Il racconto di una guerra civile
Il 28 novembre sarà il primo giorno di Hanukkah. Tra regali e sufganiot, la festa è solitamente la preferita di bambini e bambine. Per otto giorni e otto notti si accendono le luci della hanukkia in ricordo dell’incredibile vittoria degli ebrei, pochi ma valorosi, contro l’enorme esercito dei greci che voleva sterminare il popolo ebraico.
Non sembrerebbe esserci nulla di strano, molte feste ebraiche celebrano (tramite una tavola imbandita) il mancato successo del nemico nel distruggere la cultura ebraica. Eppure, scavando tra le fonti, Hanukkah sembrerebbe piuttosto la storia di una guerra civile tra ebrei stessi – gli ellenizzati e gli ortodossi.
Ne parla Michael Laitman: in un articolo tradotto in italiano:
“Forse non ci piace pensare alla nostra gioiosa festa di Hanukkah in questi tristi termini, ma la rivolta dei Maccabei non fu contro i Greci, come dicono durante la festa le canzoni per i bambini, ma contro i nostri fratelli corrotti. Fu una guerra civile. Almeno per il primo anno della rivolta, i combattimenti difficilmente furono diretti contro i soldati seleucidi. La maggior parte degli scontri ebbe luogo fra Maccabei, come furono chiamati gli Asmoneani e le loro truppe, e i Mityavnim: ebrei che avevano abbracciato la cultura ellenistica o si erano convertiti al sistema di credenze pagane dei Greci. Solo molto più tardi, dopo che i Mityavnim furono sconfitti, gli eserciti Seleucidi si unirono a loro nel tentativo di schiacciare i Maccabei”.
Questa versione della storia non nega che gli ebrei si ribellarono contro le imposizioni di Antioco IV, ma chiarifica come i maccabei lottarono anche contro quegli ebrei che accettarono senza protesta i divieti del tiranno. Tra questi, il divieto dello studio della Torah, della pratica della Milah, dell’osservanza del Sabato e delle feste maggiori – mizvot cardini dell’ebraismo. Come sfondo, il rogo pubblico di rotoli della Torah.
Secondo le fonti, Antioco IV fece costruire a Modin un altare pagano dove gli ebrei avrebbero dovuto offrire dei sacrifici. Mattatiao, padrei dei futuri maccabei, si rifiutò di offrire un sacrificio pagano, e non solo: uccise un secondo ebreo che non si oppose al comando, e con lui un ebreo ellenizzato posto da Antioco IV ad officiare il rito. Lo leggiamo nel libro I dei Maccabei:
(Maccabei 2:23-28): “Ebbe così inizio la rivolta dei Maccabei sui monti di Gerusalemme contro gli ebrei ellenizzati e i greci”.
In nessuna sezione della Torà si parla di Hanukkah, mentre nel Talmud babilonese la festa è solo più che sfiorata (B. Shabbat 21b-23a), soprattutto in riferimento al miracolo dell’olio – nessun cenno alla vittoria militare dei maccabei.
La storia di Hanukka è contenuta infatti nei Libri dei Maccabei, I e II: sono due libri distinti che raccontano la stessa storia da prospettive diverse. Il primo è scritto in ebraico e probabilmente in Israele, mentre il secondo in greco con il tema della vita in diaspora. Entrambi sono parte della collezione ‘apocrifa’ (‘nascosta’), una collezione non canonizzata. Addirittura nella Mishna (Senedrin X, 1) le parole di rabbi Akiva suonano come una sentenza: “chi legge i sefarim hitzonim (libri esterni) non ha posto nel mondo a venire” – se questi libri ‘esterni’ includano anche la collezione apocrifa, non è chiaro.
Secondo rav James Ponet, come leggiamo in un suo articolo del 2005, Hanukkah as Jewish Civil War, ci sono diverse ragioni per cui questi testi furono abbandonati. Con la distruzione del tempio nel 70 d.e.v. la narrativa scelta per parlare di ebraismo assume una direzione introflessa per dare l’immagine di un’orgogliosa minoranza pronta a lottare per la propria indipendenza culturale.
La storia è narrazione e Hanukkah ne è un esempio. Dunque restano delle domande: se la storia fosse vera, sarebbe lecito versare il sangue di correligionari, e se no, perché ogni anno celebrare la storia di una violenta guerra civile? Gli ebrei ellenizzati erano ancora considerati ebrei, o come in una lotta partigiana, dei compagni venduti al nemico? E quanto di quel sangue versato aiutò effettivamente a mantenere viva la tradizione ebraica, considerando che solo due secoli più tardi l’intero ebraismo subì una rivoluzione di fondo, venendo a mancare l’impianto ritualistico legato al santuario di Gerusalemme? E infine, come stimolare un dialogo tra l’ebraismo più ortodosso e un ebraismo culturale accusato di assimilazione?
Nes gadol haya, sham – “un grande miracolo accadde là” – ma per l’interpretazione si faccia riferimento ai libri dei Maccabei.
Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.