Luoghi di aggregazione, prima di tutto. Ma anche “acceleratori” della spiritualità. Breve viaggio tra i campeggi in USA
Se anche gli ebrei italiani conoscono l’esperienza del campeggio o della colonia a tema ebraico, visitati durante le vacanze in infanzia o in adolescenza, la probabilità che un ebreo americano abbia passato un’estate al campeggio è ancora maggiore. Il campeggio è per gli ebrei statunitensi un’istituzione e uno spazio di vita ebraica necessario allo sviluppo del proprio ebraismo o all’inserimento nella comunità.
Un articolo di Jeri Zeder ne spiega la storia. Il campeggio ebraico nascerebbe infatti nel XIX secolo, con la necessità delle famiglie americane di far respirare ai propri figli dell’aria più pulita, più pulita di quella che si respirava nelle città in via di industrializzazione. Negli anni ’20, diversi campeggi furono inaugurati intorno a foreste, laghi e luoghi incontaminati degli Stati Uniti.
Così i due motivi principali dietro al campeggio ebraico furono l’avvicinare i bambini di città alla natura, e ‘americanizzare’ i bambini ebrei dell’Europa dell’Est: inizialmente quindi i campeggi ebraici avevano poco di ebraico, se non la demografia.
Lentamente furono inaugurati campeggi a tema sionista, socialista, o yiddish. Ciò nonostante, l’obiettivo primario rimase quello dello sviluppo comunitario di per sé: uno studio di Jonathan Sarna della Brandeis University, citato da Zeder, sottolinea come solo più tardi, dagli anni ’40, i campeggi a tema ebraico americani iniziarono ad adottare esplicitamente una missione educativa e religiosa di ebraismo e non solo di coesione ebraica.
Anche nell’Italia del dopoguerra, i campeggi a tema ebraico si concentrarono sui più giovani e sul loro senso di comunità, promovendo un concetto di ebraismo come dimensione culturale più che come religione. Un esempio furono quindi le colonie di Piazzatorre, poi utilizzate per i campeggi dell’Hashomer Hatzair, e di Selvino.
Nonostante il campeggio ebraico ancora oggi prediliga uno scopo comunitario più che religioso, il tema della natura come aiuto alla religione e alla relazione con D-o non è nuovo all’ebraismo. Mosè stesso passò 40 giorni e 40 notti sulla cima del Monte Sinai; la profetessa Deborah offriva i suoi giudizi seduta sotto una palma da datteri; a Sukkot, il precetto della festività indica di ‘campeggiare’ per sette notti sotto le stelle.
Il rav Matthe Ponak per il Times Colonist afferma infatti come un’educazione ebraica filtrata dalla natura sia possibile nonché necessaria. L’era moderna, secondo il Rav, è stata influenzata dai canoni dell’Illuminismo che limitarono le influenze più spirituali e meno strettamente razionali negli studi ebraici: per questo filosofi come Maimonide (XII secolo), furono preferiti a studiosi più mistici e concentrati sulla natura come il Ba’al Shem Tov (XVIII secolo). Un esempio fu il rav Menachem Nachum Twersky (1730-1798), il quale affermava che una connessione spirituale possa avvenire più facilmente nel mondo naturale che nelle Sacre scritture: una posizione così radicale fu bollata come fuori dalle righe, eppure suggerisce che un ambiente naturale, come quello del campeggio, possa essere favorevole non solo allo sviluppo comunitario ebraico, ma anche all’aspetto religioso.
Molte festività ebraiche pongono la natura al centro dei rituali – le feste sono connesse alla stagionalità e al ciclo lunare. “Al Tashchit” (Deuteronomio 20) indica di non distruggere né sprecare ciò che è naturale. Sebbene molte mizvot siano quindi legate a come contribuire positivamente alla natura, uno spazio minore è dedicato a come la natura possa contribuire positivamente al nostro benessere, specialmente spirituale.
Il campeggio ebraico moderno offre ancora l’opportunità di far rete, dare gli strumenti per l’indipendenza ai più giovani, e creare un’esperienza ebraica in uno spazio che non sia necessariamente la casa, la scuola o la sinagoga. Ci sono ad oggi campeggi ebraici di ogni tipo: negli Stati Uniti si trovano campeggi ebraici a tema sportivo, ortodossi, LGBTQI+, di yoga, e campeggi volti a stimolare una connessione spirituale con la natura.