Hebraica Festività
Hanukkah, del perdersi e ritrovarsi

L’importanza di una luce, una sola, per trasformare la natura delle tenebre

Come è noto, il rito principale della festa di Hanuccà è l’accensione di luci, che vanno a rischiarare il buio dei giorni del solstizio invernale.

Molti sanno che le luci si accendono in modo crescente, da una a otto, aggiungendone una a ogni sera. Eppure la benedizione che viene recitata al momento dell’accensione dice: “Tu sei fonte di benedizione, YHWH, nostro Elohim, sovrano dell’infinito, che ci ha legati nella responsabilità di accendere una luce per Hanukkah”. La benedizione parla quindi di una sola luce, non di otto. La conseguenza pratica è che chi non riuscisse ad accendere tutte le luci, avrà adempiuto alla propria responsabilità anche se ne accendesse una sola ogni sera.

Apparentemente quindi, arrivare a otto luci è un aggiunta di bellezza e di calore, quello che viene chiamato in linguaggio rabbinico un Hiddur Mitsvà, un abbellimento della Mitsvà. Una forma particolarmente curata e generosa che senza dubbio è auspicabile ma che non tutti, non sempre, possono riuscire a realizzare. In certi frangenti invece l’unica possibilità è quella di accendere una sola, timida, luce. Al di là dell’aspetto prettamente pragmatico, questa particolarità ricorda un aspetto della storia ebraica che è anche presente nel vissuto individuale di ogni persona. Talvolta le tenebre sembrano invadere ogni cosa, e fagocitare tutto, senza limiti apparenti. Questa oscurità è suscettibile di terrorizzarci, ma può anche costituire un’occasione per un cambiamento e una maturazione della nostra visione delle cose. Perché dal momento che la visione è oscurata, altri sensi si metteranno all’opera. Nell’oscurità tendiamo a perderci, ma talvolta essa ci dona anche una possibilità nuova di ritrovarci, altrimenti. Questa possibilità costituisce di per sé una luce, piccola ma significativa.

Per questo la Mitsvà minima di Hanuccà è di accendere una sola piccola luce, concetto che ripetiamo ogni sera anche quando ne accendiamo molte di più: “che ci ha legati nella responsabilità di accendere una luce per Hanuccà”. Una luce, nulla di più.

Le tenebre dell’esistenza sono spesso potentissime, e in questa fase storica, dopo un anno di sofferenze e di lutti, potremmo essere tentati di arrenderci. Eppure dobbiamo sforzarci di mantenere una seppur minuscola luce, che un giorno ci permetterà forse di accenderne altre. In nessun caso dovremmo permettere che l’oscurità invada ogni cosa e occulti l’amore, la dolcezza, la capacità di comprensione, di empatia, di scaldarsi reciprocamente quando c’è freddo e di portarsi luce quando fa buio, tutte queste cose che rendono la vita umana così bella e così preziosa.

Se manteniamo la possibilità di questa luce, magari debole e solitaria ma comunque presente, anche le tenebre potranno finalmente costituire non più solo una minaccia terribile, ma forse anche un abbraccio in cui perderci, e poi ritrovarci, altrimenti.

Hag Urim Samèach, Gioiosa festa delle luci a tutte e tutti.

 

Rav Haim F. Cipriani presta servizio rabbinico presso le comunità francesi ULIF (Marsiglia) e Kehilat Kedem (Montpellier). In Italia è rabbino e fondatore della comunità Etz Haim ( http://www.etzhaim.eu ). Esercita in parallelo una carriera internazionale di violinista concertista e direttore d’orchestra. Inoltre è autore di svariati saggi a tema ebraico.

Haim Fabrizio Cipriani
Rabbino presso la Comunità Etz Haim

Haim Fabrizio Ciprianiè rabbino e musicista.

Svolge il ministero rabbinico in Italia presso la comunità da lui fondata Etz Haim, unica comunità ebraica italiana associata al movimento Massorti/Conservative, e in Francia presso la comunità Kehilat Kedem di Montpellier. È autore di diversi saggi a tema ebraico editi da Giuntina e Messaggero.

In campo musicale è attivo come violinista e direttore. Si produce da trent’anni nelle più grandi sale da concerto e ha effettuato centinaia di registrazioni discografiche.


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