Piccolo viaggio tra i digiuni nei monoteismi
In tutte le principali religioni il digiuno è una pratica ascetica, volta a mortificare il corpo e spesso praticata in periodi liturgici particolarmente significativi, accompagnato da preghiere più intense e prolungate del solito. Nell’ebraismo rabbinico si praticano sette digiuni principali: Yom Kippur (il giorno dell’espiazione, in cui si digiuna per venticinque ore); 9 di Av (in memoria della distruzione del Primo e del Secondo Tempio, in cui si digiuna per venticinque ore); 17 di Tammuz (in memoria della rottura delle prime tavole della Torah, dell’apertura di una breccia nelle mura di Gerusalemme durante l’epoca del Primo Tempio e di altri eventi luttuosi, in cui si digiuna dall’alba al tramonto); 10 di Tevet (in memoria dell’assedio di Gerusalemme da parte dei babilonesi e delle vittime della Shoah, in cui si digiuna dall’alba al tramonto); il digiuno di Ghedaliah (in cui si commemora la morte del governatore Ghedaliah, all’epoca del Primo Tempio, in cui si digiuna dall’alba al tramonto); il digiuno di Esther (alla vigilia di Purim, in memoria del digiuno compiuto dalla regina Esther, in cui si digiuna dall’alba al tramonto); il digiuno dei primogeniti (la vigilia di Pesach, quanto i soli primogeniti maschi digiunano per fare memoria dell’uccisione dei primogeniti egiziani e della salvezza degli ebrei). A questi digiuni principali se ne possono aggiungere altri, sanciti dalle singole comunità o persone, per fare memoria di eventi luttuosi o per espiare errori commessi. Normalmente sono tenuti al digiuno tutti gli ebrei, uomini e donne, adulti (cioè che abbiano celebrato il bar/bat mitzwah) ed il digiuno consiste nell’astensione totale da cibo e bevande inclusa l’acqua e, a seconda delle singole ricorrenze, possono esserci naturalmente altri divieti. Dal digiuno ebraicamente inteso sono esonerati i bambini e le bambine e tutte le persone che digiunando metterebbero a rischio la loro vita o la vita di qualcun altro: anziani, malati, donne incinte o che allattano. Anche per le persone in buona salute è obbligatorio interrompere il digiuno in caso di impellente necessità e sempre per assumere dei farmaci la cui sospensione sarebbe pericolosa per la salute.
Se nell’ebraismo il digiuno è codificato in modo così preciso e dettagliato, nelle chiese cristiane il digiuno è praticato, ma in modo abbastanza differente. Nel cattolicesimo i principali giorni di digiuno sono il Mercoledì delle Ceneri (primo giorno di Quaresima) e il Venerdì Santo (data della morte di Gesù) e sono tenuti al digiuno uomini e donne tra i 18 ed i 60 anni. Per “digiuno” si intende l’assunzione di un solo pasto durante la giornata, l’astensione dalla carne ed il consumo libero di acqua. Alcuni cattolici mantengono l’uso di astenersi dalla carne tutti i venerdì o almeno nei venerdì di Quaresima (i quaranta giorni che precedono la Pasqua), altri possono scegliere forme particolari di digiuno nei “tempi forti” (soprattutto la Quaresima): astensione dai dolci, dagli alcolici, dal fumo. Quando si riceve l’Eucarestia, bisogna digiunare nei sessanta minuti precedenti, ma anche qui è consentito bere acqua. Per le Chiese ortodosse valgono naturalmente regole diverse a seconda della Chiesa, ma in generale si digiuna ogni mercoledì e ogni venerdì (con l’eccezione di pochi periodi “luminosi” dell’anno: la settimana dopo Pasqua, quella dopo Natale, la settimana precedente il digiuno di Quaresima). Anche qui digiunare significa astenersi dal cibo al mattino e a mezzogiorno, la sera si può mangiare ma astenendosi da tutti i cibi di origine animale, dalle bevande alcoliche e dall’olio di oliva. Questi digiuni vengono soppressi o mitigati se di mercoledì o venerdì cade una festa dedicata a Gesù, a Maria o ad un santo. Si digiuna invece per tutto il periodo di Quaresima e nelle due settimane che precedono la dormizione di Maria (1-14 agosto). Le Chiese protestanti, con l’eccezione degli anglicani, hanno posizioni molto più blande sul digiuno e di fatto non prescrivono giorni di astensione dal cibo, lasciando questa pratica alla libera scelta individuale sia per quanto riguarda i tempi che i modi.
Il digiuno islamico ha modalità simili, ma tempi diversi, rispetto al digiuno ebraico. Uno dei cinque pilastri della religione islamica è il digiuno nel mese di Ramadan (che può cadere in qualunque momento dell’anno solare, poiché il calendario islamico è lunare puro): per un periodo di 29 o 30 giorni i musulmani sono obbligati al digiuno completo dall’alba al tramonto, astenendosi da cibo, bevande inclusa acqua, rapporti sessuali. Al tramonto il digiuno viene interrotto e lo si ricomincia con la nuova alba. Ramadan è un mese sacro, perché in esso fu rivelato il Corano: per questo tale mese richiede una maggiore attenzione alla spiritualità, che significa digiuno, ma anche più tempo dedicato alla preghiera, la lettura completa del Corano, meditazione e opere di carità. Al digiuno di Ramadan sono obbligati tutti i musulmani, uomini e donne, che abbiano raggiunto la maturità puberale (l’età anagrafica può quindi essere variabile), siano sani fisicamente e di mente e abbiano la sincera intenzione di digiunare (digiunare senza intenzione non ha infatti alcun valore teologico). Sono esentati dal digiuno le donne che hanno perdite di sangue, mestruale o post partum, e tutte le persone che sono in viaggio (in questo caso però i giorni di digiuno persi si recuperano dopo il mese di Ramadan), chi svolge un lavoro troppo pesante (sia in termini fisici che mentali) per reggere un digiuno, perché durante il mese di Ramadan non è vietato lavorare, e infine chi debba accudire persone fragili (bambini, anziani, malati) e digiunando potrebbe perdere la lucidità necessaria a mantenere l’incolumità degli assistiti. I malati e le donne in gravidanza e allattamento possono digiunare o essere esentati a seconda del parere medico. Accanto al digiuno di Ramadan, i fedeli musulmani possono praticare altri digiuni volontari o comunitari, per espiare colpe o riparare danni arrecati ad altri.