La presidente Noemi Di Segni sceglie di non entrare nella Cappella Paolina, sede dell’evento, a seguito di un pronunciamento della Consulta rabbinica circa il divieto di ingresso in luoghi di culto non ebraici
Un concerto in memoria di Tullia Zevi, figura di spicco dell’ebraismo italiano, in occasione del centenario della sua nascita. A organizzarlo è stata la Presidenza della Repubblica. Luogo del concerto: la Cappella Paolina, tradizionale sede dei concerti domenicali del Quirinale trasmessi in diretta dalla Rai, che lì ha posizionato tutta l’apparecchiatura necessaria alla trasmissione.
Secondo la ricostruzione da noi effettuata della vicenda, alcuni consiglieri dell’Unione avrebbero stigmatizzato la presenza di rappresentanti dell’UCEI all’evento e la collaborazione dell’Unione delle comunità per la distrbuzione degli inviti poiché l’evento doveva tenersi in un luogo che occasionalmente viene ancora utilizzato per celebrare le Messe di Pasqua e Natale, come rilevato sulla pagina Wikipedia dedicata.
La presidente dell’UCEI Noemi Di Segni, anche in considerazione delle possibili ricadute negative a livello istituzionale derivante da un rifiuto dell’invito, ha richiesto quindi un parere alla Consulta rabbinica, organo deputato a dirimere le questioni di tipo normativo religioso.
La Consulta rabbinica ha emesso un primo parere il 17 gennaio scorso, esprimendo opinione sfavorevole alla partecipazione sulla base del divieto di entrare in luoghi di culto cattolici. Nel documento si legge: “La Consulta Rabbinica ritiene tale sede non idonea all’evento, in quanto la denominazione stessa e particolarmente le fonti informative che riferiscono delle cerimonie religiose che tuttora vi si svolgono in alcune occasioni, la identificano come luogo di culto, con la conseguente applicazione delle relative norme di Halachà che ne escludono l’utilizzo. La partecipazione di esponenti rabbinici a un evento musicale ospitato in altra occasione nella stessa sede non costituisce precedente, in quanto non era noto il perdurare della funzione cultuale della sala”.
Prevedendo possibili problemi con la Presidenza della Repubblica, la presidente Di Segni ha chiesto un parere suppletivo alla Consulta rabbinica che in data 30 gennaio ribadisce il parere contrario “pur consapevoli della delicatezza della situazione” e “dopo aver ulteriormente consultato un’importante autorità rabbinica e avendo ricevuto analoga sentenza”. Il presupposto, secondo i rabbini firmatari (rav Alfonso Arbib, rav Giuseppe Momigliano e rav Elia Richetti) è che “il rispetto delle mitzvòt sia sempre la condizione indispensabile e veramente onorevole dal punto di vista ebraico nel cui ambito predisporre le iniziative dell’UCEI”.
A questo preliminare segue la decisione presa dalla Comunità Ebraica di Roma che, in data 31 gennaio, si riunisce in merito alla questione e nel verbale della riunione di giunta scrive: “La giunta della comunità ebraica di Roma stigmatizza e prende le distanze da un’eventuale partecipazione presso un luogo consacrato ad altro culto e invita l’UCEI e la sua presidente a rispettare il parere negativo espresso dalla Consulta rabbinica nel rispetto dell’articolo 48 comma 2 dello Statuto dell’Ebraismo Italiano”. L’articolo 48 cui si fa riferimento è quello del testo del 2017, in cui si identificano i compiti della Consulta rabbinica e in particolare il dovere di consultarla, da parte del consiglio dell’Unione, su tutti gli argomenti di carattere generale, spirituale e culturale che interessano l’ebraismo italiano.
Alla luce di tale parere, la presidente dell’UCEI Noemi Di Segni ha deciso di recarsi all’evento per porgere i saluti istituzionali al Presidente Sergio Mattarella, alle autorità presenti e alla famiglia Zevi alla presenza della senatrice a vita Liliana Segre e dell’Ambasciatore di Israele Ofer Sachs, rimanendo però fuori dalla Cappella durante il concerto.
La vicenda ha creato un certo imbarazzo per la natura del pronunciamento rabbinico: diversi membri della consulta, incluso il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni hanno partecipato a cerimonie cattoliche in passato (in particolare a funerali papali e alla consacrazione al soglio pontificio di Papa Francesco), spesso in compagnia di alti rappresentanti del rabbinato israeliano. Tale partecipazione è stata giustificata sulla base della norma che impone il rispetto per le autorità civili del paese in cui gli ebrei vivono (espresso nella Torà attraverso la formula del “rispetto del Re”). La stessa motivazione è stata utilizzata da alte autorità rabbiniche, come l’ex rabbino capo di Gran Bretagna Rav Jonathan Sacks, per giustificare la propria presenza in luoghi di culto cristiani in occasione di matrimoni reali o altre cerimonie di importanza civica.
Perché non sia stato applicato, da parte del rabbinato, il criterio del rispetto per la massima autorità statale nel caso di una cerimonia promossa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in memoria di una nostra rappresentante e perché la presidente dell’UCEI Noemi Di Segni abbia deciso di acettare un compromesso, rischiando di fare uno sgarbo al presidente della Repubblica, sono domande che restano senza risposta. La redazione di JoiMag ha tentato di contattare via mail e via telefono sia i rabbini firmatari del parere halachico sia la presidente dell’UCEI Noemi di Segni per sapere le ragioni delle loro scelte, ma nessuno degli interpellati ha voluto rilasciarci un’intervista per commentare l’accaduto.
Successivamente alla pubblicazione dell’articolo, alle 9.10 di questa mattina, è arrivata la risposta alla nostra email di ieri mattina, da parte di Rav Richetti, firmatario del testo della Consulta Rabbinica, alle nostre domande. Lo ringraziamo molto per il contributo e, oltre a condividere volentieri il suo commento, ci scusiamo per il ritardo nella pubblicazione. Ecco le sue parole:
“La richiesta del parere della Consulta Rabbinica è venuta da alcuni consiglieri, che hanno comunicato che la Cappella Paolina era di fatto un luogo di culto. Alcuni Poseqim (decisori legali n.d.r.), ma non tutti, hanno detto che laddove si rischia di causare il risentimento di un sovrano (non di un Presidente) si può essere presenti in un luogo di culto, portandosi un testo di Torà da leggere.”
Siamo diventati matti? Ci scandalizzavamo tanto quando i preti non entravano nelle sinagoghe e suggerivano ai fedeli di fare altrettanto. Oscurantismo e stupidità.
Chi si è mai acandalizzato per una cosa simile? Che importanza ha se un prete entra oppure nonal tempio? E poi cosa c’entra cosa fanno i cristiani rispetto a quello che devono fare gli ebrei?
scusate ma davvero non vedete la differenza tra partecipare ai funerali del Papa o il soglio pontificio e un evento organizzato per ricordare la presidente dell’Unione delle Comunità?!
Davvero lo Stato italiano non dispone di altri luoghi per ricordare la ex presidente degli ebrei italiani, che non sia una chiesa?
I rabbanim della consulta, Arbib, Richetti e Momigliano, sono poi persone piuttosto moderate e bisognerebbe capire le loro parole e non mettersi a discuterle.
Condivido.Il cerimoniale del Presidente poteva organizzare in altro luogo la cerimonia. Si tengono concerto al Senatobed alla Camera, forse quelli potevano essere i luoghi più idonei per celebrare degnamente una italiana di religione ebraica.
Mi dispiace per un ebraismo gretto!! Altri rabbini (di buona memoria) hanno aperto un solco in cui gli esponenti di entrambe le religioni hanno attraversato!!!!
Sono uno dei Rabbini firmatari dei pronunciamenti della Consulta Rabbinica, ed ho immediatamente risposto alla Vostra richiesta di chiarimenti. Trovo disonesto non tenerne conto!
Buongiorno Rav Richetti,
l’articolo è stato integrato con la sua dichiarazione. La redazione la ringrazia molto per la sua disponibilità e si scusa con lei e con tutti gli altri lettori per il ritardo nella modifica.
Gentilissimo Rav.Richetti,
Non ho avuto modo di leggere la sua risposta, ma trovo sbagliato continuare a trincerarsi dietro la Halachà per giustificare decisioni che peccano di piccineria e ignoranza. Continuiamo a promuovere incontri in cui il Papa e i cardinali vengono in sinagoga e poi rifiutiamo di far partecipare non dico rabbini ma membri laici della comunità a una commemorazione di una grande figura dell’ebraismo italiano. Commemorare Tullia Zevi in un luogo dove si fanno abitualmente i concerti è solo appropriato in quanto lei era una ottima arpista. Nella cappella Paolina l’attività principale è quella musicale non certo quella religiosa. Come ebrea, come donna, e come musicista sono indignata per la vostra decisione. Cordiali saluti. Simonetta Heger
Caro Rav Richetti, la prego ritirare sua pesante accusa di disonestà.
La nostra mail di richiesta di dichiarazioni è di ieri ore 11.30 con preghiera di risposta entro le 15
Articolo postato stamane
Sua mail arrivata dopo alle 9.10
Dopo averla ricevuta è stata aggiunta e pubblicata
Ho letto con disgusto la polemica montata ad arte dalle solite persone, che evito di nominare, che criticano una scelta di Noemi Di Segni del tutto corretta. Il problema non è tanto la decisione della Consulta Rabbinica, che se non spiegata, da adito a cattive interpretazioni, quanto al fatto che il luogo scelto per la celebrazione di Tullia Zevi non è appropriato. Non è possibile che quando si tratta di Islam si coprano le statue per non offendere la sensibilità e quando invece si tratta della Comunità Ebraica si scelga un luogo che è evidententemente sbagliato, mettendo la Comunità Ebraica in imbarazzo qualunque decisione prenda, che sarebbe inevitabilmente divisiva. La scelta corretta sarebbe stata in ogni modo un luogo scelto insieme alla Comunità Ebraica. Lasciamo in pace la Consulta Rabbinica, che in tutto questo davvero centra pochissimo.
sarebbe ora che il Rabbinato rivedesse questo divieto ormai chiaramente senza molto senso comune …..
Già che ci siamo creiamoci una nuova religione come ci fa comodo, visto che deve prevalere il senso comune. Mettiamo tutto ai voti. Vi rendete di ciò che state dicendo?
“La richiesta del parere della Consulta Rabbinica è venuta da alcuni consiglieri, che hanno comunicato che la Cappella Paolina era di fatto un luogo di culto. Alcuni Poseqim (decisori legali n.d.r.), ma non tutti, hanno detto che laddove si rischia di causare il risentimento di un sovrano (non di un Presidente) si può essere presenti in un luogo di culto, portandosi un testo di Torà da leggere.”
Insomma , se l’Italia fosse un regno la consulta avrebbe decretato altrimenti. In repubblica si può snobbare il Presidente salutandolo fuori della porta. Mai sia che si venga battezzati a propria insaputa!
Ma di cosa stiamo parlando?
L’UCEI e la Comunità sono istituzioni ebraiche, quindi le decisioni si prendono in modo ebraico, cioè si chiede alla Consulta Rabbinica quale sia l’halakha e poi si segue.la sentenza.
Andiamo per gradi.
Noi ebrei non possiamo entrare in luoghi di culto nei quali si violino, in toto o in parte, i Dieci Comandamenti. Nelle chiese, quindi anche nella Cappella in questione, ci sono immagini (terzo comandamento), in più è un posto in cui il culto è attivo, il discorso è complesso ma rimaniamo sulle immagini, nelle moschee è permesso entrare perché non ci sono immagini.
Dunque qual’è il problema? La legge del rispetto dovuto al re, può garantire delle deroghe, come abbiamo letto, ma sono deroghe per contenere una possibile reazione instizzita del re, cioè stiamo parlando di antisemitismo.
Siamo veramente sicuri che non entrare nella Cappella per il concerto causi reazioni antisemite? Siamo sicuri che un presidente sia paragonabile in halakha a un re?
Ma perché non cambiare location? Siamo italiani, e il Presidente Matarella è il nostro presidente, e noi cittadini vogliamo poter partecipare alle cerimonie per ricordare i Senatori della nostra Repubblica senza essere discriminati in quanto di fede ebraica, dato che ci è precluso entrare nella Cappella, se fino adesso la consuetudine è stata fare i concerti lì, che cambi la consuetudine, così da permettere a noi cittadini di partecipare. E non il contrario, non siamo noi a dover derogare sulla nostra tradizione per propizirci la benevolenza del Presidente.
Per me questo è il punto.
Tutto il resto è provincialismo.
TULLIA ZEVI AVREBBE ACCOLTO CON ENTUSIASMO L’INVITO DEL PRESIDENTE
SENZA BADARE AGLI ‘IDOLI’ E COSÌ ANCHE GLI ITALIANI EBREI
Studiare un po’ di storia dell’arte lasciando a casa l’ Halachà
Non farebbe male alla democrazia e allo spirito culturale degli italiani . Il perché e che quelle immagini tanto incriminate non dialogano se non esteticamente con la nostra intelligenza e sensibilità
Attenzione a non cadere nelle trappole del potere religioso … molti ebrei del nostro tempo hanno dimostrato che si può vivere serenamente in uno stato laico che ha la ‘colpa’ di avere un presente ambientato spesso nei luoghi legati alla fede politica cattolica che usava l’arte figurativa come strumento di propaganda ! Acqua passata !!
Aver timore delle immagini e’ come temere il diavolo per chi non crede , non è questione di Halacha ‘ ma di buon senso.
I rabbini non dovrebbero imporre iniziative su tematiche che non gli competono.. e ‘ antidemocratico . Così troveremo fra poco i preti in parlamento
Gli antichi maestri pensassero ad insegnare la buona novella a chi crede
La democrazia e’ un’altra cosa !
Perché non demoliamo la sinagoga maggiore di Roma fatta a forma di croce e che ha ospito’ in tempi meno’ devozionali ‘e più italiani un pontefice con lo scopo di abolire le differenze ?
Credo sia necessario rivedere un attimo l’autonomia dell’ebraismo Italiano dall’autorita’ Rabbinica .. ricordo a tutti che la Zevi disse che esistono italiani ebrei e non ebrei italiani!
Tornare indietro e’ sempre pericoloso..
Specialmente di questi tempi
La Halacha ‘ e’ una scelta non un guinzaglio di imposizioni .. siamo esseri pensanti ! O almeno pensavano di esserlo!
L’acrobazia alla quale è stata costretta Noemi di Segni mette in luce la delicatezza della questione di base, che è, a mio avviso, quella del rapporto tra UCEI ed ebrei laici. In particolare l’UCEI, vincolando le proprie decisioni al parere della sua consulta rabbinica, assolutamente legittimo in quanto parere, mostra di non avere una propria indipendenza decisionale. In questo modo si aliena tutti coloro, e non sono pochi, che sono ebrei per ascendenza o per modo di sentirsi, ma sono anche laici e non si sentono vincolati all’osservanza della halachà. Così procedendo si indeboliscono la comunità degli ebrei e la cultura ebraica (che non è solo quella degli ebrei osservanti). Siamo minoranza, ma così lo saremo sempre di più: è un attentato contro noi stessi.
Il chiarimento del rabbino Richetti è autoreferenziale: sul fatto che le prescrizioni rabbiniche siano in linea con il non ingresso in quella cappella, noi ebrei laici non abbiamo nulla da dire (e, per dirla tutta, nemmeno mi interessa).
Appiattire la comunità ebraica italiana sulle prescrizioni rabbiniche, però, è altra cosa.
In effetti, se le cose stanno in questi termini, diciamolo apertamente, così non rinnovo nemmeno il pagamento della tassa (contributo) di iscrizione alla comunità per il 2019, e con me credo anche altre persone. Per cosa dovrei pagare? I miei figli non hanno potuto frequentare la scuola ebraica perché la mamma è goyà, la sinagoga e i cibi kasher non mi servono, se non posso nemmeno essere sepolto nel cimitero di famiglia (a Monticelli) non pagherò più.
con molto rispetto ma pensa che la causa della sua situazione sia delle comunità, dei rabbini, della ortodossia? davvero?
Ritengo che sia necessario distinguere tra regole alachiche e funzione dell’UCEi. Secondo tradizione, Statuto e Intesa, la rappresentanza dell’ebraismo italiano è unitaria e le funzioni di Comunità e Unione si estendono ben oltre alla attività “religiosa”, gestione del culto, sinagoghe, retribuzione dei rabbini, ecc.. In questo senso lo Stato nella Intesa del 1987 (L. 101/89 all’art.18 e 19 ) ha riconosciuto, su nostra richiesta, una funzione di svolgimento anche di attività sociali e culturali, di tutela e rappresentanza a livello locale e nazionale degli ebrei alle Comunità e all’Unione. Pertanto, ferma restando che rispettiamo la tradizione ortodossa al nostro interno ( festività ebraiche, osservanza della casceruth, ecc.), nell’attività esterna di rappresentanza e di interlocuzione con il pubblico e le autorità statali non siamo tenuti a seguire le prescrizioni alachiche. Pertanto non contesto ai rabbini di pronunciarsi nel senso che per l’alacha l’ebreo osservante non deve/dovrebbe entrare in luoghi di culto cattolico. Ma la Comunità di Roma eccede nelle sue funzioni nello “stigmatizzare” e in pratica “vietare” ai suoi membri – che sono iscritti in quanto ebrei, non in quanto anche ortodossi, praticanti, shomer mitzwoth – di partecipare ad un concerto, che si tiene nella cappella Paolina del Quirinale in quanto parte di un ciclo che vi si svolge ogni domenica, dal Quirinale organizzato in lodevole ricordo di Tullia Zevi, z.l. La Comunità fa bene a diffondere il comunicato della Consulta rabbinica, a ciascuno di noi decidere se attenervisi o no. Su questa distinzione tra attività laiche e religiose si basa la singolarità della rappresentanza e organizzazione unitaria dell’ebraismo italiano a livello locale e nazionale. Se questo vero e proprio “patto” secolare viene prevaricato, allora non ci resterebbe che dividerci in associazioni religiose e laiche di vario orientamento, come avviene in quasi tutti i paesi, e trasformare l’UCEI in una federazione, come il CRIF in Francia ecc. Fino ad allora ci vuole reciproco rispetto e senso di responsabilità e moderazione.