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It Sounds Jewish#3

Lili Boniche: storie di Algeria, di Francia e di un intrigante melange musicale

Oggi, tre al prezzo di uno. L’apice e la conclusione di una strana carriera. Strana ed emblematica. Lili Boniche, algerino di Algeri, della casbah, classe 1922. Talento musicale precoce in una famiglia di musicisti per diletto. Ancora bambino, lo mandano a studiare oud, il liuto arabo, da Saoud l’Oranais, un grande maestro dello strumento e principale esponente del haouzi, uno stile della musica classica detta andalusa. Il vero nome di Saoud è Messaoud el Mediouni, lo zio del pianista Maurice, uno dei creatore del Raj di Orano. Per chi sostiene che gli ebrei dei Paesi arabi non furono colpiti dalla Shoà, vale la pena ricordare che Saoud fu assassinato nel campo di sterminio di Sobibor.

Saoud scopre quella che a mio modestissimo parere è la più grande cantante di musica classica araba del 900, ovvero Soultana Daoud, divenuta cieca a due anni: sarà famosissima ed è ancora adorata dagli appassionati del genere con il nome di Reinette l’Oranaise.

È da Saoud che Lili apprende il gusto del mélange musicale. Già, perché a Orano, ancora prima della nascita del Raj, i musicisti ebrei erano soliti mescolare musica araba classica del ramo andaluso, con danze occidentali e forme della chanson francese. Scusate, ancora non l’ho scritto, ma in una rubrica con questo titolo dovrebbe essere quasi ovvio: tutti musicisti nominati erano ebrei. Teneteli a mente, perché li rincontreremo.

Ma Lili Boniche oltre alla perizia nello strumento principe della musica di el Andalous, possedeva un altro atout: una voce intonatissima, estremamente charmante, dotata di grande presenza. E così finisce a Radio Algeri, notato dal suo direttore. Da lì trasmette canzoni che diverranno la colonna sonora, ma anche la colonna portante, dell’identità algerina negli anni 40 e 50. Mentre con altri musicisti della casbah, ebrei e musulmani, crea il Chaabi, un genere in cui la musica classica andalusa e quella popolare cabila o berbera incontrano il tango, il fox trot, i ritmi della musica leggera americana: il parallelo ad Algeri del Raj oranese. I suoi pezzi sono sempre successi immediati.

La vita famigliare, un patto preciso con la moglie, lo fanno rinunciare alla musica come mestiere primario. Dirigerà sale di proiezione cinematografica ad Algeri. Ma ogni tanto si riaffaccia a Radio Algeri, con qualche colpo da maestro che segna la storia della cultura popolare del Maghreb. Come quando sul finire degli anni 50 riprende il pezzo con cui Aurelio Fierro vinse nel 1956 il Festival della Canzone Napoletana (allora non meno importante e popolare di Sanremo), Guaglione. Ovviamente in arabo algerino, ma con un titolo italiano pronunciato alla francese: Bambino, o meglio, Bambinò.

1962, indipendenza dell’Algeria. Non pochi ebrei avevano militato nelle file dell’FLN, il fronte di liberazione nazionale. Ancora di più, si erano schierati con l’OAS, l’organizzazione paramilitare che fece di tutto perché l’Algeria rimanesse francese. Gli ebrei, tutti cittadini francesi (l’Algeria era territorio metropolitano) decidono di andarsene in Francia. Nel 1963 l’Assemblea algerina dominata dall’FLN, teoricamente laico, decide che la cittadinanza algerina spetta solo a chi è musulmano, dal nonno in giù. Si spezza brutalmente una convivenza che ebbe anche momenti alti (l’aiuto fornito dai musulmani agli ebrei sotto il regime di Vichy) e che soprattutto aveva portato ad una forte e sentita simbiosi culturale. L’abbandono delle amatissime Algeri, Orano, Costantina, Tlemcen fu per molti ebrei un trauma dal quale non si ripresero mai del tutto.

I grandi musicisti che avevano inventato il Raj e il Chaabi, Maurice el Mediouni, Reinette l’Oranaise, René Perez, Raoul Journo, Alice Fitoussi, Lili Boniche, scompaiono dalla scena.

Vi è un ritorno negli anni 90. Lili Boniche viene convinto da Maurice el Mediouni a tornare sul palco, a registrare. È un uomo ancora pieno di charme e musicalità. Ma stanco. La voce mostra ancora la tecnica perfetta, ma non è più la stessa. La sua Alger Alger riassume la sua carriera, la sua vita. Il passaggio continuo fra francese e arabo algerino. Il rimpianto, lo strazio. Ed è proprio lo strazio ad emergere nelle piccole imperfezioni dell’esecuzione, soprattutto nel tenuto e nel vibrato.

Si apre con una sorta di taqsim (libera improvvisazione per definire il maqam, il modo) del violino usato a mo’ di qamanje. La melodia riprende quella iniziale di Ana el Ouerka, il tango che vi ho presentato in apertura, ma poi va in altre direzioni. Al pianoforte, l’amico fraterno Maurice el Mediouni. Lili Boniche ha abbandonato lo oud per la chitarra elettrica, e sembra un divo rock solo un po’ agé… La registrazione, amatoriale, fu fatta al tempio della musica leggera francese, l’Olympia di Parigi, nel 1996


3 Commenti:

  1. Grazie, molto interessante. Lo condivido perché è giusto conoscere queste storie. I paesi arabi dovrebbero riscoprire questi legami, fanno parte della loro storia e cultura.

  2. Grazie Massimo per avermi introdotto ad una personalita` sconosciuta.
    Molto interessante, lo faro sapere a tutti quelli che potrebbero essere interessati.


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