Recensione al libro “Il funerale negato. Ovvero, l’ombra lunga dei Patti Lateranensi”, un’intervista a Bruno Segre di Alberto Saibene
“Non riesco a considerare la laicità come una “condizione”, come qualcosa che tu possa concretamente “conquistare” e che, una volta l’abbia conquistata, tu possa conservare quasi fosse un tesoro. La laicità, così come io la intendo, è la scelta di un metodo, di una prospettiva aperta, pluralistica, di una concezione polifonica della vita e della cultura. (…) è improntato a laicità il comportamento di chi rifiuta di lasciarsi imporre, e anche di imporre, un “pensiero unico”. Quella laica è una scelta di metodo della quale il mondo in cui oggi viviamo ha un profondo bisogno, pena la sua distruzone”. Sono le parole di Bruno Segre nel suo ultimo libro Il funerale negato. Ovvero, l’ombra lunga dei Patti Laternanensi, un’intervista con Alberto Saibene pubblicata per l’editore una città.
Un piccolo volume che, nelle ultime pagine in particolare, si trasforma in un manifesto per la libertà. Quella di espressione, quella identitaria, quella individuale. Che Segre declina con molta attenzione rispetto alla religione. Laicità non è il risvolto positivo di religione che ne sarebbe il negativo, bensì un modo aperto, inclusivo, libero di intenderla. “Mi resi conto di essere ebreo quando, all’età di otto anni, i fascisti mi intimarono che ero di razza ebraica e mi bandirono da tutte le scuole del regno. Da allora, cioè da oltre 80 anni, combatto con impegno laico la mia battaglia identitaria“, spiega Segre. Che poi aggiunge: “Quanto alla mia ebraicità, l’ho sempre vissuta in chiave libertaria; non ho mai smesso di considerarmi un liberto poiché l’Eterno ci ha tratto con mano potente dall’Egitto, dalla casa di schiavitù“. Non solo: “l’ebraismo laico è presa d’atto che la vita e la cultura degli ebrei hanno una dimensione plurale” e tale pluralità è sinonimo di ricchezza (e arricchimento futuro).
Lo spirito laico dell’autore analizza dunque i patti laternanensi e tutte quelle norme collaterali che dal 1930 al 1987 erano rimasti invariati, superando indenni la Shoah e decenni di post-fascismo.
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Tra queste norme, anche quell che regolavano i rapporti tra le comunità ebraiche e lo Stato con la legge Falco, che imponeva agli ebrei di essere iscritti alla comunità ebraica della provincia di pertinenza, a meno di rinunciare all’ebraismo tramite abiura. Poi, con la revisione del Concordato, nel 1984, emerse la necessità di rivedere anche la legge Falco e nel 1987 Tullia Zevi e Bettino Craxi firmarono l’Intesa ebraica, cui seguì l’approvazione dello Statuto dell’ebraismo italiano da parte dell’Ucei. L’8 marzo 1989 entra così in vigore come legge l’Intesa ebraica che abroga la legge Falco. “E ciò facendo”, spiega Segre, “apre la strada a un’importante novità (…): l’obbligo vessatorio per tutti gli ebrei residenti in una determinata circoscrizone di aderire alla comunità di pertinenza territoriale (salvo atto di abiutìra) e la sostituzione di quel regime con il principio liberale dell’adesione volontaria“.
Cos’altro c’è di liberale nell’Intesa ebraica?, chiede Alberto Saibene. “Ben poco! Il documento conserva la tradizionale cornice giuridica e sociale unitaria e (…) salvaguarda la tradizionale struttura unitaria dell’ebraismo italiano mantenendola all’interno dell’ortodossia rabbinica. In generale i diritti per i quali l’Intesa domanda che lo Stato eserciti la sua tutela, marcano separatezza, indicano differenza specifica: una differrenza che per lo più si qualifica di matrice religiosa“, risponde Segre, che poi prosegue con il suo punto di vista: l’Intesa serve a proteggere questo aspetto dell’ebraismo, ortodosso e rabbinico, probabilmente in crisi d’identità e di autorevolezza. Impossibile fare appello al pensiero laico, a quel pensiero che ammette una pluralità di voci, rispettandole tutte, forse proprio perché, come dice il titolo di questo piccolo libro, siamo ancora coperti dall’ombra lunga dei Patti Lateranensi.
A questi fa riferimento poi una storia personale dell’autore, che su JoiMag abbiamo raccontato pubblicando una lunga lettera dell’autore: l’impossibilità di dare sepoltura alla moglie nel cimitero ebraico di Monticelli d’Ongina, e che è richiamata nell prima parte del titolo di questo libro, Il funerale negato.
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Questioni halakhiche, forse però incapaci di comprendere la lettura della storia, perché in quel cimitero riposano coniugi di matrimoni misti celebrati in tutte le epoche… Ecco, il pensiero laico di Bruno Segre è una forma di pluralismo che significa anche conoscere il passato per capire il presente.