Verso le elezioni del 17 settembre
Rabbi Gilad Kariv, 45enne e Presidente da 10 anni del Movimento riformato in Israele, potrebbe essere il primo rabbino non ortodosso a ottenere un seggio alla Knesset. Per la verità, ci ha già provato invano in passato, nelle file dei laburisti. A questo giro però, scrive Judy Maltz su Haaretz, ce la potrebbe fare: la coalizione nella quale si presenta è il Campo Democratico nato dall’unione tra Meretz e la lista “Israele democratica” di Ehud Barak. I sondaggi dicono che, se le elezioni si tenessero adesso, la coalizione otterrebbe sette od otto seggi; Kariv è il numero undici della lista, manca un mese abbondante, il gap non è così largo e tutto può succedere.
Nato a Tel Aviv, cresciuto in una famiglia laica, Gilad Kariv si avvicina alla religione durante l’adolescenza: attivo inizialmente con i modern orthodox, scopre e abbraccia il movimento reform durante un soggiorno negli Stati Uniti. Studi da rabbino alla Hebrew Union College, laurea in legge all’Università Ebraica di Gerusalemme, anno post-laurea da stagista presso il Ministero della Giustizia; poi, direttore dell’IRAC (Israel Religious Action Center), il gruppo di advocacy fondato nel 1987 per i diritti dell’ebraismo progressivo nello spazio pubblico israeliano.
Durante i suoi dieci anni di leadership, scrive Maltz, l’ebraismo riformato ha conosciuto una crescita significativa in Israele: il numero di congregazioni è arrivato a 52, quello dei rabbini a 130, la maggior parte dei quali ordinati in Israele; secondo un recente sondaggio, il 12% degli ebrei israeliani si identifica come reform o conservative.
L’elezione di Rabbi Kariv potrebbe rappresentare un segnale importante per l’avanzamento del pluralismo religioso nella sfera pubblica dello Stato di Israele. Il Campo Democratico non ha ancora ufficializzato il proprio programma riguardo al rapporto religione-Stato, ma egli assicura che supporterà il matrimonio civile, le conversioni non ortodosse e la fine del monopolio del Rabbinato Israeliano: “Per la prima volta in molti anni, c’è una reale opportunità di creare cambiamento. Il fallimento di Netanyahu di formare una coalizione al primo giro ha mandato in pezzi la sua immagine di mago della politica. Credo che ce la possiamo fare”.