Hebraica
Davvero i Maccabei sono gli eroi di Hanukkah?

Analisi dei quattro libri dei Maccabei (e del loro ripudio da parte ebraica)

Hanukkah è la festa che celebra la storia dei Maccabei, o forse no. Di sicuro l’occasione della festa è la lotta raccontata nei quattro libri dei Maccabei, scritti tra il 150 a.e.v. e il 50 e.v. circa. Allo stesso tempo, però, questi testi non fanno parte del canone biblico ebraico. I primi due sono compresi invece in quello cristiano. Perché? Sono libri che descrivono con enfasi e partecipazione la reazione antiellenistica di una parte del popolo di Israele ma che sono paradossalmente influenzati in profondità da quella stessa cultura ellenistica. Non meno importante, nonostante siano riuniti sotto una comune denominazione hanno autori, stili, riferimenti filosofici e contenuti piuttosto diversi l’uno dall’altro. Nelle parole dello storico Arnaldo Momigliano, sono libri dagli ebrei più conosciuti che letti (“Il secondo libro dei Maccabei”, incluso nella Storiografia greca e poi in Pagine ebraiche, Einaudi). Cerchiamo di capire come mai.

1 MaccabeiIl libro, il cui originale ebraico non è conservato (rimane la versione greca), narra la rivolta contro il re di Siria Antioco IV Epifane. Viene descritta la divisione tra ebrei favorevoli alla diffusione di usi e costumi greci, comuni all’intero Levante, e ebrei contrari. Dalle tensioni, unite a rivalità di potere interne alla famiglia del sommo sacerdote, scoppia la scintilla della rivolta, che si configura quindi innanzitutto come una guerra civile tra ebrei. I Maccabei – prima Giuda, poi Simone – guidano con successo l’insurrezione e conquistano l’indipendenza politica. L’interesse principale dell’anonimo autore va all’eroismo dei Maccabei che conducono il popolo alla riscossa facendosi alfieri della tradizione contro quella che con una parola anacronistica ma efficace possiamo chiamare assimilazione. Molto importante è il ricordo del nome di coloro che cadono in battaglia da paladini delle antiche leggi; costoro vivranno per sempre nella memoria dei discendenti. Nessun cenno particolare va a eventi sovrannaturali e miracoli, che saranno invece al centro di 2 Maccabei.

2 MaccabeiTesto scritto direttamente in greco in diaspora (forse in Egitto), si tratta del compendio di una precedente opera di Giasone di Cirene composto tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.e.v. Con uno stile estremamente vivace, ricco di termini ricercati e di pathos, l’autore cerca di coinvolgere, commuovere e convincere il lettore. Non senza un gusto pronunciato per il raccapricciante indugia sul tema del martirio per la “santificazione del Nome”, costituendo un modello che per il tramite di 4 Maccabei influenzerà in modo sostanzialmente sotterraneo ma decisivo la tradizione rabbinica (si pensi alla morte sotto tortura di rabbi Aqiva nel Talmud, ma anche ai martirologi del tempo delle crociate) e in modo palese quella cristiana. Il libro si apre con due lettere inviate da Gerusalemme alla comunità ebraica che vive in Egitto con l’invito a partecipare alla festa che commemora la purificazione del Tempio realizzata da Giuda Maccabeo. È forte il legame con una tradizione comune che viene sancita dalla presenza di Dio nel mondo accanto al suo popolo. In 2 Maccabei gli interventi di Dio sono continui: tutta la vicenda ebraica dipende dal suo aiuto, che si esplica attraverso una serie di fatti meravigliosi e prodigi. Prima che vengano puniti – Antioco, per esempio, muore ingloriosamente di malattia – i malvagi rappresentano strumenti nelle mani di Dio con cui Israele viene colpito per le proprie mancanze; un tema saldamente presente nella civiltà ebraica già in antichità che ricorre in numerosi testi biblici. Opposto ai malvagi abbiamo il modello degli eroi. A differenza di 1 Maccabei non di eroi militari si tratta, bensì di martiri che vanno incontro alla sofferenza e rinunciano alla vita pur di non trasgredire la legge divina. L’importanza di 2 Maccabei nell’introdurre il martirio come valore nella scrittura storica è indubbia. Tra i casi principali quelli del maestro Eleazar e della madre di sette giovani che subiscono una morte atroce pur di non rinnegare la fede (detto per inciso, la figura della madre-coraggio e dei sette figli uccisi avrà lunga fortuna e nel Novecento una incidenza particolare presso la cultura comunista, basti pensare al dramma di Brecht, alla Madre di Gor’kij o al mito resistenziale dei sette fratelli Cervi). Mentre per i malvagi è preclusa una prospettiva di vita dopo la morte, a chi si immola in nome della fede viene promessa la sopravvivenza, anche se è difficile stabilire se l’autore abbia in mente una vita non corporea dopo la morte fisica, cioè la sopravvivenza dell’anima, oppure la vera e propria resurrezione dei corpi. Entrambe queste possibilità non sono contemplate nella Torà ma in epoca ellenistica cominciano a essere formulate. Non devono perciò stupire le oscillazioni a riguardo di 2 Maccabei. Rispetto a 1 Maccabei, che mette enfasi sulla rivolta come guerra di liberazione nazionale, viene accentuata la centralità del Tempio e il tema dell’elezione di Israele. Ancora una volta anacronisticamente, si può affermare quindi che quella di 2 Maccabei sia non tanto una guerra per la libertà quanto una guerra santa o jihad.

3 Maccabei Scritto in greco ad Alessandria negli stessi anni di 2 Maccabei, è un’opera non storiografica ma compiutamente letteraria. Il titolo è d’altronde fuorviante perché non tratta della rivolta contro Antioco ma delle persecuzioni contro gli ebrei alla fine del III secolo durante il regno di Tolemeo IV, quando era l’Egitto a controllare Gerusalemme. Il malvagio Tolemeo vuole convertire gli ebrei al culto dionisiaco ma poiché soltanto pochi cedono alle minacce scatena contro il popolo gli elefanti. La preghiera dell’anziano Eleazar muove gli angeli che appaiono in cielo, spaventano gli elefanti e li fanno tornare indietro travolgendo l’esercito del re. Impressionato dal miracolo, Tolemeo cambia politica diventando protettore degli ebrei. Come in 2 Maccabei abbiamo particolari splatter e prodigi in gran numero. Al centro viene posta la relazione tra ebrei e greci con l’auspicio di una convivenza e solidarietà possibili.

4 Maccabei Come scrive Francesca Calabi è la più significativa delle quattro opere per la storia del pensiero (Storia del pensiero giudaico ellenistico, Morcelliana). Insieme a 1 Maccabei è anche la più citata da autori (cristiani) successivi e probabilmente la più letta. Scritto in greco tra il I secolo a.e.v. e il I secolo d.e.v., deve la sua fortuna almeno in parte allo stile elegante, agli artifici retorici e ai numerosi riferimenti filosofici. È insomma un testo perfettamente calato nell’ambiente ellenistico. 4 Maccabei riprende e amplia alcuni episodi di 2 Maccabei contribuendo in modo decisivo alla loro diffusione, per esempio le scene del martirio di Eleazar e dei sette fratelli, e alcuni temi portanti come il sacrificio di sé per non rinnegare la fede, l’immortalità dell’anima e il patimento dei giusti che espiano i peccati dell’intera comunità. La persecuzione antiebraica è interpretata ancora una volta come il giusto castigo per l’ellenizzazione. D’altra parte il libro è colmo di riferimenti alla filosofia greca, in particolare stoica ma anche platonica. Centrale, per esempio, è il controllo della ragione sulle passioni, per il quale vengono identificate come modelli le figure bibliche. L’anziano Eleazar qui non è più un semplice maestro ma un sacerdote e filosofo che, sottoposto al supplizio, discute di filosofia con il re Antioco suo aguzzino. Le virtù che la filosofia degli ebrei insegna, afferma Eleazar, sono la temperanza che vince le passioni, il coraggio con cui si sopporta il dolore, la giustizia che garantisce l’equilibrio e la pietà (o prudenza) per venerare l’unico Dio. Declinate ebraicamente, sono le quattro virtù della tradizione platonica che poi saranno reinterpretate nelle quattro virtù cardinali cristiane. Eleazar è dunque versione ebraica del saggio stoico che patisce e muore in nome di una fede rivelata e razionale allo stesso tempo, non si piega e così conserva la propria libertà – cioè superiorità sulle passioni – anche durante i supplizi. Il premio per chi osserva la legge è la vita eterna presso Dio, mentre i malvagi sono attesi da eterni tormenti. 4 Maccabei si dilunga anche sul suicidio dei sette fratelli, considerato gesto di coraggio per evitare l’infrazione della tradizione. Con le parole del testo, i fratelli “opposero al tiranno la loro filosofia e per mezzo del loro senno abbatterono la sua tirannide”. Durante la tortura uno dei sette si rivolge ancora una volta filosoficamente al sovrano: “Sei tu a essere torturato più di me, al vedere il tuo calcolo arrogante di tiranno vinto dalla nostra sopportazione per mezzo della pietà”. Come già segnalato a proposito di 2 Maccabei, fonte di 4 Maccabei, sono temi che influenzeranno i martirologi successivi, in modo particolare quelli cristiani.

Scritti da ebrei e rivolti a ebrei, i quattro libri sono inclusi nella Bibbia dei Settanta, la prima traduzione in greco che per il cristianesimo diventa di riferimento per l’Antico testamento, nel quale sono infatti compresi 1 e 2 Maccabei. Questo, unitamente al fatto che solo 1 Maccabei ha un originale ebraico (perduto) mentre gli altri tre libri sono scritti direttamente in greco, porta la tradizione ebraica a disinteressarsene. Abbiamo esordito con il dubbio che Hanukkà non celebri davvero la lotta contro l’ellenismo, cioè contro i greci ma soprattutto contro gli ebrei ellenizzati. Dopo il breve percorso che abbiamo fatto attraverso i libri dei Maccabei possiamo sostenere che la tradizione ebraica di Hanukkà ha sostanzialmente rinunciato alla storia della rivolta mentre si è concentrata tutta sul miracolo dei lumi. Per Momigliano “la reviviscenza di scrittura storica ebraica nel periodo 200 a.C – 100 d.C. è inseparabile dall’influenza greca”. Lo storico di Caraglio si riferisce a 2 Maccabei ma il discorso può essere esteso anche alle altre opere. Libri dunque troppo greci per la tradizione rabbinica che assumerà un ruolo sempre più importante nei secoli dell’impero romano: un paradosso, visto il motivo antiellenistico della rivolta che quei libri descrivono. Tema al centro del fondamentale Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica di Yosef H. Yerushalmi (Giuntina), il ripudio da parte ebraica di queste opere rappresenta un caso particolare della scomparsa della storia e della storiografia da parte degli ebrei dopo le catastrofiche rivolte contro Roma, la distruzione del Tempio e di Gerusalemme. I singoli episodi della storia sono irrilevanti a fronte della provvidenza divina che orienta l’intero corso storico verso uno scopo. Diventano così irrilevanti anche i libri che riportano quegli episodi. Di conseguenza il rapporto tra la festa di Hanukkah e l’evento a essa soggiacente si trasforma fino a diventare irriconoscibile. La celebrazione di un miracolo prende il posto della guerra politica o religiosa descritta dai libri dei Maccabei.

Giorgio Berruto
collaboratore
Cresciuto in mezzo agli olivi nell’entroterra ligure, dopo gli studi in filosofia e editoria a Pavia vive, lavora e insegna a Torino. Ama libri (ma solo quelli belli), musei, montagne

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