Ne parliamo con Gadi Luzzatto Voghera, direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea
La Commissione Europea ha diffuso oggi il documento della Strategia europea contro l’antisemitismo. Un documento atteso, che parla di un impegno importante, lungo dieci anni, da parte di tutti gli stati membri dell’Unione. I punti cardine della strategia parlano di conoscenza, di informazione e di valorizzazione della vita ebraica come strumenti per combattere la discriminazione, l’odio e il pregiudizio. Ne abbiamo parlato con Gadi Luzzatto Voghera, direttore del Cdec.
“Questa decisione ha un significato storico molto importante. Parla di un continente che ha massacrato i suoi ebrei e ora si impegna a supportare, proteggere e rafforzare la vita ebraica nei suoi stati. è uno strumento decisivo per contrastare l’antisemitismo facendo parlare gli ebrei per quello che sono realmente, attraverso un pluralismo di voci, in un modo cioè molto diverso dalla retorica antisemita. E questo lo definirei molto bello!”.
La strategia si divide in vari punti e tra questi si parla proprio di rafforzare la vita ebraica. Che significato ha?
“Significa dare modo agli ebrei di esprimere il proprio ebraismo, ma anche di farlo conoscere agli altri. Significa per esempio procedere con la piantumazione di alberi in occasione del capodanno degli alberi, una festività che la commissione europea ha appena scoperto e che risponde perfettamente alle esigenze climatiche attuali, magari anche andando incontro alle agende che prevedono interventi di verde pubblico entro una data stabilita. Questa idea, di utilizzare valori e festività ebraiche per occasioni che riguardano la società tutta, apre panorami inesplorati, perché permette di dare voce alle molteplici facce dell’ebraismo”.
Per combattere l’antisemitismo, spiega il documento della strategia, occorre fare informazione, promuovere l’educazione e la ricerca.
“Il Cdec è dentro a cinque progetti, quindi siamo molto coinvolti. Era un documento molto atteso, frutto di una politica intrapresa dalla Commission Europea che prevede un impegno importante, anche di spesa. Molti progetti sono già in essere, altri in attesa di ricevere le sovvenzioni e questo ha una ricaduta sul sociale: sono tutti progetti di formazione ad ampio raggio che daranno voce a una molteplicità di visioni, dedicati ai formatori e ai giovani e giovanissimi, quindi alle generazioni che verranno”.
Un Hub europeo di studi e ricerche?
“Mi sembra più un’aspirazione. L’importante è coordinare i diversi lavori per produrre una molteplicità di sguardi sul tema”.
Tra questi progetti non mancano quelli incentrati sulla Shoah. Sarà un’occasione per ripensare la Giornata della Memoria?
“Se ne parla ogni anno, ma ripensarla vorrebbe dire riscrivere la legge che l’ha istituita e non credo sia proprio il momento! Penso che non esista una modalità da imporre, bensì che occorra anche in questo caso promuovere il pluralismo. Anche per sottrarsi all’idea dell’ebreo come vittima, oggi rinnovata nel linguaggio utilizzato dai no vax, ma nelle corde del Paese, almeno in Italia, dove l’utilizzo pubblico dell’antisemitismo è in crescita”.
L’invito della commissione europea a tutti gli stati è di adottare la definizione di antisemitismo messa a punto dall’IHRA. Un modo per avere la stessa unità di misura?
“La cosa interessante è che l’adozione di questa strategia comune per combattere l’antisemitismo è il frutto di quanto è emerso durante l’elaborazione della definizione di antisemitismo dell’IHRA. Non solo. Quella definizione è il prodotto di un organismo intergovernativo e prevede impegni intergovernativi, come quelli, appunto delineati nella strategia. Poi ci sono questioni di politica emergente da affrontare, prima fra tutte quella del Belgio che ha vietato la shechità: un gesto contrario alla strategia”.
È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.