Dialogo storico – politico – letterario con Alessandro Costazza, professore di letteratura tedesca all’Università di Milano
Un racconto in prima persona, quello che ci ha regalato Alessandro Costazza, professore di letteratura tedesca al dipartimento di Germanistica dell’Università Statale di Milano, sui giorni che hanno modificato per sempre la storia della Germania. Ma poi, a guardarla da lontano, con 30 anni di distanza, la sua riflessione spiega il presente. Il perché del ritorno del nazionalsocialismo, delle simpatie per i movimenti neonazisti fino al recentissimo successo dell’AFD in Turingia. Tra romanzi, politica e storie vere.
Ero già a Berlino, dove studiavo e nei giorni precedenti la caduta del muro seguivo il Congresso Nazionale della SPD in qualità di interprete di un inviato della Rai, Riccardo Cristiano. Era un periodo denso, un susseguirsi di fatti che dal maggio, anzi forse già dal febbraio, ci tenevano incollati ai telegiornali per cercare di capire cosa stesse realmente accadendo. Ma nessuno avrebbe mai detto che il muro sarebbe crollato. E invece, mi trovai in prima fila a raccontare in italiano per il mio corrispondente tutto quello che vedevamo accadere sotto i nostri occhi, a causa, sostanzialmente, di un errore, ormai noto quanto il gesto che ne è conseguito, da parte di Günther Schabowski, un portavoce governativo.
L’Ungheria aveva già aperto il suo confine con l’Austria e molti cittadini della DDR che si trovavano in vacanza in quello stato sono scappati in Austria per raggiungere la Germania Ovest dove, secondo la Legge Fondamentale, sarebbero diventati automaticamente cittadini. Altri, appresa la notizia, partirono dalla DDR per raggiungere l’Ungheria, ma rimasero bloccati in Cecoslovacchia, così occuparono l’ambasciata a Praga. Ci sono foto incredibili di quei giorni, con la gente che si passa i neonati sopra le cancellate per portarli dentro, bivacchi e un affollamente da non credere. Finché il Ministero degli Esteri Genscher decise di consentire a chi era nell’ambasciata di raggiungere l’Ovest. Con un piano fallimentare: le persone dovevano tornare nella DDR e poi avrebbero raggiunto l’Ovest a bordo di treni speciali in partenza da Dresda. L’obiettivo era dire al mondo e ai propri cittadini che era lo Stato a farli partire, non loro a fuggire. Il risultato fu l’invasione della stazione, con l’intervento della polizia…
Poi, nell’ottobre 1989, a Berlino ci fu la visita di Gorbaciov per celebrare i 40 anni della Repubblica Democratica Tedesca. Ci fu la consueta parata militare, ma la gente inneggiava a lui, a Glasnost e alla Perestrojka, contro Honeker, ormai totalmente incapace di capire il presente. E la frase divenuta poi storica di Gorbaciov secondo cui chi non va con la storia ne viene travolto, letta oggi sembra quasi profetica.
Il 4 novembre è forse la data più importante di quel 1989. Ad Alexanderplatz si radunarono una cinquantina tra intellettuali, registi, scrittori e attori della DDR e in tanti presero la parola, tra cui Christa Wolf, per proporre una mediazione. Volevano tirare una linea sulla dittatura per salvare i valori del socialismo, facendosi portavoce di un socialismo dal volto umano. Con Günter Grass questa idea è rimasta in piedi anche dopo la caduta del muro: proponeva di creare una federazione della Germania, lasciando autonomia all’Est e ai principi positivi del socialismo. Ma le prime elezioni libere videro la CDU di Khol stravincere. E la DDR venne fagocitata dall’Ovest.
Di Est e di Ovest, oggi
E poi, oggi. Il giornale tedesco Die Zeit è andato nelle regioni dell’Est a vedere cosa non ha funzionato nella riunificazione. Le risposte non riguardano il benessere della popolazione, grazie ai grossi investimenti governativi in quelle aree. Ma l’Est è stato svenduto, le aziende sono state acquistate dall’Ovest, che ha occupato tutti i posti apicali, anche nelle Università: la classe sociale più alta della ex DDR è stata mandata in pensione oppure demansionata, la disoccupazione ha raggiunto livelli altissimo e i cittadini non si sono più sentiti coinvolti nel potere. L’Ovest ha occupato l’Est. Wolf Biermann, cantautore e poeta tedesco che venne espulso dalla DDR suscitando proteste da entrambe le parti del muro, in un’intervista ha detto che il muro lo ha fatto cadere la Stasi. Una provocazione, naturalmente. Ma nella stessa intervista sostiene che la causa della presenza del nazionalsocialismo oggi vada cercata nella mancata denazificazione.
Si chiamava proprio così l’operazione alleata che doveva eliminare ogni segno, rimasuglio di quell’ideologia. E se all’Ovest è stata fatta, almeno fino al Piano Marshall, a Est avrebbe dovuto essere più radicale. Nella DDR non c’è mai stata una rielaborazione della questione ebraica e della Shoah. Le vittime importanti erano i comunisti, di quanto fosse accaduto agli ebrei non importava molto. Un po’ per questioni ideologiche, almeno dal 1948, con la fondazione dello Stato d’Israele con cui la DDR non aveva buoni rapporti, in quanto stato capitalista e sostenuto dagli Stati Uniti. Un po’ perché gli ebrei nella DDR vivevano un ebraismo privato. Ecco, questa mancata elaborazione, porta al ritorno del nazionalsocialismo. E se oggi a Ovest la popolazione è armata di anticorpi piuttosto resistenti, a Est non lo è. E subisce una fascinazione per quei partiti e movimenti perché si sente la parte perdente della riunificazione.
Per i cittadini DDR la riunificazione fu uno shock. Non conoscevano la disoccupazione e neppure la competizione sul mondo del lavoro. Non sapevano come comportarsi con i soldi, tanto che moltissimi si indebitarono in maniera insostenibile finendo poi sul lastrico. Già nel 1990 ricordo di essere andato a Est e di averlo trovato completamente cambiato: era comparsa la pubblicità sui muri delle strade e c’era una quantità di banche impressionante. Il capitalismo stava facendo il suo corso. E molti cominciavano a provare nostalgia per quel mondo. Anzi ostalgie, un sentimento che tocca anche molti giovani, che non ha nulla di politico, riguarda uno stile di vita, ma soprattutto l’idea che forse ai tempi del muro c’era un senso di solidarietà maggiore.
La svolta, in letteratura
Nella letteratura si aspetta da tempo di Wenderoman, il romanzo della svolta. Il 1995 è stato però un anno prolifico nella produzione di storie intorno ai fatti del 1989. Venne pubblicato per esempio Eroi come noi di Thomas Brussig (Mondadori – Strade Blu), un romanzo molto divertente che racconta la storia di un personaggio che sostiene di aver abbattuto il muro da solo, grazie al suo pene. Fuor di metafora, i tedeschi, secondo Brussig, non avevano gli attributi per aprire e buttare giù quella barriera. In effetti, c’è qualcosa di vero: è stata una rivoluzione senza rivoluzionari. L’unico momento rivoluzionario forse è rappresentato dalle dimostrazioni del lunedì di Lipsia, anche se tra i partecipanti c’erano tantissimi membri della Stasi. Ma nei giorni antecedenti alla caduta del muro parteciparono 2/300mila persone e nessuno se lo aspettava. Di questo parla Erich Loest in Nikolaikirche, purtroppo non tradotto in italiano. Jana Hensel, poi, con il suo Zonenkinder. I figli della Germania scomparsa (Mimesis), autrice che ha vissuto la DDR fino ai suoi 13 anni, racconta l’ostalgie proprio come senso di appartenenza a un mondo diverso.
Nel 2005 lo scrittore Ingo Schulze invece presenta Vite nuove (Feltrinelli), un romanzo che nelle vicende di un imprenditore che poi fallisce mette in scena la catastrofe della riunificazione. Tre anni dopo tocca a Uwe Tellkamp con La torre (Bompiani), un romanzo ambientato nell’omonimo quartiere di Dresda che segue le vite di due famiglie dell’alta borghesia prima e dopo la caduta del muro. E poi c’è il tristissimo lavoro di Clemens Mayer, Eravamo dei grandissimi, edito da Keller. Protagonisti sono ragazzini tra i 13 e i 14 anni che raccontano la loro vita nella Germania Est prima e dopo la caduta del muro. Il nihilismo annienta il lettore. Perché se nella DDR disobbedienza e opposizione al regime erano una forma di resistenza, dopo la caduta del muro restano solo miseria e disoccupazione. Il vuoto.
Tra infiniti articoli, interviste, pubblicazioni e altro sull’argomento, trovo il contenuto dell’intervista molto diverso e riportato in modo assolutamente comprensibile. Inoltre non affronta soltanto la caduta del muro ma informa anche sul prsente!
Ho molto apprezzato l’articolo del prof.Costazza, chiaro, essenziale, vorrei averne una copia e gliel’ho richiesta.
Più che positivo. Così si dovrebbe sempre scrivere
Un racconto molto bello che è anche invito a non limitarsi al momento della ricorrenza ma iniziare e poi continuare la conoscenza della storia recente per capire il presente e prepararsi per un futuro assai incerto.