Al suo ventesimo anno, l’evento che premia i migliori fotografi e fotogiornalisti israeliani mette in mostra anche i fatti del 7 ottobre. Al MUZA di Tel Aviv
Anche quest’anno, il 5 dicembre, ha inaugurato presso il MUZA – Eretz Israel Musuem di Tel Aviv, l’evento annuale più atteso riguardo la fotografia e il fotogiornalismo in Israele, ovvero Local Testimony, giunto, proprio quest’anno, alla sua ventesima edizione.
Come sempre, le foto vincitrici sono state selezionate da una giuria indipendente composta da professionisti di spicco nel campo della fotografia, della curatela e della comunicazione. La selezione è stata effettuata in forma anonima e i membri della giuria sono venuti a conoscenza dell’identità dei fotografi solo dopo la selezione.
Quest’anno, tra le 6.700 fotografie presentate al concorso, sono state scelte 130 immagini di 52 fotografi e oltre alle categorie da sempre esistite – sport, natura, spettacolo, politica, religione – due grandi eventi nella storia del 2023 ma soprattutto, nella storia di Israele, hanno preso il sopravvento anche nella sua rappresentazione fotografica.
A cominciare dalle proteste contro la cosiddetta “riforma giudiziaria” e, di conseguenza, il movimento anti-riforma che per 39 sabati consecutivi si è trovato a protestare in Kaplan Street, a Tel Aviv, e nelle principali città israeliane, per la salvaguardia della democrazia del Paese. Fino alla grande marcia che, partendo proprio da Kaplan, ha raggiunto Gerusalemme nelle calde giornate di luglio. Fino a sabato 7 ottobre, quando, dopo 39 sabati consecutivi, la protesta si è fermata a causa del terribile massacro di Hamas nei kibbutz del Negev.
Nonostante le foto per la mostra fossero già state selezionate, la direzione del museo e i curatori della mostra si sono domandati cosa fare: da un lato era impensabile non integrare le immagini di ciò ha segnato una delle pagine più buie della storia non solo del 2023, ma di Israele. Dall’altro, al tempo stesso, ci si è domandati come farlo, essendo il Paese ancora all’interno di un conflitto ancora in corso.
Non solo, come conseguenza diretta della guerra si sono aperti due fronti: sia quello a Gaza, dove alcuni fotografi e giornalisti hanno seguito le operazioni militari fin dal primo giorno; sia il fronte interno, con migliaia di volontari hanno dedicato giorno e notte ad assistere sia i soldati al fronte, che i sopravvissuti ai massacri nei kibbutz, che i cittadini che vivevano al confine con Gaza e il Libano, costretti a lasciare le proprie case a causa dei costanti attacchi missilistici: oltre 200.000 sfollati che ancora non sanno se e quando torneranno a casa.
Una tale intensità di eventi ha necessitato di creare una video-installazione che ha raccolto oltre 300 immagini, fotografate nelle prime due settimane a ridosso del Sabato Nero, ripercorrendo sia le conseguenze dell’attacco, che l’arruolamento della società civile.
Oltre a queste immagini in loop, tre foto, scattate proprio il 7 ottobre, sono state selezionate e premiate dal quotidiano Yediot Hacronot, che ha costituito il Premio Roee Idan, in memoria del fotoreporter assassinato dai terroristi di Hamas il 7 ottobre nel suo kibbutz, a Kfar Aza. Il premio, sponsorizzato dall’Unione dei giornalisti in Israele, è stato assegnato ai tre migliori fotografi che hanno documentato i primi giorni della Guerra del 7 ottobre.
Un altro omaggio speciale è stato dedicato a Lavi Lipshitz, soldato caduto in battaglia nel nord della Striscia di Gaza il 30 ottobre, a cui è stata dedicata nell’auditorium del Museo una raccolta di foto da lui scattate al fronte.
Come ci spiega Ami Katz, CEO del MUZA: “L’esplosione, improvvisa, della guerra, ci ha costretto a pianificare un nuovo percorso curatoriale: dedicando uno spazio significativo alle immagini del massacro e alle sue conseguenze nei combattimenti ancora in corso, proprio mentre la mostra veniva installata. Local Testimony 2023 è, per tanto, una mostra unica nel suo genere, perché racconta una realtà ancora in corso”.
Dana Wohlfeiler-Lalkin, curatrice e fondatrice di Local Testimony ha aggiunto: “Il 7 ottobre è scoppiata una guerra che è ancora in corso. Dopo due settimane, che ci sono sembrate un’eternità, siamo dovuti tornare a scegliere, nuovamente, delle immagini che rappresentavano come Israele stesse cambiando, in modo irriconoscibile, dopo quel maledetto sabato. È stato terrificante riscoprire anche il nuovo significato assunto dalle immagini che avevamo già scelto e che ritraggono, ora come non mai, gli eventi centrali di quest’anno”.
Inoltre, poiché la mostra celebra il suo 20° anniversario, all’ingresso del padiglione Rotchild, dove ogni anno vien esposta il tanto atteso evento, quest’anno è stata creata un’apposita installazione video – realizzata dall’artista Ran Slavin – che mostra una carrellata di immagini selezionate degli ultimi due decenni. Il video, accompagnato dalla musica originale di Slavin, viene proiettato su quattro schermi giganti. Mentre, su schermi separati, vengono mostrate interviste personali ai più importanti fotografi israeliani che parlano del loro lavoro e della complessa professione del giornalismo, soprattutto in un Paese come Israele. Ami Steinitz, curatrice di “Twenty Years of Testimony” ha spiegato che: “Dalle immagini selezionate emerge gradualmente un quadro non solo degli ultimi vent’anni ma anche della situazione attuale: un’esistenza delicata sull’orlo dell’abisso, dove il conflitto convive con la vita quotidiana”.
Infine, sempre per celebrare i vent’anni di questo importante appuntamento con la fotografia a con la storia di Israele, presso il Tower Building è stata allestita una retrospettiva, a cura di Guy Ruz, di Israel Isser Olstein (Elizur), uno dei primi fotografi dello Stato di Israele. Nato nella città lituana di Salantai nel 1890, fin dalla giovane età amava fotografare e con la sua macchina fotografica documentò gli abitanti della città e i paesaggi circostanti fino all’arrivo in Israele nel 1926, quando iniziò a girare il Paese e a catturarlo con la sua macchina fotografica, fino alla morte, nel 1978. Dopo la sua morte un suo parente, l’artista Avraham Eilat, ritrova un lascito di 300 fotografie, originariamente stampate in formato “cartolina” 9×14 cm. Molte di queste fotografie compaiono ora nella mostra curata da Raz, che ci spiega: “Le sue foto in posa sono caratterizzate da senso estetico e al tempo stesso un certo senso dell’umorismo. Olstein appare a volte come uno dei personaggi delle sue foto, facendo parte della composizione: una caratteristica insolita nella fotografia locale del periodo”.
Sono quindi cinque le mostre in corso sotto il cappello di questo grande evento annuale che è Local Testimony. Durante il periodo delle mostre si svolgeranno presso il Museo ulteriori eventi che forniranno una profonda prospettiva analitica sulle opere e sul mondo della fotografia documentaria in Israele e all’estero, assieme a gallery talks, e giornate di studio con la partecipazione dei fotografi vincitori.
Le cinque mostre rimangono aperte fino al 3 Febbraio 2024.
Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.
Peccato non poterla vedere!!
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