Un’analisi delle forme di propaganda e comunicazione dell’ideologia nazista. Con il divieto tassativo di farsi i selfie insieme alle opere esposte. Gli ultimi giorni per visitarla
«Siamo abituati a pensare che i musei mostrino il lato positivo della cultura. E in particolare il design di solito è presentato come un contributo per un mondo migliore. In realtà il design riflette il mondo intero, con i suoi aspetti positivi ma anche negativi. E questa mostra racconta il design nelle mani della forza del male. I nazisti erano maestri nell’utilizzarlo per raggiungere i propri obiettivi. E il Design Museum Den Bosch è un’istituzione con un atteggiamento critico. Se volete essere in grado di dire con tutta la forza possibile Mai più! dedicate del tempo a capire come funzionava allora il processo di propaganda. Questo è ciò di cui si occupa la mostra Il design del Terzo Reich».
Sono queste le parole che introducono una mostra che sta facendo discutere in Europa, visitabile al Design Museum di Bosch, nei Paesi Bassi. Si tratta della più grande retrospettiva dedicata al design del Terzo Reich, o meglio all’enorme contributo che il design ha dato allo sviluppo dell’ideologia nazista. E appena si entra il visitatore è accolto da un cartello che vieta di fare fotografie e selfie alle opere esposte per evitare che vengano interpretate nel modo sbagliato. La curatela, in questo caso, è effettivamente molto importante. Ogni oggetto esposto è opportunamente collocato nel contesto storico di riferimento, con l’obiettivo di mostrare a quali conclusioni sia arrivato il nazismo.
Il design racconta la storia dell’uomo, la sua collocazione nel mondo e la sua visione del futuro. Dunque in questo caso è esposta la visione del mondo propogandata dal Terzo Reich. L’allestimento parte proprio dalle contraddizioni di quella cultura, mettendo in luce l’idealizzazione della storia e l’ossessione per il futuro, l’idea di progresso e le deportazioni di massa, la questione della purezza, declinati attraverso il design. Che serviva prima di tutto a comunicare attraverso gli eventi pubblici, studiati fino all’ossessione per definire i ruoli sociali, ma anche la supremazia, per esempio con la campagna mediatica per le Olimpiadi del 1936 o la grafica per le locandine cinematografiche. E poi ci sono gli oggetti subdoli, figli di quella stessa ideologia ma mascherati da un maquillage perfetto, a cominciare dal Maggiolino Wolksvagen. Da vedere: è un fare storia importante per non lasciare spazio all’oblio. Un fare filosofia, anche: l’estetica è rappresentazione di una precisa visione del mondo?
Design of the Third Reich – Design Museum Den Bosch, fino al 19 Gennaio