A 80 anni dalla terribile razzia del ghetto di Roma esce il libro “Insieme con la vostra famiglia. 16 ottobre 1943, la grande retata di Roma” (edizioni e/o). La recensione
Era sabato e a Roma pioveva. Meglio non uscire di casa, pensarono molti. Ottanta anni sono trascorsi da quel 16 ottobre 1943, il giorno della razzia nel ghetto. In questi giorni che corrono verso l’anniversario tondo della più grande retata di ebrei italiani durante la Shoah, esce il piccolo libro di Lia Levi intitolato Insieme con la vostra famiglia. 16 ottobre 1943, la grande retata di Roma (e/o). La scrittrice piemontese di origine e romana di adozione fin dall’esordio letterario si concentra sulla vita degli ebrei nell’Italia delle leggi antisemite, dei diritti negati e delle discriminazioni, del nascondimento, della fuga e della persecuzione delle vite, di cui il 16 ottobre rappresenta uno dei momenti salienti. Le domande che da trent’anni tornano nei suoi romanzi e racconti riguardano la quotidianità della discriminazione, non la realizzazione ultima e industriale dello sterminio in luoghi remoti dell’Europa centrorientale. Muovono da situazioni come quella in cui gli amici del cortile, magari istruiti o spaventati dai genitori, da un giorno all’altro rifiutano di giocare con i coetanei ebrei, non dalle fosse comuni e dai crematori di Auschwitz. Perché Lia Levi scrive quello che conosce e su cui non ha smesso di tornare, quello che ha visto con i propri occhi di bambina nascosta durante quegli anni terribili durante i quali la vita tuttavia non si è fermata – e come avrebbe potuto?
Insieme con la vostra famiglia è una antologia di testi relativi al 16 ottobre tratti dalle opere della scrittrice. In copertina è riprodotto un documento che, al pari della scritta “il lavoro rende liberi” è perfetto esempio di farsa atroce. Comincia così: “Insieme con la Vostra [sic] famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti”. Segue un elenco di oggetti che bisogna assolutamente portare con sé, per esempio la carta d’identità o bicchieri. Si precisa inoltre di “chiudere a chiave l’appartamento risp. la casa” e di non lasciare indietro proprio nessuno, neanche gli ammalati gravissimi, perché comunque “infermeria si trova nel campo”. E infine, “venti minuti dopo [sic] presentazione di questo biglietto la familia [sic] deve essere pronta per la partenza”. Poche righe burocratiche non senza strafalcioni, venti minuti per chiudere con la propria casa, la propria storia, la propria vita. Guardatelo, questo biglietto, chiede Lia Levi. Guardatelo e leggetelo e leggetelo ancora e poi ancora. Si tratta di un foglio modesto, elementare e all’apparenza quasi comprensivo, ma è in queste frasi grossolane che si annida la tragedia. Capire, scrive l’autrice a proposito della Shoah, non c’è niente da capire. Capire, come notava Primo Levi, non solo non si può ma non si deve perché sarebbe già un abbozzo di giustificazione. Non capire ciò che non può e non deve essere capito, bensì conoscere, studiare. In che modo? Come qualsiasi studente sa, attraverso la ripetizione. Ripetetelo e raccontatelo ai figli e ai figli dei figli, allora: è tutto quello che è possibile fare, e non è poco.
Il volumetto raccoglie una scelta di brani che in modo diverso affrontano il tema del 16 ottobre, una serie di istantanee tratta da racconti e romanzi in cui i personaggi sono sempre di invenzione. Sempre? Non proprio sempre. Si comincia con il libro di esordio di Lia Levi, Una bambina e basta, in cui l’autrice racconta la propria storia dal punto di vista di sé stessa bambina. Qui il 16 ottobre è visto dall’interno delle mura dell’istituto cattolico in cui Lia undicenne è stata nascosta insieme alla sorella dai genitori. Hanno trovato rifugio dalle suore per precauzione, ma sanno bene che i tedeschi non oserebbero deportare gli ebrei proprio sotto gli occhi del papa, tanto più dopo il ricatto dei 50 chili di oro… Seguono testi da altri titoli, questi sì tutte storie i cui protagonisti sono personaggi inventati. L’amore mio non può, Il braccialetto, La notte dell’oblio, Tutti i giorni di tua vita, Sulla luna nera un grido. Qui vediamo ciò che precede e ciò che segue il 16 ottobre, spesso con un focus sulle conseguenze della retata sulle vittime scampate. Abbiamo i rimorsi di chi non ha saputo prevedere o organizzare in tempo la fuga e trovandosi per caso altrove al momento della deportazione si è salvato mentre genitori, fratelli e amici sono stati portati via; e abbiamo la disperazione di essere rimasti soli. Sono temi saldamente presenti anche nel romanzo – in realtà un trittico di racconti con una cornice – più esplicitamente dedicato alla data fatidica. In Ognuno accanto alla sua notte le tre narrazioni, indipendenti l’una dalle altre, convergono tutte nell’imbuto nero di quella mattina piovosa del 1943. La notte del titolo è la storia drammatica di ciascuno e allo stesso tempo la serie delle ore che precedono l’alba del 16 ottobre, ore di libertà e incertezze, scelta e non scelta, coraggio e paura.
Lia Levi in tutti i suoi libri dà un volto ai personaggi pensando non ai numeri – i sei milioni – ma agli individui come singoli portatori di vite inconfondibili e irripetibili. Elisa, Ferruccio e Colomba, Lucilla e tanti altri. Sono personaggi inventati dalla penna dell’autrice, quindi fittizi. Eppure sono veri perché le loro storie sono tutte storie possibili. L’immaginazione, la fantasia di chi scrive può diventare una testimonianza? Se leggiamo Lia Levi siamo portati a rispondere di sì. Spesso la verità, per esprimersi compiutamente, ha bisogno dell’immaginazione.