LifeTown, il luogo creato da Rabbi Zalman e Toba Grossbaum a Livingston
Sarebbe da prendere un aereo e andare in New Jersey per vedere l’effetto che fa. O almeno, questo è stato il primo pensiero, una volta letta la notizia, sul Jerusalem Post, di una coppia Habbad che ha creato uno spazio assistito per i ragazzi autistici e con bisogni speciali.
L’idea è questa: creare un luogo di autonomia, dove fare shopping, mangiare un gelato e magari andare a vedere uno spettacolo, passeggiando per le stradine del centro, a piedi o a bordo di tricicli, da soli o con qualche accompagnatore. Le strade non sono pedonali, dunque occorre fare attenzione alla segnaletica e alle indicazioni dei vigili e appena entrati i ragazzi devono recarsi alla banca per prendere dei soldi da spendere all’interno del centro: un piccolo versamento in cambio della “valuta” locale. Insomma, un’esperienza immersiva nel mondo reale, anche se in versione Truman Show.
Può servire? Può aiutare i giovani in difficoltà a inserirsi nella vita quotidiana? Laura Schreibman, psicologa esperta in autismo intervistata nello stesso articolo del Jerusalem Post, risponde di sì, con una precisazione: “Occorre essere sicuri che poi queste abilità trovino corrispondenza nella vita reale”. Ma c’è di più.
Si chiama LifeTown il centro creato da Rabbi Zalman e Toba Grossbaum a Livingston, una cittadina nel Nord del Jersey abitata da circa 30mila persone. La coppia, emissari Habad inviati sul posto per creare una comunità, ha iniziato a coinvolgere le persone offrendo cene di shabbat e corsi di ebraico. Ma presto si accorge di un problema sociale importante. Il New Jersey è lo stato con il più alto numero di casi di autismo del Paese. Così Zalman e Grossbaum decidono di offrire un servizio aperto alla cittadinanza, che fosse ebraico ma il più possibile inclusivo. E nasce LifeTown, un microcosmo dotato di piscina, campo da calcio, teatro, danza e terapie occupazionali, in uno spazio assistito dove i ragazzi possono fare esperienza in libertà. La maggior parte dei programmi è di impronta ebraica: ci sono corsi per panificare la challah, classi di ebraismo, ma lo spazio è aperto a tutti, a prescindere dall’appartenenza religiosa. Un esperimento di apertura e inclusione.