Intervista al più “visionario” rabbino degli Stati Uniti: tra politica, tolleranza, inclusione e diplomazia
“Negli Hamptons gli ebrei andavano in vacanza, poi ho avuto una visione: costruire una Sinagoga e insieme una comunità. Due sogni che si sono realizzati perché oggi la Hampton Synagogue è un luogo che aggrega. Ci sono Shabbat dove raduniamo duemila persone. Nel mondo jewish quella degli Hamptons è certamente la comunità più dinamica, che nel corso degli anni ha ospitato Presidenti degli Stati Uniti, candidati alla Casa Bianca, politici da tutto il mondo, 40 ambasciatori delle Nazioni Unite e leader musulmani impegnati nella costruzione di un dialogo interreligioso”, racconta Rabbi Marc Schneier, classe 1959, instancabile promotore del dialogo tra le fedi, attivo su tutti i fronti in campo diplomatico, presidente della Foundation for Ethnic Understanding, oltre che il primo rabbino ad essere ospitato dal re del Bahrain nel palazzo reale di Manama e dall’Emiro del Qatar a Doha.
Tornando agli Hamptons: “Ho fortemente voluto Steven Spielberg per il dedication day della sinagoga e l’ho avuto” racconta: “Per raccontargli il progetto mi feci posizionare di fianco a lui durante una cena al Plaza di New York per il Beit Hatfusot Museum of the Diaspora a Tel Aviv. Era il 1994. Steven era uno degli esseri umani più famosi del mondo in quel periodo, il simbolo di un successo jewish capace di parlare al cuore del mainstream. Il giorno dell’inaugurazione aveva previsto di raggiungerci in elicottero, ma proprio in quelle ore si scatenò un tornado tremendo. Allora, si mise alla guida della sua auto e arrivò comunque in tempo. Lo vidi scendere dalla sua Volvo rossa con un berretto da baseball. Incredibile…” ricorda.
Un’inclinazione familiare, quella al rabbinato degli Schneier. Il padre di Mark, Arthur, Rabbino della of New York City’s Park East Synagogue, era ancora un bambino quando, a Vienna, durante l’occupazione tedesca, assistette al rogo della sinagoga di Leopoldgasse in un tripudio di bandiere e stendardi nazisti.
Tolleranza, dialogo interreligioso, diritti civili e reciproco rispetto sono i principi cardine della Foundation for Ethnic Understanding: “A livello mondiale è il luogo per sviluppare promuovere le relazioni tra Muslim e Jewish mentre, se parliamo di Stati Uniti, lavora per migliorare sempre più le relazioni African American-Jewish. Promuoviamo il dialogo diretto tra le parti perché crediamo fortemente che sia la via più efficace verso la riconciliazione e la comprensione” spiega Schneier. “Sono stato il primo a promuovere una ‘Jewish congregational mission’ in Bahrain dove mi sono recato con alcuni membri della sinagoga degli Hamptons. Lì abbiamo incontrato la comunità ebraica locale. In questi anni ho avuto colloqui con capi di Stato, centinaia di parlamentari di tutte le nazioni e promosso in ogni modo il dialogo sia tra il mondo ebraico e i Paesi del Golfo, sia tra Israele e quei paesi”. Una visione quella interreligiosa espressa da Schneier nel libro Sons of Abraham: A Candid Conversation about the Issues That Divide and Unite Jews and Muslims, scritto con l’Imam Shamsi Ali e con il supporto di Mohammed VI, Re del Marocco. “Costruire ponti di dialogo è essenziale per andare oltre l’islamofobia e l’antisemitismo. Sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono” racconta a JoiMag. “La prefazione del libro venne curata personalmente da Bill Clinton, che aveva assistito ad un evento a Manhattan, uno speech a cui partecipavamo io e l’Imam Shamsi Ali. Non mi sarei mai aspettato un contributo del genere: è stato un regalo straordinario”.
Poco dopo la vista in Bahrain, il re Hamad e la corte reale hanno nominato il rabbino Schneier come consigliere speciale del re, non solo per quanto riguarda i rapporti tra il Bahrain, Israele e il popolo ebraico, ma anche per preservare e far crescere la comunità ebraica locale. Anche il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti hanno chiesto il supporto del rabbino Schneier per la costruzione e lo sviluppo di una ‘jewish life’ nei loro paesi
“In occasione del primo anniversario della strage di Pittsburgh” ricorda “ho annunciato una partnership per un innovativo programma di gemellaggi tra rabbini e imam, tra sinagoghe e moschee. Più di 50 eventi si terranno in 35 paesi, in cinque continenti tra il novembre 2019 e il gennaio del 2020. I programmi incentrati sulla celebrazione degli aspetti comuni tra le due fedi, includono reciproci scambi tra rabbini e imam nei luoghi di culto ed eventi aperti a studenti musulmani ed ebrei” aggiunge.
C’è anche il cinema tra le mille voci del curriculum di Rabbi Schneier. “A great and enjoyable time”, definisce il tempo trascorso sul set del film The substance of fire (1997), con Sarah Jessica Parker e Timothy Hutton. Il film, in cui Schneier naturalmente interpreta il ruolo del rabbino, racconta la storia di Isaac Geldhart, un editore ebreo sopravvissuto all’olocausto e determinato a scrivere un libro per raccontare le atroci sperimentazioni fatte dai nazisti durante la guerra.
Hanno avuto sempre una grande copertura mediatica la vita e le innumerevoli attività di Rabbi Marc Schneier. Anche quando in regalo per il suo cinquantesimo compleanno ha ricevuto in dono dalla ex moglie Tobi un leone poi donato allo zoo di Gerusalemme e rinominato Marc Rabbi. “Sta benissimo e credo che adesso sia pure in compagnia di una leonessa” racconta divertito.
“Ho anche prodotto un film, Jinn, vincitore di molti award” prosegue. ““Jinn esplora il tema dell’identità religiosa e l’islamofobia, racconta la storia di Summer, una diciassettenne afroamericana, il cui mondo viene letteralmente ribaltato dalla scelta della madre di convertirsi all’Islam. Io e la mia Fondazione cerchiamo sempre nuove strade per combattere gli stereotipi e i pregiudizi. Il successo di questo film, che era rivolto soprattutto ai millennials, mi ha fatto un enorme piacere”.
Ultima domanda. Molti media la definiscono un rabbino superstar. Le piace questa definizione? “Io credo di essere un visionario capace di costruire ponti, di darsi da fare in ambiti che altri rabbini non frequentano. Ho una visione ampia e Dio mi ha dato un dono, la capacità di trasformare le mie visioni in progetti concreti“.
Giornalista, autore, critico musicale. Dopo numerose esperienze
chapeau.