Il presidente uscente della comunità milanese spiega i suoi progetti per il prossimo futuro
A Milano si vota per il consiglio della Comunità ebraica, caduto anticipatamente solo dopo due anni dalle precedenti elezioni, e per l’Ucei. Due le liste per la CEM, cinque per l’Ucei. Ne parliamo con Milo Hasbani, doppio candidato per Ucei e per il consiglio della comunità rispettivamente per le liste Italia Ebraica e Milano Ebraica.
Cominciamo con l’Ucei. Chi rappresenta oggi questa istituzione?
“Rappresenta l’ebraismo, e ha il compito di far sentire le diverse voci che lo compongono. Esiste già un tavolo di confronto con le diverse realtà dell’ebraismo, con quello reform in particolare, e occorre trovare un modo per far dialogare le diverse voci presenti in ogni comunità”.
In effetti, l’Ucei è l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane…
“Bisogna considerare il meccanismo con cui funziona l’Unione. Grazie alla raccolta dei fondi che provengono dall’otto per mille le singole comunità ricevono un sussidio pari alla loro grandezza (numero di iscritti, numero di sinagoghe, musei etc), ma le comunità, a loro volta, pagano una quota all’Unione per ogni iscritto come contributo per la gestione. Ecco perché è importante per ogni comunità aumentare gli iscritti e io vorrei che Milano recuperasse in parte coloro che se ne sono andati, ma anche i lubavitch e gli Israeliani che sono qui per lavoro e che non sono iscritti”.
Cosa fare per coinvolgerli?
“Occorre informare, prima di tutto, sul ruolo delle comunità e quindi dell’Ucei in Italia, poi coinvolgerli attraverso attività culturali e progetti ad hoc compatibili con le loro esigenze. Per gli israeliani è un concetto difficile da comprendere: non sentono il bisogno, proprio per un’abitudine culturale, di appartenere a una comunità. L’essere ebrei ed israeliani è un dato sufficiente”.
Quindi il problema della rappresentanza di altre declinazioni dell’ebraismo riguarda prima di tutto le singole comunità?
“Occorre essere iscritti alle comunità per avere una rappresentanza nell’Unione, certo”.
Parliamo del ruolo del rabbinato: nelle comunità il Rabbino non ha diritto di voto, diversamente da quanto avviene in Ucei. È d’accordo?
“Credo che il Rabbinato debba prima di tutto occuparsi di capire le problematiche delle singole comunità, cercando di proporre soluzioni nell’Unione. L’Unione infatti, oltre a rappresentare l’ebraismo nelle istituzioni italiane ha anche il compito di occuparsi di tutte le comunità italiane e in particolare modo di quelle piccole. Il sud Italia sta riscoprendo la sua identità ebraica con la riapertura di sinagoghe, per esempio a Palermo, e penso che il rabbinato dovrebbe dedicarsi a questa nuova vitalità culturale e religiosa, invece di fermare il proprio lavoro all’altezza di Napoli. Lavoro che viene fatto con grande impegno dall’Unione. Però penso vadano distinti i compiti. Ai rabbini spettano quelli strettamente halakhici ed educativi, con uno spazio che dovrebbe essere loro riservato nella scuola”.
A proposito di scuola, cosa deve o dovrebbe fare l’Ucei?
“Le scuole sono tutte in perdita e l’Unione deve pensare anche alla loro sopravvivenza. Credo si dovrebbe arrivare ad un accordo con lo stato dal punto di vista finanziario, come accade alle scuole paritarie e in molti paesi europei dove il governo sostiene le scuole ebraiche.’
Lei è candidato anche al consiglio della comunità milanese. Quali sono le urgenze attuali?
“Vorrei continuare sulla linea degli ultimi anni – discordie a parte – che hanno dimostrato con successo una grande attenzione al welfare: casa di riposo, scuola, asilo a prezzi calmierati e sostegno economico alle famiglie in difficolta.
Come dicevo prima, avviare una operazione nuovi iscritti, per avvicinare e coinvolgere chi si è allontanato e chi vive all’estero (con una quota minima) per coltivare il senso di appartenenza, un sentimento per me molto importante”.