Un modo di dire ironico e scanzonato che poi (con qualche lieve modifica) è giunto nello spagnolo colloquiale contemporaneo
I prestiti dalla lingua ebraica e i riferimenti biblici sono un elemento caratterizzante della lingua giudeo-spagnola. Già prima dell’espulsione dalla Spagna, la pratica religiosa e la lettura dei testi sacri in ebraico aveva reso naturale un passaggio di terminologia ebraica allo spagnolo degli ebrei ispanici, specie i più colti.
In particolare, i nomi delle festività, delle preghiere, degli arredi sacri, dei testi biblici, ecc… vengono utilizzati nella lingua originale, senza bisogno di traduzione in spagnolo. Tra questi termini si trova la parola “parashá” (anche nella variante “perashá”), che si riferisce a ciascuna delle sezioni in cui si divide la Torah per la lettura settimanale.
L’espressione sefardita “Me kontó la parashá entera” (‘mi ha raccontato l’intera parashah’) non deve però trarre in inganno. Non si riferisce infatti a una supposta pia pratica di leggere (e, in questo caso, riferire, narrare) la lettura biblica della settimana, quanto a quella, meno devota e più molesta, di tediare il prossimo raccontando qualcosa nei minimi dettagli. Ironicamente, il brano della Bibbia diventa quindi sinonimo di un racconto lungo e noioso. Anche nel classico dizionario di giudeo-spagnolo di Nehama, la seconda definizione di “parashá” (dopo quella che si riferisce alla “porzione del Pentateuco letta in sinagoga dai rotoli della legge”) è: “testo troppo lungo e fastidioso; lettera, rapporto, discorso interminabile”.
Quest’espressione (un po’ irriverente) trova eco in quella frequentissima dello spagnolo attuale “contar un rollo”, cioè narrare qualcosa di lungo, pesante e soporifero. Sebbene quasi nessuno spagnolo sia al corrente dell’origine di questo modo di dire all’apparenza senza senso (‘raccontare un rotolo’), anche in questo caso il rotolo (“rollo”) che si rifila al malcapitato interlocutore non è altro che quello della Torah, su cui si legge, appunto, la parashah settimanale in sinagoga.
Una curiosa corrispondenza tra espressione sefardita e spagnola che probabilmente il castigliano moderno deriva proprio dal giudeo-spagnolo. La parlata colloquiale contemporanea contempla poi anche una variante ancora più ironicamente giudaica, in cui la specificazione apparentemente aggrava la posizione di scocciatore di chi lo racconta: “rollo macabeo”, distorta successivamente in quella più materiale e gastronomica di “rollo patatero”.
insegna letteratura spagnola all’Università di Genova. Si occupa prevalentemente di letteratura dell’esilio repubblicano spagnolo (Ci portarono le onde. José Moreno Villa poeta tra modernismo, avanguardia ed esilio, 2012) e di letteratura sefardita (Sentieri di parole. Studi sul mondo sefardita contemporaneo, 2019; Una lengua llamada patria. El judeoespañol en la literatura sefardí contemporánea, 2019). Insieme a Ana María González Luna ha tradotto in italiano il romanzo Tela di cipolla (2021) della scrittrice messicana sefardita Myriam Moscona.