Un progetto e due mostre alla Fondazione Stelline
Riflettere sul 7 ottobre attraverso l’arte contemporanea israeliana.
Riflettere sul prima e sul dopo e sulla situazione – da sempre precaria – dei kibbutz al confine con Gaza, e sulle conseguenze sulla società israeliana dopo l’efferato attacco di Hamas.
Si tratta del progetto #israeliculturecontinues – realizzato e promosso dall’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele in Italia – che ha inaugurato a Milano martedì 19 dicembre, presso la Fondazione Stelline, con il patrocinio della Comunità Ebraica di Milano.
Dopo la prima tappa presso il Museo MAXXI di Roma, è giunto anche a Milano “Novantacinque per cento paradiso, cinque per cento inferno”, la videoart che racconta la vita al confine della Striscia, attraverso 5 opere video provenienti dalla Galleria del Kibbutz Be’eri, completamente distrutta, come il kibbutz, nel corso del massacro del 7 ottobre.
I cinquanta minuti del film raccolgono cinque lavori realizzati da sei artisti israeliani. Un racconto diviso in cinque parti, che toccano il cuore con immagini struggenti che descrivono la guerra senza mostrare mai sangue e violenza, come il video che narra la Guerra di Yom Kippur vissuta attraverso l’amicizia di due soldati, uno israeliano e uno egiziano.
La prima e l’ultima opera – “Fumo nel deserto” di Orit Ishay e “Saluki” di Tzion Abraham Hazan, parlano della guerra che aleggia sulla quotidianità, di tutti gli abitanti. Le altre opere raccontano aspetti di vita comune in quell kibbutz che per molti era un “paradiso” ma su cui incombeva costantemente una percentuale minima di “inferno”, dovuta a un conflitto mai sopito.
«Quel giorno le curatrici della galleria Ziva Jelin e Sofie Berzon MacKie, sono rimaste barricate per ore nelle “safe room” delle loro case, mentre fuori si svolgeva l’orribile catastrofe – racconta Maya Katzir, Attaché culturale dell’Ambasciata israeliana e curatrice del progetto – Dopo giorni di dolore abbiamo pensato che quella galleria bruciata non dovesse essere destinata al silenzio. “Novantacinque per cento paradiso cinque per cento inferno” era la vita in prossimità del confine con Gaza prima che con l’attentato del 7 ottobre diventasse cento per cento inferno», continua Katzir: «Il nostro vuole essere un messaggio per allargare lo sguardo sulla pluralità di Israele. Molte delle persone uccise il 7 ottobre aiutavano costantemente i palestinesi che vivevano nella Striscia».
Per questo, nella stessa occasione, è stata inaugurata anche la mostra fotografica “Cento per cento inferno” con gli scatti di Ziv Koren, fotoreporter che, fin dal giorno dell’attacco del gruppo terrorista, ha documentato le atrocità commesse e l’impatto che hanno avuto sulla società israeliana, a 360 gradi: bambini, giovani, anziani, – tra cui sopravvissuti all’Olocausto – intere famiglie massacrate a sangue freddo, oltre ai 240 ostaggi che sono stati rapiti e condotti nei tunnel costruiti da Hamas.
Bambini piccoli sono stati strappati dai loro letti in pigiama, ragazze e ragazzi che stavano ballando ad un rave sono stati accerchiati e uccisi mentre cercavano di scappare dai missili in arrivo, soldati e soldatesse, che cercavano di difendere i civili, sono stati tutti violentemente deportati nell’enclave; dal piccolo Kfir Bibas, di soli 9 mesi, al più anziano, di 90 anni, ancora lì. Tra i rapiti, anche una bambina che ha compiuto 4 anni durante i giorni di prigionia, l’unica sopravvissuta all’attacco della sua casa, mentre l’intera famiglia è stata assassinata e lei è riuscita a sopravvivere, per altri 50 giorni, da sola.
Dal racconto dei primi 130 ostaggi tornati a casa è emerso che i terroristi hanno picchiato, violentato e compiuto abusi sugli ostaggi, immortalando tutto in tempo reale in riprese video raccapriccianti.
Ma nulla di questi viene mostrato nella mostra “Cento per cento inferno”. Le fotografie scattate da Ziv Koren, non appena è risuscito a raggiungere i luoghi del massacro e nei giorni successivi, raccontano, piuttosto, la grande assenza di coloro che sono stati strappati dalle loro case, e la struggente sensazione di silenzio.
Un silenzio di morte che si avverte man mano che si fa ingresso nei kibbutz e ci si lascia alle spalle case bruciate, giocattoli caduti durante la corsa in preda al panico, impronte di mani insanguinate, segni di quella che una volta era una vita felice e che ora non lo è più.
Da quel tragico giorno gli ostaggi liberati sono stati rilasciati in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi, detenuti nelle carceri israeliane, per avere a loro volto cercato di uccidere altri civili. Degli altri, ad oggi, non si ha ancora alcuna notizia, a causa della totale negligenza da parte delle Nazioni Unite e della Croce Rossa Internazionale.
Questo importante evento costituito da queste due mostre complementari si propone, dunque, di far riflettere il pubblico italiano sulla complessità di un conflitto – i cui confini varcano ben oltre la Striscia di Gaza – attraverso lo sguardo di sei artisti israeliani e un grande reporter come Ziv Koren, vincitore di numerosi premi nazionali ed internazionali.
La mostra rimane aperta fino al 22 dicembre in orario 9-17 presso Fondazione Stelline.