Considerazioni sulla diversità a partire da una lezione di Simone Santoro, Presidente UGEI, all’Università La Sapienza di Roma
L’incontro – e con esso il dialogo – attiva la persona ad un ruolo di responsabilità che orienta verso un impegno di tipo sociale. Il dialogo, inoltre, non è un momento preciso della vita, anzi, lo stesso è fondante nel e per il Testo sacro stesso ed è fortemente radicato all’interno della cultura ebraica; la quale vive di questa espressiva componente dialogica.
In sintesi, queste sono le parole del presidente dell’UGEI (Unione Giovani Ebrei d’Italia), Simone Santoro, durante l’incontro tenutosi presso l’Università di Roma “La Sapienza” nell’ambito delle attività della “King Hamad” Chair for interreligious dialogue and peaceful coexistence. Più precisamente durante l’appuntamento del 3 marzo scorso si è discusso sul tema: Dialogo, ovvero l’arte dell’Approfondimento.
L’importanza di questo incontro – nella serie di articoli che hanno precedentemente presentato alcune risposte alla domanda Che cosa è l’Ebraismo? – è dovuta al luogo all’interno del quale ci si è incontrati e alla tipologia del dialogo stesso, rispettivamente: in una Università (laica) italiana e – dove è stato dato vita ad – un dialogo rivolto all’approfondimento del concetto di dialogo.
L’impresa è audace, anche perché tra le riflessioni poste dal pubblico alla fine dell’incontro vi è stata quella che sottolineava in particolar modo la contraddittorietà nel dialogo, ovvero: dove inizia e quando finisce? Su cosa si poggia e cosa lo muove? Inoltre, per conoscere l’altro (e quindi la sua diversità) bisogna perciò raccogliere informazioni, storie di vita e di contesto culturale e religioso, e quindi approfondire.
Eppure – in aggiunta – quando lo stesso Abramo raccolse le proprie forze e sì getto ai piedi dei tre viandanti, ai quali si rivolse come se fossero Uno solo, egli non ebbe né il tempo né la necessità di approfondire tutto ciò.
E qui la contraddizione è propria del dialogo, cioè l’inesorabile incontro con l’altro – appunto – e la diversità che egli custodisce in sé. «Non è possibile conoscere appieno l’altro, né non conoscerlo affatto», è per questo che Simone Santoro ha detto che le basi sulle quali deve poggiare il dialogo non sono quelle dell’uguaglianza, quanto invece della diversità. Perché ormai è assodato che siamo tutti uguali, «tutti siamo composti di carbonio» – dice – e pensiamo anche cose simili riguardo l’incontro con la diversità, o le «proviamo», come ad esempio il «sospetto» che l’altro ci induce a pensare come reagire e comportarsi dinanzi alla diversità.
«Il dialogo» – dice Santoro – e l’incontro, dovrebbero invece muoversi «non per un motivo dovuto alle contingenze», come i meccanismi moderni della globalizzazione che hanno avvicinato sempre più culture che prima erano distanti, «quanto per un fondamento insito nell’uomo stesso».
Da dove iniziare a dialogare? «Direi che si inizia a dialogare e a comunicare dal primo momento della propria vita, anche il pianto di un bambino è dialogo» e sta a noi cercare di decifrare – in quanto adulti/educatori – ciò che il neonato sta dicendo; anzi, il dialogo stesso dovrebbe essere a fondamento di una direzione educativa e pedagogica nella scuola stessa, i più piccoli sono il prossimo futuro e se questi non verranno educati all’incontro con la diversità, ciò di cui ci stiamo occupando non sarebbero che parole vuote. «Dalla scuola è possibile ripartire e rendere la diversità qualcosa per cui non dovremmo provare sospetto, quanto invece curiosità» e per gli adulti ormai usciti dagli istituti scolastici il dialogo dovrebbe essere come «un passatempo», durante il quale rendersi saggi, ovvero, come coloro che riconoscono che l’umanità è in continua e curiosa ricerca di sé stessa. «E il dialogo ce lo permette», dice Santoro.
In che modo si può dialogare? «(Anche) ascoltando» – risponde – «se una persona non parla e ascolta solamente non significa che sia meno colta, anzi, ascoltare è un ruolo importantissimo nel rapporto dialogico». C’è quindi qualcuno che parla e qualcun altro che ascolta, ma il dialogo non è solamente questo, il dialogo è anche tutto ciò che avviene fra persone, e quindi il pianto, il gioco e il ballo sono tutte modalità d’incontro. E l’Ebraismo questo lo sa bene, in quanto, «il Talmud stesso è un dialogo sempre aperto» e, come dice un detto ebraico, aggiunge Santoro, «dove ci sono due ebrei troverai tre opinioni».
Simone Santoro non ha portato solo il modo in cui l’Ebraismo dall’UGEI consegue l’incontro con l’altro, ma una vera e propria lezione circa una prospettiva nel dialogo tra le culture e le religioni. Per lasciare poi una domanda aperta a proposito di diversità: Come costruire questa nuova società dialogante?
Damiano Pro, anno 1994, è uno storico delle religioni che si occupa di dialogo interreligioso, attraverso alcune reti istituzionali e tramite il Centro Astalli, tra gli enti più vitali della materia.