Il direttore del Meis affronta con Joimag il futuro della comunità ebraica italiana, il tema delle donne rabbino, l’accordo tra Israele ed Emirati Arabi e la vicenda dei libri trafugati dai nazisti a Roma nel 1943…
La nostra intervista al direttore del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, ex rabbino capo di Firenze.
Quanto conta secondo lei che il Meis sia diretto da un rabbino?
È importante che chi dirige il Meis faccia un ottimo lavoro con tutte le energie che possiede. Non è quindi indispendabile che sia un ebreo o un rabbino. Certamente la conoscenza, il rapporto sentimentale e la passione contano molto in qualsiasi mestiere, a maggior ragione per la direzione di un museo. Come rabbino ho interpretato il mio ruolo andando al di là dei compiti tradizionali. È positivo il superamento del ruolo del rabbino relegato tra le mura della Sinagoga come puro officiante a favore di un’idea di rabbino che diventa essenziale nel ruolo della formazione e della trasmissione. Il mio obiettivo al Meis è far conoscere a tutti gli italiani e soprattutto ai ragazzi delle scuole la bimillenaria storia e cultura ebraica in Italia. Ovviamente con un focus speciale sulla Shoah.
A proposito della Shoah…
Noi dedichiamo una mostra ad hoc che che era in precedenza al Quirinale: L’umanità negata. È una mostra che fa grande uso di elementi multimediali. È stata pensata con un attenzione particolare alla didattica scolastica. Venne allestita in prossimità della pandemia, adesso stiamo per riproporla con tutte le precauzioni necessarie al fine di metterla a disposizione delle scuole a partire da settembre.
In prospettiva come valuta il futuro della Comunità ebraica italiana?
In sintesi: Roma e Milano danno segni di grande vitalità, poi ci sono le piccole e medie comunità che invece ci dicono quanto sia complicato pensare ad un futuro ebraico già nel prossimo ventennio. Per me il futuro dell’ebraismo diasporico in Italia e in Europa sta nella possibilità che le nuove generazioni si sentano cittadine di un contesto più ampio rispetto al luogo in cui vivono. Il punto alla fine è uno solo: quante famiglie ebraiche riesce a costruire una generazione rispetto alla generazione precedente. Su questo si gioca tutto.
Lo scorso giugno sono stati restituiti alla comunità ebraica romana alcuni volumi trafugati dai nazisti a Roma. Quanti ne mancano ancora all’appello?
Bisogna chiarire: nel 1943 vennero saccheggiate due biblioteche: la Biblioteca della comunità ebraica romana e la Biblioteca del collegio Rabbinico. Le sorti di queste due collezioni nel dopoguerra furono diverse: mentre la Biblioteca del collegio rabbinico è stata recuperata più o meno intatta in Germania e riportata in Italia, dell’altra, che conteneva volumi importantissimi, non si sa nulla. I volumi che sono stati restituiti alla comunità di Roma lo scorso giugno non fanno parte di questa biblioteca. Li ho visti con i miei occhi e sono libri di argomento ebraico, ma non in ebraico. Ovviamente, la restituzione è un gesto simbolico importantissimo, perché contribuisce a tenere alta l’attenzione. La Biblioteca della comunità ebraica trafugata nel 1943 non può essere svanita nel nulla, da qualche parte quei volumi devono essere, bisogna solo continuare a cercarli.
Una sua valutazione sull’accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti.
Ogni accordo che favorisca la pace e la convivenza in quel fazzoletto di terra deve essere salutato con grande soddisfazione da parte di tutto il popolo ebraico. Da coloro che vivono in Israele, ma anche da tutti gli ebrei che vivono in altre aree del mondo. Avere relazioni diplomatiche con Israele e è un vantaggio per tutti gli stati di quell’area. Lo è stato per l’Egitto, per la Giordania e lo sarà anche anche per gli Emirati Arabi.
Qual è la sua posizione rispetto alle donne rabbino?
Esistono delle limitazioni determinate molto più dall’interpretazione e dal modus con cui alcune leggi sono state vissute nel corso dei secoli. Anche con un’influenza importante derivata dal contesto in cui le comunità ebraiche hanno vissuto queste leggi scritte. Non è casuale che alcune forme rituali ebraiche abbiano una diversa modalità di espressione nelle comunità askhenazite, sefardite, in Italia, in Africa o in Medio Oriente. In Italia, ad esempio, abbiamo testimonianze chiare di come l’istruzione per le ragazze fosse qualcosa di contemplato e ammesso da tempo immemorabile, dal Cinquecento in poi… Sul campo è facile vedere come oggi in Israele anche le donne insegnano materie ebraiche e letteratura rabbiniche. In accademia come in scuole di alta formazione. Più dei proclami conta la prassi e nella prassi la presenza femminile nella formazione religiosa è importantissima da tempo.
Giornalista, autore, critico musicale. Dopo numerose esperienze
Apprezzo molto rav Amedeo Spagnoletto e leggo con piacere questa intervista per quel che ha detto in un contenuto spazio e per aperture di orizzonti che vi traspaiono, nella continuità con il denso passato dell’ebraismo italiano ed europeo, nell’impegno del presente, nel senso del futuro. .
Nato nella grande comunità di Roma e membro della piccola comunità di Pisa, vivo le due dimensioni, con i relativi orgogli e con la preoccupazione di mantenere, per quanto si possa, la pluralità geografica e culturale dell’ebraismo italiano