Ritratto di una donna che si definiva “rappresentante onoraria di chi non ha voto né membri in Parlamento”, nel giorno che celebra Nelson Mandela
“Non ci piace la tua voce gracchiante da ebrea”, non è certo la peggiore tra le frasi che Helen Suzman si sente rivolgere.
Dal 1961 al 1974, quella voce gracchiante da ebrea è la sola e l’unica che dai seggi del parlamento sudafricano si leva contro l’apartheid. Nata in un sobborgo di Johannesburg come Helen Gavronsky, figlia di immigrati lituani sfuggiti ai pogrom dell’impero zarista d’inizio Novecento, la sua battaglia per i diritti umani e l’uguaglianza vanta 36 anni di presenza in Parlamento e, dopo il 1989, molti altri di impegno extraparlamentare.
Helen Suzman non sta mai zitta. Nel suo primo giorno in Parlamento come unica rappresentante del Progressive Party, unica forza di opposizione alle politiche di apartheid pronuncia 66 discorsi, propone 26 emendamenti e pone 137 domande. Più o meno lo stesso ritmo che manterrà nei giorni e negli anni a venire.Tanto che in una lettera Nelson Mandela le scrisse queste parole:
Cara Helen,
La coerenza con cui hai difeso i valori fondamentali della libertà e dello stato di diritto negli ultimi trent’anni ti è valsa l’ammirazione di molti sudafricani.
Tra il movimento democratico di massa e il vostro partito esiste ancora un ampio divario riguardo al metodo per raggiungere tali valori. Ma il tuo impegno per una democrazia non razziale in un Sudafrica ti ha regalato molti amici nel movimento extraparlamentare…
Non sta mai zitta e non ha mai paura. Al Ministro che durante una seduta le urla “Lei pone queste domande solo per mettere in imbarazzo l’immagine internazionale del Sudafrica”, risponde: “Non sono le mie domande che mettono in imbarazzo il Sudafrica, sono le Sue risposte”.
Alle numerose chiamate oscene che la tormentano risponde fischiando nella cornetta del telefono. Per molto tempo, è la sola donna che abbia il permesso di visitare le carceri: lo stesso Mandela riconoscerà il suo contributo nel miglioramento delle condizioni dei prigionieri, incluse le sue.
Sebbene la principale preoccupazione di Helen Suzman fosse l’apartheid e le sue spaventose spese umane, si è occupata anche dell’abolizione della pena capitale e della discriminazione di genere, in particolare perché riguardava le donne africane il cui status nella legge consuetudinaria era quella dei “minori perpetui”. Nel 1988 è stata determinante nell’ottenere una legislazione matrimoniale che ha notevolmente migliorato lo status legale delle donne. I suoi valori liberali sono serviti a costruire un Sud Africa democratico e benché si fosse ritirata dal proprio lavoro, Suzman ha collaborato con la Independent Electoral Commission che ha vigilato sulle prima elezioni libere del 1994.
Una nuova fase politica e sociale si è aperta, da quel momento, in Sud Africa, ma lei, in linea con il suo carattere, non ha mai smesso di criticare i governi che da quell’anno si sono succeduti. Basta pensare al suo motto (quasi un monito, da seguire con attenzione): “Vai e guarda tu stesso”.
Quando Madiba viene finalmente liberato, Helen ha 72 anni e si è ritirata dalla politica qualche mese prima.
Laureata a Milano in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale, ha studiato Peace & Conflict Studies presso l’International School dell’Università di Haifa, dove ha vissuto per un paio d’anni ed è stata attiva in diverse realtà locali di volontariato sui temi della mediazione, dell’educazione e dello sviluppo. Appassionata di natura, libri, musica, cucina.
Grazie di averci ricordato questa grande figura della lotta contro l’apartheid. .
Buongiorno Riccarda e grazie a lei, siamo felici che l’articolo le sia piaciuto!