Cultura
Il ghetto di Vittorio Veneto, una memoria da salvare.

Ci sono nati Lorenzo Da Ponte, Daniele Manin e Beniamino Labbi. Breve storia di un luogo prezioso a rischio oblio

Fino al 1866 Vittorio Veneto non esisteva.
C’erano due paesi, Ceneda e Serravalle, che vennero uniti in un solo agglomerato urbano rinominato Vittorio Veneto in onore del re Vittorio Emanuele.
Ricco di palazzi e monumenti che raccontano la storia millenaria della città, questo luogo ha visto l’insediamento di un gruppo di ebrei provenienti dalla Comunità di Conegliano già nel 1597. Ottenuta una condotta per la gestione di un banco dal Vescovo Marcantonio Mocenigo, i cosiddetti Coneian ampliarono il loro giro d’affari dedicandosi alla produzione della carta, alla concia delle pelli, alla vendita di prodotti alimentari, all’artigianato.
Attirati da promettenti opportunità imprenditoriali, nei due secoli successivi altre famiglie provenienti dalle regioni limitrofe si stabilirono a Ceneda incrementando la Comunità locale: tra di loro c’erano ebrei italiani, ashkenaziti di antica migrazione, alcuni levantini e qualche famiglia sefardita proveniente da Venezia, dove generazioni addietro uomini e donne in fuga dall’Inquisizione si stabilirono per cominciare una nuova vita.

Fu alla fine del 1700 quando, complici il crollo dei tassi d’interesse e un vescovado che non li proteggeva più, che le condizioni della popolazione ebraica diventarono critiche. Nonostante avessero dato nuova linfa e uno straordinario impulso all’economia locale, gli ebrei, seppur confinati in un ghetto, non avevano mai smesso di essere considerati una presenza scomoda e irritante per il loro successo, oltre che una minaccia finanziaria per i residenti del luogo.
Il secolo successivo favorì dei lievi segnali di ripresa ma la Comunità di Ceneda, crogiuolo di artisti, letterati, musicisti e imprenditori, era comunque destinata all’estinzione nei primi del Novecento, quando la maggior parte delle famiglie abbandonarono il borgo per cercare fortuna nelle grandi città del Nord.
Il ghetto di Ceneda (alias Vittorio Veneto) si sviluppava principalmente su tre strade, le attuali via Daniele Manin, via Beniamino Labbi e via Lorenzo Da Ponte, dedicate agli uomini che il piccolo borgo ha consegnato orgogliosamente alla storia.
Come quella di Lorenzo Da Ponte, nato sotto il nome di Emanuele Conegliano nel 1749, e che assunse il nome del vescovo che lo battezzò insieme al padre e ai fratelli.

Da Ponte conobbe Mozart in casa del barone ebreo Raimund Von Wetzlar nel 1783 e diventò il suo librettista.
Anche Daniele Manin, noto ai più per essere stato un patriota e politico italiano, aveva origini ebraiche.
Il padre, Pietro Antonio Medina, si convertì al cattolicesimo assumendo il cognome di Ludovico Manin, ultimo Doge della Repubblica di Venezia che gli fece da padrino.
Nella lunga lista di personaggi che appartennero alla Comunità dell’attuale città di Vittorio Veneto spiccano molti altri nomi illustri come Beniamino Labbi, noto mercante e benefattore, l’insegnante e pittore Jacopo Stella, l’imprenditore Isacco Luzzatti e Alberto Gentili, primo titolare in Italia della cattedra di Storia della Musica all’Università di Torino ed espulso dalla stessa nel 1938 con l’emanazione delle Leggi Razziali.
Fu questo grande compositore che con una lunga e minuziosa ricerca recuperò e assicurò alla Biblioteca Nazionale di Torino la raccolta dei preziosi manoscritti autografi di Antonio Vivaldi.

Eppure, nonostante Vittorio Veneto abbia donato gloria e orgoglio alla storia italiana e in particolare a quella ebraica del paese, il destino non ha ripagato questo luogo con altrettanta generosità.
Del ghetto, come viene chiamato ancora oggi, sono rimaste poche testimonianze tangibili ma di grande importanza storica.
Gli arredi dell’antica Sinagoga di rito tedesco inaugurata nel 1710 e attiva fino al 1910, sono stati trasferiti presso il Museo d’Israele a Gerusalemme nel 1964 mentre alcuni oggetti sono conservati presso il Museo Ebraico di Venezia.

Ad oggi sono visibili il cimitero ancora in uso e una lapide del 1771 in via Manin con inciso un versetto della Bibbia in latino e ebraico:

Tu sei veramente il mio Re e il mio Signore, che ci doni ogni salvezza. Tu hai salvato e dato vigore a Giacobbe.

E infine la parte più consistente dell’eredità storica di questo antico ghetto, il Magazzino dei Cereali, dove la Comunità conservava le derrate alimentari.
Anche questo del 1771, l’edificio è attualmente in grave stato di abbandono: un violento nubifragio ne ha distrutto quasi completamente il tetto nel 2016 rendendolo definitivamente inaccessibile, tanto da dover sospendere anche le visite guidate.

Come salvare dall’oblio questo importante patrimonio ebraico del Veneto?
Insieme ad un gruppo di sostenitori, l’esperta in storia ebraica Silvia Della Coletta e la celebre violinista Lydia Cevidalli hanno costituito il Circolo Culturale per la conservazione di Vittorio Veneto Ebraica: concerti, eventi e manifestazioni culturali di vario genere hanno lo scopo di salvare il simbolo del borgo e di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché qualcuno, istituzione o privato che sia, adotti il progetto di ristrutturazione del Magazzino.
In cantiere giacciono virtualmente una scuola di musica e un centro di ricerca sulla musica nella Shoah intitolati ad Alberto Gentili con degli spazi modulari che si restringono e si ampliano per creare un auditorium e delle classi per gli studenti; dall’altra parte invece, un’ala riservata agli uffici e degli spazi dedicati a incontri, presentazioni di libri, lezioni di cucina ebraico-veneta e un centro di ricerca enologico per la valorizzazione del prosecco, uno dei prodotti d’eccellenza della zona.

Nel 2016 il Magazzino del ghetto di Vittorio Veneto è stato candidato “Luogo del Cuore” Concorso Fai. Ma ovviamente non basta: se dovesse esserci un altro crollo, la memoria di una comunità che ha vissuto nel borgo di Ceneda per quattrocento anni potrebbe essere cancellata per sempre.

Non resta che sperare che questo luogo faccia davvero breccia nel cuore di un finanziatore. Qualcuno che contribuisca a far sì che Vittorio Veneto torni ad essere un luogo vibrante di arte e cultura che parli di sé non solo al passato ma anche al futuro.

Per maggiori informazioni ed eventuali donazioni è possibile contattare il Circolo Culturale per la conservazione di Vittorio Veneto Ebraica

 

Irit Levy
collaboratrice

Nata e cresciuta a Milano, si stabilisce a Roma dopo gli studi.
Copywriter di formazione, entra nel 2010 come Responsabile dell’Ufficio Eventi e Comunicazione del Museo Ebraico della capitale. Nel 2017 fonda Jewish Life Experience, una rete di servizi orientati ai kosher travellers a Roma e in Italia. Scrive per passione, ama raccontare le storie straordinarie della gente comune.


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