattato appositamente per questo progetto dopo la fase pilota. Tutto viene fatto in sinergia con la Biblioteca Nazionale Israeliana dal cui OPAC catturiamo i metadati in ebraico. Se manca un’edizione lo segnaliamo e viene aggiunta al loro catalogo e poi al nostro. Dopo inseriamo le informazioni traslitterate in alfabeto latino, secondo gli standard della Library of Congress. Noi catalogatori non tocchiamo mai fisicamente i libri: il personale delle biblioteche organizza il materiale e identifica le pagine utili alla catalogazione, i fotografi che si trovano nelle varie città catturano le immagini delle pagine identificate e le caricano su Goobi e da lì noi facciamo il resto. Poi tutto il lavoro viene controllato e preparato per l’esportazione nella Biblioteca Digitale della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

Un progetto di questa portata si fa forte degli strumenti digitali per ricavare le informazioni e per condividerle. Un modello di lavoro da remoto che ben si adatta alle esigenze dello stato di pandemia. In questo senso, come è stato “fare rete” a distanza con colleghi provenienti dalle così diverse istituzioni coinvolte nel progetto?
Francesca Diana:
  La collaborazione è costante e fondamentale in questo tipo di progetti. Tutti i partner coinvolti, insieme ai catalogatori, lavorano in estrema sinergia per risolvere le criticità e andare avanti in un lavoro tanto complesso quanto stimolante e ambizioso.

C.C.: Fare rete è davvero essenziale! Non mi capita mai di catalogare per una giornata senza contattare nessuno degli altri operatori, che siano i catalogatori israeliani o la nostra mitica project manager che gestisce tutti i passaggi e le interazioni. Alla fine si diventa una squadra compatta anche se ci si vede poco.

Ma veniamo alle vostre esperienze. Su quali collezioni avete lavorato? Quali difficoltà o sorprese avete incontrato?
C.C.:
Io ho lavorato sui fondi di Roma, Firenze, Pitigliano, Torino, Venezia, e del CDEC di Milano. Ogni tanto si trovano delle simpatiche sorprese che fanno impazzire i catalogatori, come il frontespizio di un volume legato ad un altro testo del tutto scollegato, o pagine recuperate da altre edizioni che vanno a completare testi incompleti. Quando riesci a venire a capo di una cosa del genere è come fare goal in una partita importante! E quando non ci riesci, ci sono i catalogatori israeliani che hanno i superpoteri.

F.D.: Attualmente sto lavorando al fondo Mantova e Pitigliano confluito nella ricchissima sezione libraria del Centro Bibliografico “Tullia Zevi” di Roma che raccoglie circa 25.000 volumi tra opere a stampa e manoscritti delle biblioteche delle piccole comunità ebraiche italiane. Oltre alla massiccia presenza di testi liturgici ed edizioni di Mishnà, Talmud e Siddurim stampati nelle capitali italiane della tipografia ebraica come Venezia, Mantova e Livorno, è la quantità strabiliante di opere pubblicate al di là dei confini nazionali che mi ha sorpreso. Dalla Germania (con Berlino, Amburgo, Francoforte e Sulzbach) all’Olanda e la Polonia (Amsterdam, Leida, Cracovia, Vilna) fino alle terre del Turco (Costantinopoli, Salonicco e Smirne), sono tantissimi i testi che circolavano anche in comunità più piccole, e oggi estinte, come quella di Pitigliano.

Dal vostro punto di vista, da catalogatrici ma anche da studiose di ebraismo, quali sono i traguardi già raggiunti e quali le opportunità di ricerca che un progetto come I-TAL-YA Books riserva?
C.C.:
A me sembra bello sottolineare come questo progetto sia nato a piccoli passi, in più fasi di test per verificarne la fattibilità, e adesso stia crescendo sempre più rapidamente. Abbiamo già moltissimi libri nella teca digitale disponibili alla consultazione.

F.D.: Per noi catalogatrici e studiose lavorare in questo progetto può offrire sicuramente una prospettiva privilegiata per lo studio quantitativo e qualitativo della circolazione dei testi tra sedicesimo e ventesimo secolo e dei rapporti culturali tra comunità ebraiche italiane e il resto del mondo europeo e mediterraneo. Più in generale, I-TAL-YA Books potrebbe funzionare come modello (già testato, ben riuscito e quindi facilmente esportabile) per altri paesi interessati a recuperare il notevole patrimonio librario disperso nei fondi e negli archivi delle comunità ebraiche del mondo. Sarebbe davvero bello avviare una rete di progetti internazionali dove poter condividere esperienze teoriche e progettuali e sviluppare, chissà, una grande teca digitale europea del libro ebraico.

Le testimonianze di due membri della squadra di catalogazione suggeriscono quanto sia necessario e produttivo, per la cultura ebraica italiana, pensare oltre i confini locali. D’altronde, storicamente, le comunità ebraiche stesse (italiane e non) hanno sempre costruito il proprio sapere collettivo sulla base di “network” che trascendevano le frontiere politico-geografiche. Come sottolineato da Francesca Diana, anche una comunità di esigue dimensioni come quella toscana di Pitigliano aveva interesse –e mezzi– a procurarsi opere della letteratura ebraica prodotte da altre comunità ebraiche agli antipodi del mondo europeo-mediterraneo. L’intensa circolazione di libri – e, con questi, di idee – tra centri ebraici apparentemente remoti, come Vilna, Mantova e Smirne o Amsterdam, Livorno e Istanbul, non può che essere d’ispirazione per la creazione di reti culturali oggi, ora che idee, informazioni e input viaggiano molto più agilmente su una connessione wi-fi anziché su incerte rotte fluviali. I mezzi, a questo punto, ci sono; e l’interesse, pure, non manca.

Ilaria Briata
Collaboratrice

Ilaria Briata è dottore di ricerca in Lingua e cultura ebraica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha pubblicato con Paideia Editrice Due trattati rabbinici di galateo. Derek Eres Rabbah e Derek Eres Zuta. Ha collaborato con il progetto E.S.THE.R dell’Università di Verona sul teatro degli ebrei sefarditi in Italia. Clericus vagans, non smette di setacciare l’Europa e il Mediterraneo alla ricerca di cose bizzarre e dimenticate, ebraiche e non, ma soprattutto ebraiche.


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