Viaggio intorno al mondo tra storie e ricette fredde
La cucina estiva fa spesso rima con insalata. Che cosa si intenda poi con questo termine è tutto da scoprire. Tanto per cominciare, se ci troviamo nella cucina ebraica, le cose non si semplificano particolarmente. Anzi, se possibile si complicano.
Si mettano il cuore in pace quanti identificano l’insalata con il semplice mix a base di verdure a foglia verde. Certo, c’è anche questa, ma è una categoria a sé. E anche a voler liberare il campo dalle insalate a base di cereali, la gastronomia ebraica non si fa comunque mancare il suo bel mix di preparazioni. Che ci si trovi in Israele o nel resto del Medio Oriente, nel Maghreb o nel Centro ed Est Europa, non c’è quasi menu che non includa i suoi bravi miscugli freddi di verdure variamente condite. A incidere su questa predilezione sono il clima, le abitudini sociali e lavorative, la disponibilità di materia prima e, ovviamente, l’osservanza religiosa. Una portata preparata in anticipo per il sabato è una risorsa impareggiabile, tanto più se può essere consumata fredda. In questo caso a farla da padrone saranno verdure che con il tempo e il riposo migliorano (o comunque non perdono) il gusto, il che esclude dal gioco le foglie verdi e fresche delle lattughe aprendo le porte, a seconda di dove ci troviamo, a cetrioli, cipolle e pomodori così come a patate, barbabietole, carote e altre radici.
Legata alle variabili geografiche è anche l’occasione in cui questa portata viene consumata. Se nella cucina italiana l’insalata verde viene ad esempio tradizionalmente consumata come contorno, diventando piatto unico con l’aggiunta dei più diversi ingredienti, in altre culture gastronomiche questa portata tende ad aprire il pranzo, da sola o accanto ad altri antipasti. Per non parlare di quando viene servita come prima colazione, come accade con l’insalata israeliana. Prima di trattare quello che è forse il riferimento più scontato, può essere utile dare un’occhiata a come vanno le cose in giro per il mondo. Ebraico e non solo.
Voce imprescindibile quando si passano in rassegna le abitudini ashkenazite e sefardite, Claudia Roden nel suo The Book of Jewish Food prende in considerazione sia gli usi di polacchi e russi sia quelli degli ebrei di origine iberica. Nel primo caso, fa notare come nell’Ottocento fosse abitudine nelle case eleganti dell’Est Europa aprire i pranzi con una serie di antipasti (tra cui anche insalate, poi vedremo di che tipo). Questi piatti potevano occupare un tavolo a parte e davano l’occasione di degustare insieme liquori. Si faceva l’aperitivo, insomma. A casa degli ebrei polacchi e russi, di sicuro meno avvezzi al consumo di superalcolici, questa fase veniva saltata a piè pari e il pranzo iniziava direttamente con una zuppa. Diversamente andava presso i ristoranti ebraici in Polonia, dove nel 1920 il gastronomo franco-polacco Édouard de Pomiane diceva di trovare regolarmente una serie di antipasti da gustare, appunto, con un bicchierino di roba forte. Lo stesso cronista annotava però che erano solo gli ebrei di origine russa a concedersi una vodka, mentre gli altri raramente bevevano liquori. Con o senza alcol, comunque, l’uso di servire degli antipasti, giunto perlopiù da Nord America, Francia, Canada e Gran Bretagna, aveva conquistato anche gli ebrei, che spesso adottavano una selezione di forspeizen come loro pietanza preferita.
Lasciando da parte qui gefilte fish, pickle e conserve varie, vegetali e non, la categoria insalate comprendeva principalmente mix di ortaggi cotti e crudi conditi con panna acida o maionese. Ingrediente immancabile nella cucina ashkenazita, la barbabietola era qui tra i protagonisti, bollita, tagliata a tocchetti o a fette e quindi mescolata con cipolla cruda tritata. Il condimento associava una citronette o una vinaigrette addolcita con zucchero a una buona porzione di panna acida (sempre naturalmente che il resto del pasto fosse a base di pesce…). La panna condiva anche le insalate di cetrioli, in versione una volta tanto cruda e non solo in salamoia, così come quelle di patate. La Roden fa notare come le fossero giunte dozzine di versioni diverse a base di questi tuberi, bolliti, tagliati a tocchi e mescolati nelle varianti più semplici con cipolle e prezzemolo tritato. Tra le verdure propriamente dette non potevano poi mancare i cavoli, affettati finemente con carote, cipolle e ravanelli e quindi conditi con salsine agrodolci.
In un articolo pubblicato un paio di anni fa su My Jewish Learning , Sonya Sanford fa notare come questo tipo di insalate, eventualmente a base anche di peperoni e di cetrioli, siano un appuntamento fisso delle gastronomie ebraiche di New York. Sono indicate come “salutari” per merito del loro condimento, una salsina agrodolce che una volta tanto rinuncia alla maionese e alla panna acida. Sempre la Sanford fa notare come questa insalata sia conosciuta nel New Jersey come Claremont Salad, dal nome di una tavola calda famosa per la sua cheesecake e per il fatto che offrisse una insalata di cavolo “di cortesia” accanto a ogni suo piatto. Spostandosi in Russia e nell’Europa dell’Est in genere, si ricorda poi come questo tipo di insalate siano comunque molto diffuse e indicate come salat vitiminniy, vitaminiche, per la presenza di tante verdure di stagione e soprattutto per il condimento light a base di olio e succo di limone.
Chiudendo un occhio sulle ambizioni salutiste, val la pena qui ricordare quella che fuori dalla sua terra è spesso indicata come insalata russa e che in patria viene invece chiamata Olivier. Deve il nome a Lucien Olivier, chef francese che nel 1864 aveva lasciato l’impiego presso il nobile russo presso cui lavorava per aprire un proprio ristorante. E introdurre così in Russia anche preparazioni fino a quel momento sconosciute, dice Gill Marks, come le insalate. Presso gli ebrei quel ricco mix di patate, carote, barbabietole e cetrioli cotti era molto apprezzato, anche se, anziché con la maionese, annota sempre Marks nell’Encylopedia of Jewish Food, si preferiva insaporirlo con una più semplice vinaigrette.
Decisamente più healty per il condimento e leggere per gli ortaggi impiegati sono le insalate della scuola mediterranea e mediorientale. Tornando alla Roden, la storica ricorda come a differenza del mondo ashkenazita, fin dai tempi più remoti in quello sefardita gli antipasti freddi erano una parte fondamentale del pasto. In particolare, di quello del venerdì sera e di quelli del sabato, quando gli stuzzichini erano serviti indipendentemente dall’ora e accompagnati da una qualche bevanda alcolica o analcolica. Parte fondamentale della cucina mediorientale, le mezeh aprono i pasti e li accompagnano con una varietà di preparazioni più o meno complesse che vanno dalle torte salate alle verdure ripiene fino, appunto, alle insalate. A seconda delle origini e delle tradizioni, le verdure crude e (saltuariamente) cotte possono essere condite con salse a base di uova o con altre più leggere a base di olio. Alla prima categoria appartengono la ajada, maionese all’aglio tipica degli ebrei spagnoli, e l’agristada. Questa seconda salsa è preparata con uova, succo di limone, zucchero e acqua e viene generalmente associata alla cucina greca e turca, pur comparendo anche negli antichi ricettari ebraici della Penisola Iberica.
Ma è giunto finalmente il momento di dare spazio alla regina di queste portate, almeno nell’immaginario più comune. Parliamo della cosiddetta insalata israeliana, nata per sfamare a colazione i contadini dei kibbutz dopo che questi avevano già trascorso le prime ore del mattino a lavorare nei campi e poi diventata un elemento onnipresente nei pasti di tutta la giornata, anche come contorno o guarnizione. Ogni comunità sefardita ne ha una sua versione con ingredienti diversi, ma quelli che non mancano mai sono i pomodori e i cetrioli. Abbinati generalmente alle cipolle e al prezzemolo, i vegetali vengono tagliati a cubetti piccolissimi e quindi conditi con olio d’oliva e succo di limone. In altre cucine del Levante agli ortaggi indicati si tende a unire anche la lattuga (in Israele quasi mai usata) e, seguendo la scuola yemenita dei fatoot, anche del pane sbriciolato, tra i protagonisti dell’insalata fattoush. Nel Nord Africa tra gli ingredienti base può fare la sua comparsa anche della scorza ben tritata di limone in conserva, presso gli ebrei di Bukhara non si usa l’olio ma si condiscono i vegetali tagliati finissimi solo con sale, pepe e aceto, mentre tra i Baghdadi, in India, vi si aggiungono zenzero e peperoncino verde.
Tornando in Israele, un’altra insalata piuttosto diffusa è quella di carote, con gli ortaggi grattugiati finemente e conditi con succo di limone, olio d’oliva e coriandolo tritato. Sempre le carote, ma questa volta cotte e speziate, sono protagoniste di una insalata anche in Marocco, paese che ci regala pure una sua versione dell’insalata di arance alle olive (ben nota ai siciliani…) e di quella alle patate, qui mescolate con olive, capperi e limoni conservati.
Fin qui si è detto delle verdure crude e bollite, ma le insalate non disdegnano neppure l’impiego di quelle grigliate, brasate o arrostite. Protagonisti in questo caso sono spesso i pomodori, i peperoni e le melanzane, ortaggi molto amati dalla tradizione del Mediterraneo così come di quella più a est, fino all’India. Si tratta in questi casi di portate che rientrano nel più vasto campo degli antipasti e dei contorni (una per tutte, l’impareggiabile caponata) e che condividono con quelli già trattati il servizio a temperature rigorosamente fredde o ambiente.
Insalata Fattoush
Ingredienti
1-2 pezzi di pane pita secco
3 pomodori medi
1 limone
1 spicchio d’aglio
1 cetriolo persiano
¼ di cipolla rossa
1 mazzetto di menta
1 cucchiaio di sommacco
2 cucchiaini di sciroppo di melograno
olio extravergine d’oliva
1 cucchiaino di sale
Spezzettare il pane e metterlo in una ciotola. Tagliare i pomodori a metà e, usando le mani, spremere tutti i succhi e i semi sopra la pita. Tenere da parte i pomodori. Spremere il limone per ricavarne 3 cucchiai di succo e spruzzarlo sul pane, poi aggiungere l’aglio sbucciato e tritato, mescolare e lasciare riposare per 10 minuti.
Tagliare i pomodori a cubetti e privarli dei semi, poi riunirli in una larga ciotola. Aggiungere il cetriolo e la cipolla sbucciata, entrambi tagliati a dadini minuti, abbondante menta tritata e il sommacco, poi mescolare.
Sbriciolare il pane pita bagnato sull’insalata. Condire con 3 cucchiai di olio d’oliva emulsionato con lo sciroppo di melograno e mescolare. Lasciare riposare per altri 10 minuti, poi regolare di sale, mescolare ancora e servire.
Insalata di carote marocchina
Ingredienti
2 kg di carote
6 spicchi d’aglio
1 cucchiaino di semi di cumino
¼ di cucchiaino di peperoncino secco
1 cucchiaino di curcuma
2 cucchiaini di paprica
2 cucchiaini di pasta di tamarindo
1 mazzetto di coriandolo tritato
olio extravergine d’oliva
sale
Spuntare e raschiare le carote, poi tagliarle a rondelle di circa ½ cm di spessore. Cuocerle in acqua bollente salata per circa 9 minuti, fino a quando saranno tenere ma ancora sode. Scolarle e tenerle da parte.
Sbucciare l’aglio e tritarlo. Scaldare 4 cucchiai di olio in una padella antiaderente, aggiungere i semi di cumino e mescolare per pochi secondi, aggiungere l’aglio e il peperoncino e mescolare per 1 minuto. Aggiungere la curcuma e la paprica e cuocere per altri 30 secondi circa, sempre mescolando a fiamma media.
Aggiungere le carote in padella, mescolare e regolare di sale, poi insaporire con la pasta di tamarindo stemperata in 2 cucchiai di acqua. Continuare la cottura per altri 2 minuti mescolando, quindi trasferite la preparazione in una larga ciotola. Lasciarla intiepidire a temperatura ambiente, poi trasferirla in frigo per una notte. Al momento di servire, aggiungere abbondante coriandolo fresco tritato e mescolare
Insalata di cavolo
Ingredienti
½ cavolo cappuccio
2 carote medie
1 peperone rosso o verde
1 cetriolo persiano
4-6 ravanelli piccoli
aceto di mele
aceto di vino bianco bianco
2 cucchiai di zucchero
olio d’oliva
sale
Pulire il cavolo e tagliarlo finemente con una mandolina. Spuntare, raschiare e tritare le carote e pulire e affettare sottilmente il peperone. Tagliare a metà o in quarti il cetriolo, rimuovere i semi e affettarlo. Affettare sottilmente il ravanello a rondelle. Riunire tutte le verdure preparate in una ciotola capiente. Spolverizzare generosamente di sale e mescolare con cura.
Mescolare in una ciotolina 2 cucchiai di acqua, con 2 di aceto di mele, 1 di aceto bianco e lo zucchero, fino a far sciogliere quest’ultimo. Aggiungere quindi a filo e sempre mescolando 3 cucchiai di olio. Versare il condimento sull’insalata, mescolare con cura, poi mettere in frigo e lasciare riposare per almeno 30 minuti prima di servire, regolando di sale a piacere.
Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.