Una visione atroce, presentata al Burning man. In un articolo del magazine online The Forward
Barbie Death Camp and Wine Bistro. Così si intitola un’installazione decisamente radicale che ha fatto parlare di sé nei giorni americani del Burning man, il raduno annuale che per nove giorni accoglie mistici, nerd, ricercatori, artisti e influencer nel deserto del Nevada. Sono giorni ad inibizione zero, nei quali chi vuole può esporre la propria arte e il proprio pensiero. E se l’unica parola d’ordine è l’autoespressione radicale, beh, James Jacoby, il creatore dell’opera di cui sopra, l’ha fatta propria nel profondo. Perché se il titolo colpisce, ad annunciarlo è un’altra scritta non meno terrificante. Spiega che sponsor dell’installazone è: The Mattel Co. and Auschwitz Inc., Purveyors of Fine Lampshades and Soap Products Since 1939, (ovvero The Mattel Co. e Auschwitz Inc., fornitori di raffinati paralumi e prodotti a base di sapone dal 1939) e a chiudere il cartello non potevano mancare le parole Arbeit Macht Plastic Frei. Un colpo durissimo e spiazzante al contempo, posto sopra l’opera d’arte vera e propria (nella foto di apertura), non meno agghiacciante: presenta centinaia di bambole Barbie, costrette entro pareti rosa, e minacciate da Gi Joes armati e in divisa militare, a marciare in massa dentro i forni della cucina, mentre una di loro è stata crocefissa (naturalmente su una croce rosa).
Roba forte. Ne parla The Forward in un articolo di Aiden Pink che ha sentito l’autore, Doc Pyro nello pseudonimo adottato per il festival: si dichiara ebreo d’origine, animato da tutto tranne che dall’idea di offendere per antisemitismo, e difende strenuamente il Burning man come luogo rischioso, dove è possibile trovare arte disturbante. Non sono mancate le critiche e le polemiche, naturalmente, a questa installazione. Ma anche le difese da parte di chi l’ha descritta prima di tutto come una critica spietata della società americana e del ruolo che riserva alle donne. E nient’affatto contro gli ebrei.