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Viaggio a Smirne

La città turca ospita la seconda comunità ebraica nel paese e una storia antica e molto ricca: si contano ben nove sinagoghe! E ora è iniziato un programma di restauro e supporto della cultura ebraica locale

Sotto l’Impero Ottomano, che pure si era distinto per la relativa tolleranza verso le altre religioni, pare che Smirne fosse nota come l’Infedele. Questo la dice lunga sulla presenza in città di religioni diverse dell’islamismo. Accanto ai greco-ortodossi, che ieri come oggi rappresentavano una presenza distintiva, Izmir, come oggi è chiamata in turco, accoglieva anche una importante comunità ebraica, che al termine del periodo ottomano costituiva il 10 per cento della popolazione complessiva.
Presenti nella città portuale fin dall’antichità, con i romanioti di lingua greca dell’epoca bizantina, gli ebrei erano diventati un gruppo importante soprattutto a partire dal XVI secolo, con l’arrivo dei sefarditi dalla Penisola Iberica. La zona in cui si erano insediati è ancora oggi una delle più amate e visitate dai turisti. Non troppo lontano dal frequentato lungomare, l’antico quartiere ebraico di Kemeralti ospita ancora oggi il più grande mercato all’aperto della città, sviluppato intorno alla Havra Sokagi, ossia la via delle sinagoghe. Muoversi tra i suoi banchi che offrono ogni alimento, indumento e utensile possibile e immaginabile, è un’esperienza tra le più suggestive per chi giunge in città, ma la l’importanza della zona va ben oltre le sue caratteristiche folcloristiche.

Il mercato di Havra Sokagi

Come vuole il nome delle sua via principale, è qui che si concentrava (e si concentra) il maggior numero di sinagoghe di Smirne. Riconducibili a diverse fasi storiche della comunità locale, sono oggi oggetto, insieme ad altri edifici e al patrimonio immateriale della cultura ebraica, di un progetto di recupero e promozione noto come Izmir Jewish Heritage Project . Capitanato da Nesim Bencoya, responsabile dal 2018 anche di una rassegna dedicata alla cultura sefardita, l’International Izmir Sephardic Culture Festival, l’iniziativa ha come obiettivo il restauro dei luoghi di preghiera attualmente inagibili e la loro apertura come musei. Sulla falsariga di quanto avvenuto a Praga con la trasformazione dei luoghi ebraici in meta turistica, Bencoya e i suoi collaboratori e sostenitori intendono salvare dall’oblio un patrimonio artistico e culturale inestimabile e insieme contribuire con i relativi proventi a finanziare altri progetti di conservazione e sviluppo della comunità.

Oggi gli ebrei di Izmir sono poco più di un migliaio, pochi rispetto ai 30mila di un secolo e mezzo fa, epoca in cui gli edifici oggi in fase di ristrutturazione erano in piena funzione. Eppure, si tratta comunque della seconda più importante comunità turca dopo quella di Istanbul, che nelle scorse generazioni ha dato al suo paese importanti rappresentanti, opere e iniziative sia in campo artistico e culturale sia in quello politico ed economico. Un esempio per tutti, che in questo caso non riguarda l’edilizia religiosa, è l’ascensore storico di Karata, una delle principali attrazioni di questa vivace città sul mare Egeo. Costruita per collegare Mithatpasa (al livello del mare) con Halil Rifat Pasa (in cima alla collina) evitando di scalare i 150 gradini della scala alternativa o di percorrere una strada ben più lunga e scomoda, questa bella struttura permette di raggiungere una passeggiata panoramica con una vista impareggiabile sul golfo. Fatta costruire dall’imprenditore ebreo Nesim Levi, sorge nella zona scelta a partire dalla metà dell’Ottocento dalla borghesia ebraica che trovava ormai angusto il vecchio quartiere. Tra i più illustri rappresentanti di questa nuova generazione di ebrei turchi c’era appunto Levi, uomo d’affari conosciuto anche come Nesim Levi Bayraklı, dal nome del suo esercizio commerciale.

Particolarmente interessato allo sviluppo economico e sociale della sua città, l’uomo aveva contribuito alla maggior parte delle attività di beneficienza di Smirne oltre che alla costruzione di almeno due sinagoghe a Karatas. Le opere per le quali viene ricordato in particolare sono però l’ascensore, in funzione dal 1907, e l’Ospedale Ebraico nello stesso quartiere. Per la casa di cura, fondata nel 1914, l’imprenditore aveva donato uno dei propri palazzi garantendone il mantenimento futuro tramite i guadagni dell’ascensore. Oggi l’ospedale, ormai passato in mano a un istituto privato, è comunque parte di quel patrimonio della storia ebraica locale che l’Izmir Jewish Heritage Project intende tutelare, con il sostegno della municipalità e i fondi della Comunità Europea.

Il quartiere di Konac

Protagoniste dell’operazione, che coinvolge anche la promozione della tradizione gastronomica sefardita e la tutela e conservazione del patrimonio linguistico ladino, restano comunque le sinagoghe. Quelle che oggi possiamo ritrovare nel primo quartiere ebraico sono ben nove, tutte concentrate entro poche vie attigue del distretto di Konac. Tra queste spicca la Bikur Holim, considerata uno dei luoghi di culto più importanti e spettacolari della città, tuttora operativa a sabati alterni. Per la sua fondazione si deve ringraziare Salomon de Ciaves, un immigrato olandese di origine portoghese che nel 1724 aveva donato una delle proprie case alla comunità ebraica perché fosse utilizzata appunto come sinagoga. Dopo essersi occupato anche dell’acquisto di tutti i libri religiosi e degli oggetti sacri necessari, il filantropo aveva regalato anche alcune abitazioni e botteghe attigue affinché fossero messe a reddito e finanziassero così l’istituzione. Il nome del tempio, che significa “visitare i malati”, deriva probabilmente dal fatto che il suo seminterrato era stato utilizzato come ospedale durante un’epidemia di peste o di colera.

Quando la Bikur Holim non è operativa, i suoi fedeli possono fare riferimento alla Sinagoga Algazi. Secondo quanto si legge su una targa posta al suo ingresso, risalirebbe anch’essa al 1724 e sarebbe stata costruita da Ishak Algazi, progenitore dell’omonimo compositore ottocentesco, tra i più importanti della tradizione musicale ebraica e turca. Secondo un’altra teoria, la sinagoga esisterebbe invece almeno dal XVII secolo.
Non troppo lontano, sempre in Havra Sokagi, sorge anche la Sinagoga Shalom, l’unica in tutta la città a non essere stata danneggiata dall’incendio che ha devastato il centro storico nel 1841 e considerata anche per questo la più autentica di Izmir. Si tratta del luogo di preghiera in cui Joseph Escapa, Rabbino Capo dal 1620, aveva organizzato la Comunità Ebraica prendendone la direzione a partire dal 1648. Magnificamente decorata e arredata, vanta un bellissimo soffitto decorato con incisioni e divani imbottiti dal decor floreale disposti lungo le pareti e ricorda in generale l’interno di una tipica casa anatolica. 
Era stata invece distrutta completamente dall’incendio del 1841 e quindi ricostruita con il contributo di Moiz Bengiat Yerushalmi la sinagoga nota come La Senyora o Giveret, nome che le deriverebbe da Donna Gracia Nassi, dama di origine portoghese che secondo la tradizione ne avrebbe finanziato la costruzione. In realtà, ricerche più recenti, e pare più attendibili, hanno rivelato che il tempio sarebbe stato donato alla comunità ebraica di Izmir da una signora di nome Lea, immigrata nelle “terre sante” di Izmir nel 1664.

Le altre sinagoghe del quartiere sono la Bet Hillel, ex yeshiva trasformata in luogo di culto nel 1840, la cosiddetta Sinagoga del Portogallo, dall’origine dei suoi fondatori, trasformata in centro di attività sociali nel 2018, la Talmud Torah, al centro di lunghi restauri non ancora conclusi, la Foresteros, gravemente danneggiata da un incendio e ormai diroccata, e la Etz Hayim. Quest’ultima è considerata la prima sinagoga di Smirne, fondata addirittura durante il periodo bizantino. Dopo aver svolto anche le funzioni di moschea nel Seicento, non era sfuggita come gran parte del quartiere alla furia devastatrice dell’incendio ottocentesco, ed era stata restaurata nel 1851. Dal pavimento e parte delle pareti in pietra e marmo e la sezione più alta dei muri e il soffitto in legno, spicca per l’eleganza della struttura centrale a colonne che circondava la Tevah (poi spostata lateralmente) e che divide il soffitto in nove porzioni rettangolari, sostenendo il peso del tetto. Nel 2022 ha vinto il Respect for History Local Conservation Awards assegnato dalla municipalità metropolitana di Izmir.

La sinagoga Beth Israel

Spostandosi nuovamente nel quartiere ebraico ottocentesco si incontra infine la sinagoga più grande e spettacolare di Izmir, la Beth Israel. Fondata per far fronte alle esigenze della sempre più numerosa popolazione ebraica di Karatas, era stata costruita tra il 1905 e il 1907 con l’approvazione del sultano Abdulhamid II. Per assumere le sembianze attuali aveva dovuto comunque arrivare al 1950 a causa delle difficoltà economiche che avevano ritardato il completamento delle sue decorazioni. Lo stile dell’edificio e la sua disposizione interna con la Tevah posta in posizione laterale, la differenziano dal resto dei luoghi di culto ebraici di Smirne, caratterizzati dalla pianta centrale. Sviluppata su due piani, con quello inferiore riservato agli uomini e quello superiore per le donne, spicca per il grande utilizzo del legno, in particolare di mogano massiccio lavorato da maestri intagliatori italiani.

 

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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