Altro che icona pop, l’assassino più noto d’America sognava l’odio razziale. Un ritratto del protagonista del prossimo film di Quentin Tarantino.
“L’unico vero obiettivo di Charles Manson era scatenare l’odio razziale”. Poche parole per svelare una grande verità, quelle pronunciate da Spencer Reid, geniale profiler del team di Criminal Minds, durante la terza stagione della serie cult. La fotografia nitida del folle progetto partorito dalle mente criminale più famosa d’America: uno psicopatico ossessionato dalla sopraffazione e dalla violenza, carismatico quanto basta per radunare un manipolo di disperati (la famigerata Family) pronti a uccidere senza rimorso nel nome del loro guru. Era il 9 agosto del 1969 quando i seguaci di Manson (morto a 83 anni nel 2017) trucidarono cinque persone in una villa di Cielo Drive, in California. Tra le vittime, la moglie del regista Roman Polanski, Sharon Tate, incinta di otto mesi. Il giorno dopo toccò all’imprenditore Leno LaBianca e a sua moglie, finiti a colpi di forchetta.
Una storia da film. Firmato Quentin Tarantino
La ricostruzione puntuale di quella stagione sanguinaria e della personalità borderline di Manson è lo sfondo su cui si dipana la trama di Once upon a time in… Hollywood che il regista Quentin Tarantino presenta a Cannes in questi giorni. Nel cast, Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Damon Herriman (nei panni di Charles Manson) e Margot Robbie. Questo il tema centrale della sceneggiatura: un attore televisivo in declino, Rick Dalton, e la sua controfigura, nonché miglior amico, Cliff Booth, stanno cercando di farsi strada all’interno dell’industria cinematografica, in una Hollywood ormai diventata a loro estranea. A smuovere le vite dei due protagonisti, sarà Sharon Tate, un’attrice vicina di casa di Dalton….
Delle imprese di Manson e dei suoi accoliti si conoscono i più orridi dettagli comprese le scritte impresse col sangue delle vittime nei luoghi degli omicidi. Decisamente meno a fuoco è la ragione profonda e intrinseca di quegli atti di cui codardamente era il mandante e non l’esecutore materiale. Un satanista, un seguace della magia nera consumatore abituale di LSD, un musicista frustrato e paranoico, autore di una manciata di canzoni banali che nessun discografico ha mai voluto prendere in considerazione (bizzarramente i Guns ‘N Roses hanno inciso la cover di un suo pezzo, Look at your game, girl, incluso come traccia nascosta nell’album The spaghetti incident). Così è stato raccontato Manson con un’abbondante dose di superficialità che per certi versi ne ha fatto addirittura (e insensatamente) un’icona pop del Novecento.