Viaggio nel metodo Luzzatto attraverso uno dei suoi libri più belli, di recente ripubblicazione
A circa un anno dalla scomparsa del suo autore e dopo quasi venti anni dalla prima edizione, Il posto degli ebrei di Amos Luzzatto, è stato ripubblicato nel 2021 da Garzanti. Un libro senza tempo, da leggere tutto d’un fiato, dalla prefazione di Milena Santerini alle conclusioni dell’autore, che nell’affrontare principalmente la questione relativa all’identità del popolo ebraico, non pretende di dare una soluzione, ma si propone di affrontarla con linfa nuova, con la lucidità di un uomo di scienza e la sensibilità di chi ha fatto dell’integrazione e della multiculturalità dei valori fondamentali.
Con l’inesauribile energia intellettuale dell’autore, il saggio apre continuamente nelle sue pagine spunti di riflessione sulla figura dell’ebreo, troppo spesso mal tollerata nell’Europa dei nazionalismi che non sa accogliere al suo interno componenti diverse e dalle identità sfaccettate.
Luzzatto avverte il lettore che «ogni discorso relativo alla definizione e alla descrizione dell’ebreo sarebbe comunque rischioso se limitato a uno spaccato istantaneo della dimensione temporale», e infatti sarà lui stesso a porre dei limiti alla validità e al senso della domanda su chi siano gli ebrei, e a sottintendere successivamente che questa domanda non può mai avere una risposta univoca in quanto implicherebbe automaticamente diverse categorie da analizzare, nell’interrogarci se dobbiamo dare una risposta in termini di razza, di religione o di appartenenza ad uno Stato. Inoltre il suo approccio ha un taglio obliquo, comprensivo di una profonda coscienza storica, un’analisi delle trasformazioni e dell’evoluzioni dei processi, non perdendo mai di vista l’intreccio di fattori come fede, cultura, geografia e politica.
A conferma di questi intenti, si legge nelle pagine conclusive del volume che «nelle terre fra gli Urali e l’Atlantico, quelle che in tutto o in parte sono chiamate Europa, esiste una minoranza che si chiama ebraica. La sua identità è composita e non si presta a essere ridotta a una categoria elementare secondo le categorie di classificazione abituale nei paesi e nelle culture del continente. Pare tuttavia assodato che, ancora per lungo tempo, gli ebrei intendano mantenere questa loro identità, a maggior ragione da quando esistendo uno Stato ebraico, essa si alimenta di una nuova produzione culturale, largamente tradotta nelle lingue di altri popoli e di altri continenti».
Amos Luzzatto riflette, inoltre, sul rapporto tra l’Europa e gli ebrei e viceversa, si chiede e chiede ai suoi lettori quale possa essere la vera identità dell’Europa e degli ebrei, estendendo i suoi interrogativi e la sua analisi anche al passato, auspicando una mentalità futura più equilibrata e obiettiva. Le sue osservazioni guardano ancora al futuro se le si leggono oggi, in una Europa del pregiudizio, dell’antisemitismo e del razzismo, e che si scontra quotidianamente con la difficoltà di gestire i flussi migratori. La radice del male dell’Europa sembra essere ancora oggi l’intolleranza verso gli altri.
L’annosa questione dell’integrazione, concetto che ha radici profonde e che sconfina nella possibilità di trasferire dei valori da parte di una comunità ad un’altra, viene qui trattata anche in termini di assimilazione, concetto molto più legato alle comunità ebraiche. In questo caso Luzzatto parte da una questione puramente linguistica, sviscera poi la problematica creando un’espressione quasi algebrica che esprime una sorta di rapporto causa-effetto, del tipo: «se io divento simile a te, anche tu diventi simile a me». Allora l’assimilazione diventa un arricchimento e non un semplice trasferimento. Costantemente l’autore affronta problemi complessi con il metodo della ricerca, ma anche con profonda umanità e con l’invito a usare la ragione, il confronto paritetico con gli altri e il libero arbitrio.
Nel saggio, la peculiarità dell’essere ebreo nel mondo occidentale attuale viene presentata come il risultato di una storia politica e culturale complessa: proprio gli ebrei, spesso perseguitati, espulsi e sterminati nel corso della storia, diventato esemplari, perché allo stesso tempo sono riusciti ad essere ebrei, ma anche italiani, francesi, tedeschi o polacchi.
Questa prospettiva verrà però, per certi versi, capovolta nel libro: ci avvisa Milena Santerini nella prefazione, che Amos Luzzatto allo stereotipo di quello che è stato definito l’ebreo errante, ha sostituito l’immagine di una comunità che si è trasformata con il mutare delle condizioni storiche, riuscendo non solo a conservare la propria identità, ma a mantenere viva la propria specifica tradizione culturale, integrandosi nelle diverse culture e nei paesi in cui è stata accolta, contribuendo anche allo sviluppo di questi stessi paesi.
Infine gli ebrei, grazie alla loro capacità di radicarsi in così tanti contesti geografici, europei ed extraeuropei, rappresentano un esempio per tutti gli altri popoli che oggi migrano o migreranno verso l’Europa.
Ancora una volta va constatato che il messaggio di Amos Luzzatto contenuto ne Il posto degli ebrei è attuale, umano, universale, collettivo perché insegna, attraverso la storia degli ebrei, che conservare le proprie radici è possibile, che il proprio modo di essere, religioso e culturale può rimanere integro, anche per i futuri nuovi arrivati che vorranno o dovranno diventare cittadini d’Europa, ma solo se l’Europa sarà, a sua volta, capace di accoglierli dignitosamente e riconoscerne a pieno i diritti.
Amos Luzzatto, Il Posto degli Ebrei, Garzanti 2021 (prima edizione 2003)
Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.