Il terzo romanzo dello scrittore francese, pubblicato da La Nave di Teseo
Questo libro comincia con un prologo importante. Ci catapulta dal nulla nel camerino di un’attrice non più giovane che custodisce proprio lì i suoi ricordi più intimi, ammonticchiati dietro una porta rossa di quella stanza che sera dopo sera l’ha accolta per una vita. Quella nuova vita che è stata capace di costruirsi dopo la guerra: la donna si chiama Rosa ed è l’ultima sopravvissuta di Auschwitz. I souvenir che custodisce dietro quella porta contano anche due ciotole, la sua, macchiata, come scrive l’autore, dalla colpa di essere sopravvissuta nonostante tutto, di aver rubato, di aver calpestato gli altri, di non aver condiviso, e quella di Jania. Che ne farà dopo, quando abbandonerà Shtetl City?
Già, Shtetl City: un’invenzione del Texas che lei stessa si è cucita su misura per far fronte al suo spettacolo di cabaret. O forse quella di un nipote fantasioso che si immagina le storie della prozia mentre si traveste da cowboy con i cugini, per combattere nemici immaginari. Ormai è un uomo, è appena diventato padre ed è insonne in quell’ultima notte di solitudine prima di riportare a casa moglie e figlio dall’ospedale dove lei ha partorito. E si immerge nel suo personale cabaret dei ricordi, per giungere all’unico pensiero razionale possibile: non smettere di ricordare. Niente, nemmeno, anzi soprattutto, le storie fantasiose e fantastiche che sono nate intorno alla vita di Rosa, alla propria infanzia e alla Storia, quella che va ricordata nella sua tragicità.
Il cabaret dei ricordi è un libro quasi di filosofia, ma in forma di romanzo. Con delicatezza affronta temi universali come il rapporto con il proprio passato, il senso di appartenenza, l’abbandono e la morte. Guardando al futuro: il protagonista pensa a suo fglio, alle storie di famiglia che gli racconterà, quelle che lui ha ascoltato da Rosa, quelle che lui immaginava da bambino nei panni di quel cow boy impegnato a cercarla nel deserto americano e quelle che Rosa raccontava ogni sera sul suo palcoscenico: la vita di famiglia prima di Auschwitz. Si fermava sempre sulla soglia dell’abisso, solo accennato, per dire al pubblico che non ne avrebbe parlato. Lei, unica sopravvissuta con il fratello di tutta la famiglia, lei che ha tagliato i ponti anche con lui nella scelta di lasciare l’Europa per l’America, dopo essere tornata indietro dall’inferno. E quando Rosa non ci sarà più, non ci saranno più testimoni. Ma sono le storie che vanno raccontate. Sono loro, insieme all’invenzione, a svelare ciò che credevamo scomparso, a evocare l’indicibile e a impedire di stravolgere il passato. Al cabaret dei ricordi, l’importante è non dimenticare mai.
Joachim Schnerf è nato nel 1987 a Strasburgo. Editor – a capo della letteratura straniera di Éditions Grasset – e scrittore, con Questa notte ha vinto l’Orange Book Prize 2019. Il cabaret dei ricordi , in Italia per La Nave di Teseo, è il suo terzo romanzo.