Cultura
Anversa: la Gerusalemme sul fiume Schelda

Delle circa 30 sinagoghe attualmente presenti in città, le più significative dal punto di vista storico e architettonico sono legate proprio alle tre distinte comunità che si definirono tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo

Non è un caso se tra i primati di Anversa vi sia anche l’istituzione di uno dei più antichi eruv al mondo. Quel filo sottile che trasforma una parte della città in una immensa dimora privata esiste nella capitale fiamminga dal 1902. La data si avvicina a quella della massima espansione della vita ebraica, che sarebbe avvenuta tra le due guerre. Lo spazio abbracciato da quel confine appena individuabile comprende il centro storico, la Stazione Centrale e, seguendo la linea tracciata dai binari della ferrovia, tutto il cosiddetto quartiere dei diamanti, sviluppato lungo un lato della strada ferrata.

Parliamo quindi sia delle aree occupate prima delle grandi migrazioni di fine Ottocento, sia di quello che ancora oggi è considerato il distretto ebraico. Anzi, dell’ultimo shtetl d’Europa. Questa definizione fa il paio con la più generica e a volte un po’ abusata di Gerusalemme del Nord, dicendola lunga sull’identità dei suoi abitanti. Prevalentemente ortodossi e ultraortodossi, tanto da costituire una delle principali comunità haredi al mondo fuori da Israele, gli ebrei di Anversa parlano in gran parte correntemente l’yiddish e appartengono perlopiù a famiglie originarie dell’Europa dell’Est. Tra questi, da una parte troviamo i discendenti di quanti giunsero in Belgio tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, dall’altra quanti vi si trasferirono dopo la Seconda Guerra Mondiale, richiamati dalle favorevoli condizioni di vita così come, pare, dalla forte religiosità della sua comunità.

Dei circa 20mila che oggi compongono la popolazione ebraica di Antwerp non si contano però solo haredi e chassidim, come pure non ci sono solo ashkenaziti in città. Se si parla di ebrei in Belgio già in Epoca romana e di arrivi nel XIII e XIV secolo dalla Francia e dall’Inghilterra, va ricordato infatti che la prima forte ondata migratoria fu quella sefardita di inizio Cinquecento. Nonostante si trovasse sotto il dominio spagnolo, Anversa non avrebbe dato spazio ai tribunali dell’Inquisizione, consentendo a tanti cripto ebrei (o nuovi cristiani) della cosiddetta Nazione Portoghese di trovare dimora tra le sue mura. Non mancavano comunque le persecuzioni (come quando, tra il 1553 e il 1550 tutti gli ebrei dovettero abbandonare la città), le pratiche religiose dovevano restare segrete (si suppone l’esistenza di diverse sinagoghe clandestine) e la stessa cittadinanza restava un sogno.

Dopo gli anni spagnoli seguirono gli altrettanto complicati anni austriaci, con il Trattato di Utrecht del 1713, anche se pare che le nuove autorità fossero più interessate a riscuotere tasse che a far rispettare le norme antiebraiche. Per vedere qualche miglioramento sostanziale per gli ebrei di Anversa ci volle l’arrivo delle truppe rivoluzionarie francesi, nel 1794. Sotto la Francia finalmente gli ebrei poterono stabilirsi liberamente ad Anversa, anche se pure accettando diverse condizioni restrittive, tra cui quella di cambiare il proprio nome con uno locale.

Per giungere all’istituzione ufficiale di una comunità si dovrà aspettare il 1816, quando con l’accorpamento ai Paesi Bassi, seguito nel 1830 all’annessione al regno del Belgio, fu dichiarata l’uguaglianza tra tutte le religioni. Si giunse così al riconoscimento di quella che all’epoca era detta la Comunità Olandese, con un centinaio di appartenenti, perlopiù ebrei sefarditi e tedeschi. Il grande flusso migratorio che segnerà anche l’attuale Anversa ebraica avvenne però a partire dal 1880, a seguito dei pogrom in Russia e alle discriminazioni antisemite di altri paesi dell’Europa orientale.

Delle migliaia di ebrei in fuga verso le Americhe passando da Anversa, molti riuscirono a imbarcarsi sui piroscafi della mitica Red Star Line, la linea navale alla quale nel 2013 è stato dedicato un museo. Ospitato in quattro edifici storici all’angolo tra Rijnkaai e Montevideostraat, parte di quel complesso di capannoni che un tempo ospitò le speranze di tanti viaggiatori, il museo accoglie e mostra le storie dei passeggeri della compagnia, da nomi noti come Albert Einstein e Irving Berlin ad altri meno conosciuti che affrontarono il difficile viaggio dall’Europa all’America o il Canada.

Non tutti però riuscirono ad andare Oltreoceano, tantissimi migranti dell’Est scelsero di fermarsi nella città portuale o furono obbligati a farlo dalle restrizioni migratorie. In questo modo, accanto alla comunità sefardita originaria con l’inizio del Novecento si formò una notevolmente più numerosa comunità di lingua yiddish proveniente da Polonia, Russia, Ungheria, Romania e Slovacchia, mentre un altro gruppo di immigrati ebrei arrivò ad Anversa da varie parti dell’Impero ottomano unendosi agli ebrei portoghesi locali.

Delle circa 30 sinagoghe attualmente presenti ad Anversa, le più significative dal punto di vista storico e architettonico sono legate proprio alle tre distinte comunità che si definirono tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Ai discendenti dei primi ebrei provenienti dall’Olanda, ancora oggi riuniti nella comunità ortodossa Shomre Hadas, è legata la prima grande sinagoga della città. Costruita in stile neo moresco nel 1893 su progetto dell’architetto ebreo Joseph Hertogs (1861-1930), è ancora oggi conosciuta come la Sinagoga Olandese. Gravemente danneggiata dalle bombe durante la seconda guerra Mondiale, fu completamente rinnovata nel 1958 e rappresenta una delle tappe imperdibili in un tour della città in generale e di quella ebraica in particolare. Esterna al distretto dei diamanti ma non certo all’eruv, che accompagna per un lungo tratto il corso del vicino fiume Schelda, si trova stretta tra i palazzi di Bouwmeestersstraat. Qui, al numero 8, spicca con la sua magnifica facciata dai mattoni bicolori, con finestre a triplo arco e due serie di torri con cupole a cipolla fiancheggiate da una grande vetrata rotonda. L’interno è altrettanto spettacolare, con gli eleganti archi che sostengono il matroneo, il design orientaleggiante e il soffitto affrescato da cui pende un grande lampadario centrale affiancato dagli altri più piccoli ai lati. La tivah si trova al centro del presbiterio, con pannelli scolpiti in marmo bianco e decorati in grigio ardesia, mentre l’aron è collocato su una piattaforma rialzata riccamente decorata nella parte anteriore della sala di preghiera.

La Comunità Ebraica di Rito Portoghese, organizzata nel 1898 ma riconosciuta ufficialmente dalle autorità cittadine solo nel 1910, accoglie oggi appena trecento famiglie e ha aperto la sua prima sinagoga nel 1913. Realizzata su progetto dell’architetto Joseph De Lange, la Sinagoga Israelita Portoghese si trova nel cuore del distretto nei diamanti, in Hoveniersatraat 33 ed è conosciuta anche come la Sinagoga Sefardita. Tristemente nota perché sede nel 1981 di un attentato terroristico che portò alla morte di tre persone e al ferimento di cento, è una delle 15 sinagoghe attive nel quartiere detto anche Pellikan. Considerato il centro della Anversa Ebraica, di quello shtetl di cui si diceva, che concentra in un miglio quadrato il più alto numero di case di preghiera, macellerie kosher e ristoranti ebraici, questo è anche il luogo in cui trovò lavoro la quasi totalità dei nuovi arrivati ebrei di fine Ottocento.

Noto in tutto il mondo perché da qui passa circa il 70 per cento di tutti i diamanti grezzi del mondo, impiega ancora oggi gran parte della comunità cittadina, anche se negli ultimi 20 anni ha assistito a uno spostamento delle specializzazioni e degli impieghi. Va ricordato che anche se nel 1900 vi erano già 700 tagliatori di diamanti ebrei, molti altri appartenenti alle congregazioni locali erano attivi, ieri come oggi, come artigiani e mercanti, specialmente nell’industria tessile, altri erano impiegati all’interno delle varie organizzazioni ebraiche come insegnanti, rabbini, supervisori della kashrut e impiegati oltre che in varie professioni liberali al di fuori della comunità.

Pare comunque che la possibilità di portare il proprio talento nel taglio e nella lavorazione delle pietre abbia spinto i grandi afflussi di immigranti ebrei di fine Ottocento e Novecento. Ai primi immigrati si sarebbero associati quanti venivano richiamati in città dalla possibilità di un lavoro così come da una comunità fortemente religiosa e bene organizzata. A questo proposito, va ricordato il terzo grande gruppo formatosi a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Creato nel 1892 da immigrati ebrei dall’Europa orientale con l’associazione di sei piccole sinagoghe, la comunità Machsike Hadas è stata riconosciuta ufficialmente nel 1910 e ha fondato la sua prima sinagoga dal caratteristico stile Art Nouveau nel 1918 in Oostenstraat 45 su disegno dell’architetto Jules Hofman. È stato grazie al suo rabbino, SJ Sternberg, se nel 1902 fu installato l’eruv che consente di trasportare oggetti di casa in casa durante lo shabbat mentre notevole è stato lo sforzo post bellico dell’intera comunità per ricostruire tutte le sue infrastrutture religiose distrutte e arricchirle di nuove.

Oltre alle sinagoghe, per approfondire la conoscenza dell’immenso patrimonio religioso e culturale delle comunità ebraiche di Anversa può essere una buona idea mettere in conto anche una visita al Museo Plantin-Moretus. Con sede in Vrijdagmarkt 22, nello splendido palazzo del Cinquecento un tempo stamperia di Christoffel Plantiin e Jan Moretus, il museo ospita tra gli altri anche esempi di stampa ebraica, tra cui bibbie e manoscritti. Inoltre, possiede un’eccezionale collezione di materiale tipografico, tra cui le due più antiche macchine da stampa sopravvissute al mondo.

Tornando nel cuore del Pellikan, la scoperta del mondo dei diamanti e del loro legame con la comunità ebraica può passare dalla visita ai tantissimi negozi al dettagli che punteggiano il quartiere alla partecipazione a uno dei tour organizzati dagli addetti ai lavori presso le sedi della loro attività. Uno di questi è Henri Keesje, specializzato nel commercio dei diamanti e nella loro colorazione, che propone visite guidate nell’intero quartiere. Accanto a questo tipo di esperienza, non può mancare la visita al museo dedicato all’industria del gioiello. Inaugurato nel 2018, il DIVA Museum for Diamonds, Jewellery and Silver si trova in un bel palazzo della zona pedonale del centro storico, in Suikerrui 17-19, e comprende una collezione con oltre 500 oggetti che raccontano Anversa attraverso la sua attività più nota.

Ultima tappa, se ancora non si è ceduto alla tentazione delle tante rosticcerie e ristoranti del quartiere, va fatta assolutamente presso Hoffy’s. Si trova in Lange Kievitstraat 52 ed è uno dei fiori all’occhiello dell’offerta gastronomica locale, che comprende tra l’altro anche chicche come Blue Lagoon, l’unico ristorante kosher del Benelux. Fondato nel 1985 e trasferito negli attuali locali nel 1986, Hoffy’s prende il nome dai suoi tre proprietari, i fratelli Hoffman, e offre servizio di ristorante e catering oltre a condividere con i propri clienti un po’ di cultura yiddish. Figli di una coppia di immigrati all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, nel sito del locale i titolari ricordano anche le vicende della loro famiglia. Intrecciandone il racconto con quello della loro attività e dei cibi offerti, ne parlano come di “una storia di amore, perdita, passione e perseveranza”.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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