Il racconto – fino ad ora poco esplorato – del ruolo degli ebrei nella cultura rinascimentale italiana
Forse sono le vicende leonardesche che di questi tempi si sono riprese le pagine dei giornali ad aver smosso le acque su un’epoca, il Rinascimento, di cui si sono sempre tessute le lodi come reazione a quel presunto buio medioevale, ma di cui poco si è raccontato dei suoi intrecci con il mondo ebraico. Che invece fu intenso e molto proficuo. E ora è in mostra al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (Meis) di Ferrara.
Si intitola Il Rinascimento parla ebraico la mostra, curata da Giulio Busi e Silvana Greco con l’allestimento dello studio GTRF (Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni), che racconta la presenza ebraica nell’Italia dell’epoca. Gli ebrei c’erano ed erano in prima fila come medici, prestatori, mercanti, oppure come oggetto del pregiudizio. Maggioranza cattolica e minoranza ebraica si sperimentavano in un dialogo costante, tra conflitto e armonia, tra accordi e scontri, nelle città di Mantova, Firenze, Ferrara, Venezia, Genova, Pisa, Palermo, Napoli, Roma. Così in mostra si vedono opere pittoriche come la Sacra famiglia e famiglia del Battista (1504-1506) di Andrea Mantegna, la Nascita della Vergine (1502-1507) di Vittore Carpaccio e la Disputa di Gesù con i dottori del Tempio (1519-1525) di Ludovico Mazzolino, Elia e Eliseo del Sassetta, dove spuntano a sorpresa significative scritte in ebraico. Manoscritti miniati ebraici, di foggia e ricchezza rinascimentale, come la Guida dei perplessi di Maimonide (1349), acquistato dallo Stato italiano meno di un anno fa. O l’Arca Santa lignea più antica d’Italia, mai rientrata prima da Parigi, o il Rotolo della Torah di Biella, un’antichissima pergamena della Bibbia ebraica.
In quegli anni di rinascita, la maggioranza cristiana era impegnata ad affermare e diffondere i propri modelli attraverso una rete di centri principali, di corti, di città e di stati territoriali in aperta competizione tra loro per il primato politico, economico e artistico. La minoranza ebraica, decisamente agguerrita, forte di una rete capillare sulla penisola e decisa a partecipare al nuovo fiorire dell’economia e delle arti, si dimostra capace di espugnare territori letterari, artistici e filosofici. E di regalare al Rinascimento italiano una declinazione unica. Ecco, questa è una mostra-tributo: il suo percorrerla significa riconoscere il debito della cultura italiana verso l’ebraismo, nella civiltà rinascimentale.
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Il Rinascimento parla ebraico, Meis Ferrara, dal 12 aprile al 15 settembre