Voci
#ShowUpForShabbat: come reagire a una tragedia

Dopo Pittsburgh la comunità ebraica americana si trova a rispondere alla domanda: “Che fare?”

Poco meno di dieci giorni fa, la comunità ebraica americana, e non solo, è stata scossa dalla notizia dell’uccisione di undici persone da parte di un nazionalista bianco, durante la tefillah (preghiera) dello Shabbat (sabato).

Questa notizia, scioccante di per sé, va a toccare quello che è uno degli elementi fondanti dell’identità ebraica americana: l’assoluta certezza che gli Stati Uniti rappresentino un luogo sicuro per gli ebrei, soprattutto rispetto all’Europa. Se i cambiamenti socio-politici in Europa da tempo preoccupano i rappresentanti delle comunità, quelli in Usa hanno avuto un impatto decisamente meno importante. E la giornata del 27 ottobre purtroppo dimostra, invece, che quella europea è ora una tendenza globale, non limitata ai confini del vecchio continente o del Medio Oriente (è di marzo questa pubblicazione del Pew Research Center).

Come ha reagito quindi la comunità americana davanti all’attacco subito? Due risposte ci hanno colpito. La prima, la raccolta fondi promossa in favore delle vittime della sinagoga di Pittsburgh e di HIAS, associazione a favore della quale erano attive le vittime e che sostiene i rifugiati richiedenti asilo. Raccolta fondi partita spontaneamente e che al momento supera i 180.000 dollari. La seconda, particolarmente forte, è arrivata dall’American Jewish Committee, che ha promosso la campagna #ShowUpForShabbat: un invito aperto a tutti, ebrei e non, a partecipare alle funzioni dello scorso sabato, in appoggio a chi vuole andare in sinagoga, ma potrebbe averne timore.

Un rifiuto della paura, e un invito a continuare la propria vita ebraica. La consapevolezza di un cambiamento, e la richiesta di solidarietà da parte dei propri concittadini. Questo l’elemento caratterizzante: la fiducia nel fatto che, comunque, gli altri ci siano. Andando sull’hashtag, migliaia le adesioni, le storie raccontate e le foto condivise.

“Da quando è morto mio padre lo scorso giugno vado in sinagoga ogni Shabbat. La vicenda di Tree of life mi ha fatto realizzare che potrei rimanere ucciso mentre elaboro il mio lutto. Non ho parole per descrivere quanto ha significato per me vedere mille cristiani, mussulmani ed esponenti di altre religioni venire a supportarci.”: questo il commento di un commosso utente twitter, David Cavell (@DavidFCavell). “Più di quindici membri del clero e centinaia di vicini di ogni fede hanno riempito la sinagoga per parlare con una voce sola. Fiero del tempio della mia infanzia, e molto grato ai vicini con cui sono cresciuto” commenta un altro, Dan Price (@danprice). Persone sconosciute e non: anche l’attrice Mayim Bialik (The Big Bang Theory) pubblica un video di riflessione e supporto sul proprio canale youtube (@Mayim Bialik).

Due reazioni di speranza. Contro la retorica dell’abbandono, contro la paura.

Talia Bidussa
Collaboratrice

Classe 1991, attiva per anni in ambito comunitario, tra Hashomer Hatzair, UGEI e European Union of Jewish Students. “Political junky”, qualsiasi cosa nerd è bene accetta, libri e concerti ancora meglio. Lavora come responsabile eventi e mostre al Memoriale della Shoah di Milano.


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