Un racconto di Roberto Battistini
Un racconto fantastico-onirico, una riflessione sulle guerre, le violenze e le sopraffazioni. Una preghiera laica alla pace.
Il gigante fatto di proiettili di Roberto Battistini
Sono passati anni, ma c’è una cosa che mi torna in mente con frequenza
del mio servizio militare in marina. Una volta giunti al campo del
poligono e iniziavamo a sparare accadeva quella cosa, tra
l’incredibile e il maldestro.
Il dito premuto sul grilletto, il colpo sparato con rinculo sulla
spalla o nell’avambraccio a seconda dell’arma e poi qua e là
nell’erba, a caso, apparivano spruzzi di terra o di legno della sagoma
a caso. Erano dei “puff” sporadici senza tempo e spazio, evanescenti
ma esistenti nella loro funzione di vuoto a perdere. Ed erano proprio
questi colpi a caso a lasciarmi da un lato felice di essere dalla
parte dell’arma, dall’altro facevano salire un’inquietudine cupa. E mi
continuavo a ripetere che mai avrei voluto essere nel mezzo di una
sparatoria, in balia della casualità.
La stessa cosa mi entró nel petto, quando ci fu l’attacco terroristico
al Bataclàn, mentre si esibivano gli Eagles of death metal. E pensai a
questi proiettili vaganti, che colpivano a caso il pubblico. Più volte
mi sono chiesto se la band avesse continuato a suonare dopo quel
novembre.
E anche ora nei video tremanti ripresi ad un rave nel deserto al
termine di Shemini Atzaret, dove ragazze e ragazzi ballavano ignari di
finire dopo pochi secondi in un fuoco incrociato e altrettanto casuale
di proiettili di terroristi di Hamas giunti in silenzio attraverso
strade invisibili non portatrici di profughi ma di violenza. Così come
le sparatorie per strada mentre pick up arabi giravano con
sopra i loro jihadisti che sparavano verso le finestre delle case nel
Sud di Israele. Ce ne sono di casi simili oggi mentre io sono qui,
nella mia casa, al sicuro, insieme a quei proiettili di un tempo e di
oggi che continuano a volarmi attorno spietati, un fischio sottile
vicino alle orecchie, senza una meta, neuroni specchio delle mie
paure.
Poi mi chiedo: dove finiscono questi proiettili random?
Credo che da qualche parte nel mondo esista un giardino particolare
dove tutti questi proiettili finiscono come aspirati in lunghi tunnel
sotto terra creando un gigante monumento ai salvati. Una figura umana
forse, fatta di bussolotti metallici, che nei secoli ha purtroppo
disimparato a camminare e se ne sta lì immobile a raccattare
avidamente i pochi proiettili appena arrivati, ma che un giorno chissà
magari cesserà di crescere, lentamente corroso dalla ruggine. E ancor
prima del Messia, chiedo che quel giorno arrivi presto.