Dopo un lungo restauro torna in vita la sinagoga Eliyahu Hanavi, una delle due rimaste delle 12 che erano presenti nella città egiziana
“I’m very proud of what my country has done, and it symbolizes living together,” said Magda Haroun, head of Cairo’s Jewish community, according to Haaretz. “Today, there is no difference between Muslims, Christians and Jews in Egypt.” (Sono molto orgogliosa di cosa ha fatto i mio paese e questo simboleggia la convivenza – ha dichiarato Magda Haroun, capo della comnità ebraica de Il Cairo, al giornale Haaretz. In questo giorno, non ci sono differenze tra musulmani, cristiani ed ebrei in Egitto).
Con queste parole Haroun commenta la riapertura, dopo un lungo restauro, della sinagoga Eliyahu Hanavi, una delle due rimaste delle 12 che componevano la vita ebraica ad Alessandria. Costruita nel 1354, bombardata nel 1798 quando Napoleone invase l’Egitto, venne poi ricostruita da un architetto italiano nel 1850, momento di massimo splendore per le comunità ebraiche egiziane.
Poi è stata progressivamente abbandonata, insieme alla presenza ebraica sul territorio: se si contava una comunità di circa 40mila ebrei alla fine dell’800, dal 1948 si è registrato un progressivo abbandono e ad Alessandria attualmente si contano circa 20 ebrei, stando a quanto riporta il Jerusalem Post. Il crollo di una parte del tetto ha segnato il declino inesorabile dell’edificio, esposto agli elementi e gravemente danneggiato nel corso degli anni. Così nel 2012 venne chiuso per ragioni di sicurezza. Il restauro, iniziato nel 2017, fa parte del programma governativo di recuperare le radici ebraiche del paese, in accordo con il World Monuments Fund.
A festeggiare la riapertra di una delle più grandi sinagoghe del Medio Oriente sono stati circa 180 ebrei di origini egiziane, atterrati da tutto il mondo ad Alessandria per l’occasione. Perché Eliyahu Hanavi è un simbolo. Per gli ebrei della diaspora, un emblema dell’eredità della comunità; per l’Egitto, un segno del crescente interesse nella conservazione del patrimonio delle minoranze; per i residenti e le autorità locali, rappresenta la pluralità storica del luogo, quando diverse comunità lavoravano e vivevano insieme nel rispetto della libertà religiosa.