In un libro il racconto delle ore in cui i gerarchi fascisti disarcionarono l’uomo che da vent’anni governava l’Italia senza contraddittorio. Era il 25 luglio 1943…
Alle 17, 15 del 24 luglio del 1943 inizia a Roma Il Gran consiglio del fascismo. Da quel momento le sorti dell’Italia, del fascismo e soprattutto di Mussolini iniziano a cambiare direzione. L’obiettivo di quella riunione è rimuovere Mussolini dal piedistallo. Questi i fatti raccontati dall’inviato del Corriere della Sera, Pier Luigi Vercesi, nel libro La notte in cui Mussolini perse la testa (Piccola biblioteca – Neri Pozza).
“Mussolini avvertì i presenti che la discussione doveva rimanere riservata” scrive Vercesi. “Il Duce aveva vietato esplicitamente la presenza di uno stenografo. Ciò che accadde e si disse in quella riunione resterà per sempre in balia di quanto riferiranno i presenti alla luce degli avvenimenti successivi”.
“Pe capirei fatti del 25 luglio 1943 occorre partire da un fatto: l‘idea che il fascismo fosse un movimento in cui tutti andavano d’accordo è un’idea balzana” racconta l’autore a Joimag. “Mussolini governava da dittatore e questo approccio non era mai stato accettato del tutto dai gerarchi come Balbo, Bottai o Grandi. Ognuno si era creato una propria nicchia di potere e non era un segreto che i gerarchi facessero battute o raccontassero barzellette sul Duce. Altro che unità, si guardavano tutti in cagnesco. Soprattutto perché Mussolini amava ribaltare funzioni e ruoli all’improvviso e senza avvisare nessuno” racconta.
“Con l’ingresso in guerra la posizione di forza di Mussolini cambia drasticamente: nell’ultimo Gran consiglio prima del conflitto quasi tutti si erano espressi per la non belligeranza. Quasi nessuno dei gerarchi voleva la guerra e l’alleanza con la Germania. Sapevano bene in che condizioni era l’Italia…” spiega Vercesi. “La vicenda delle legge razziali fu poi un tradimento terribile per molti degli eroi ebrei della Prima Guerra mondiale che addirittura avevano appoggiato il fascismo. Rispetto a quelle leggi quasi tutti i gerarchi erano contrari. Tra questi, sorprendentemente, non c’era Bottai, di solito arguto e previdente, che però si fece coinvolgere in quella follia” racconta.
“Comunque, tornando alla Seconda guerra mondiale, apparve chiaro fin da subito che l’Italia non sarebbe stata in grado di reggere un conflitto e che in ogni caso avrebbe avuto un ruolo da paese gregario. Già nel 1941, il re e quasi tutti i gerarchi mostrarono tutta la loro contrarietà all’essere parte di quel conflitto. Dall’inizio della guerra fino al 1943 Mussolini non si comportò lucidamente. per tante ragioni, anche di salute. Aveva contratto un’infezione in Libia nel 1942, soffriva da sempre di ulcera e con buona probabilità aveva anche la sifilide” spiega Vercesi.
“Bisogna ricordare che all’inizio della sua parabola Mussolini venne espulso dal partito socialista perché troppo radicale, paradossalmente troppo a sinistra. Lui fonda i fasci di combattimento insieme ai sindacalisti rivoluzionari. Vanno alle elezioni e non prendono voti. A quel punto Mussolini trova un varco: la paura della gente di una rivoluzione bolscevica. E lui, Mussolini, fa una giravolta di 360 gradi e diventa il campione degli anti-bolscevichi, l’eroe dei proprietari terrieri e degli industriali. Per lui l’importante era la presa del potere… Il vero colpo di stato in Italia non avviene con la marcia su Roma, ma nel 1925 dopo l’assassinio di Matteotti. Mussolini, incalzato dai più duri dei suoi, va in Parlamento e si prende la responsabilità di quell’omicidio. Ma gli italiani non si scompongono e continuano a preferire lui al pericolo del bolscevismo…”.
“La notte del 25 luglio i gerarchi disarcionano Mussolini dittatore e gli dicono senza mezzi termini di restituire tutti i poteri militari e politici al re. Grandi pensava che questo gesto avrebbe portato alla costituzione di un governo democratico e che lui stesso avrebbe gestito la trattativa della resa con Churchill ricreandosi così una verginità. Bottai credeva invece alla rigenerazione del fascismo. Insomma tutti pensavano a qualcosa di diverso, non c’era unità di intenti. Quel che è certo e che nessuno imaginava che Mussolini il giorno dopo sarebbe stato arrestato. Un colpo di stato per rovesciare la dittatura orchestrato dal Re” racconta.
“I gerarchi non si erano resi conto del fatto che erano in atto la bellezza tre congiure: una della Corona, una gestita dai militari in qualche modo collegati al re e, infine, c’erano le pressioni del Vaticano per far uscire l’Italia dalla guerra. Mussolini venne destituito ma non ci fu una reazione dei fedelissimi. In fondo, molti facevano il doppio gioco. Bisogna poi considerare che Mussolini stesso, qualche giorno prima del 25 luglio, aveva promesso al Re che entro il 15 settembre avrebbe rotto l’alleanza con i tedeschi e chiesto una pace separata. Una cosa che si sarebbe rivelata impossibile perché Churchill e Roosevelt avevano ormai deciso che la guerra sarebbe andata avanti fino alla resa incondizionata di italiani e tedeschi”.
Giornalista, autore, critico musicale. Dopo numerose esperienze