Terza e ultima tappa del nostro itinerario vinicolo locale in un territorio da oltre cinque milioni di bottiglie annue
Continua il nostro viaggio in Israele attraverso le strade del vino, che questa volta ci portano alle alture del Golan. Magari anche d’inverno, per gioire delle cime innevate del Monte Hermon, dove per qualche settimana all’anno è anche possibile sciare. Oppure d’estate, per ripararsi dal caldo che rende invivibili Tel Aviv e Gerusalemme e tutto il sud di Israele. Sono numerose le cantine, aperte al pubblico tutto l’anno, dove degustare i vini locali, magari accompagnati da un tagliere dei migliori formaggi israeliani.
Per l’occasione, abbiamo intervistato Shachar Landman, enologo di Golan Hights Winery, una delle più grandi produzioni vinicole di tutto Israele, con 5,5 milioni di bottiglie all’anno.
Come altri suoi colleghi israeliani anche Shachar ha scoperto il mondo del vino quasi per caso, mentre faceva il cameriere, subito dopo gli anni del militare, per mettere da parte i soldi per il famoso giro del mondo “post-esercito”. La prima tappa è stata l’Italia, Firenze, dove Shachar ha studiato agraria per tre anni, proprio per coltivare la sua passione. Terminati gli studi, per due anni è stato capocantiniere in una cantina maremmana, a cui è seguita anche un’esperienza in Nuova Zelanda, mentre già era enologo presso Midabr, che si trova ad Arad, nel deserto del Negev, e le cui vigne provengono da Mizpe Ramon. Quindi, nel 2018, la decisione di trasferirsi al nord per lavorare per Golan Hights Winery.
Come ci racconta Shachar, «all’inizio si è trattato soprattutto di un’opportunità lavorativa, poi è diventato anche un modo per scoprire lo splendido territorio del nord, così diversificato. I vigneti infatti – oltre una cinquantina – coprono 650 ettari sparsi per tutto il Golan. Questo ha permesso di produrre quasi 50 etichette, ciascuna con il suo profilo aromatico diverso. Per scoprirle tutte, oggi il visitor center nella cantina Katzrin organizza anche tour in jeep che permettono di visitare, oltre ai vigneti, numerose gemme nascoste del Golan, per ammirare la sua storia e la sua geografia, dalle sinagoghe del periodo post-biblico ai memoriali della Guerra di Yom Kippur».
«Anche dal punto di vista del paesaggio – continua Shachar – rimarrete colpiti da una terra di origine vulcanica, che tanto ha influenzato nella caratterizzazione di queste viticulture. Inoltre, l’elevazione che arriva a oltre mille metri sopra il livello del mare, garantisce estati moderate e ventose con temperature che variano tra giorno e notte garantendo un alto profilo aromatico dei viticci. Il tutto, in un clima mediterraneo che, man mano che si va a nord, presenta un terriccio sempre più vulcanico e meno argilloso, che permette l’irrigazione dei vitigni senza un uso eccessivo di acqua».
Provare per credere. La visita a questi luoghi e la degustazione di questi vini non vi deluderà.
E se siete già in zona, oltre a visitare le splendide alture del Golan, tornando verso il centro del Paese approfittatene per una tappa sul Kinneret, il Lago di Tiberiade, dedicandovi all’esplorazione dei principali luoghi della vita di Gesù: da Capernaum al Monte delle Beatitudini. Non lontano dal Lago, ma con una splendida vista su di esso, merita sicuramente una visita anche Rosh Pina, uno dei primi insediamenti sionisti, fondato, nel 1882, da trenta famiglie di pionieri giunti nella Palestina Ottomana dalla Romania. Questa cittadina oggi è costellata di gallerie d’arte, ottimi ristoranti e deliziosi alberghi per il pernottamento. Da Rosh Pina, inoltre, è facilmente raggiungibile Zfat, la città della Kabbalah, famosa per le sue sinagoghe e le sue gallerie d’arte. E per chi ama l’avventura, questa è la zona del fiume Giordano e dei suoi affluenti, dove, d’estate, si praticano numerosi sport acquatici, tra cui il rafting.
Passando da una location all’altra, non perdetevi un ottimo ristorante di pesce collocato sulla pittoresca riva di un affluente del Giordano: Dag Al Dan. Dal caffè con il nome di Coffee Anan, letteralmente “il caffè tra le nuvole”, potete vedere il confine con la Siria. Magari accompagnato con dell’ottimo vino. Qui non manca mai.
Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.