
“One-of-a-kind NFT” è la prima mostra in Israele di una collezione di Non Fungible Tokens, il codice unico usato per tracciare i trasferimenti della proprietà digitale su una rete di criptovalute. Un’indagine tra espressione artistica e arte mercato
Lo scorso 5 Luglio ha aperto presso il Museo di Arte di Tel Aviv One-of-a-kind NFT, la prima mostra, in Israele, ad ospitare una collezione di NFT, ovvero Non Fungible Tokens: un codice unico e non interscambiabile, il cui scopo è tracciare i trasferimenti della proprietà digitale – in questo caso un’opera d’arte – su una rete di criptovalute blockchain.
Si è iniziato a parlare di NFT per la prima volta nel 2014 quando, anche nel mondo dell’arte, avvalendosi dei vantaggi della criptomoneta, si era scovato il modo per bypassare galleristi e case d’aste e vendere direttamente al potenziale acquirente, accumulando ad ogni passaggio di proprietà una commissione – generalmente attorno al 10% – che non fa che aumentare il valore stesso dell’opera, da quel momento tracciabile, proprio grazie a questa nuova tecnologia.
Il mondo dell’arte è stato uno dei primi casi di utilizzo di NFT, grazie alla capacità intrinseca di fornire prove di autenticità dell’arte digitale, che altrimenti avrebbe dovuto fare i conti con il rischio di una riproduzione di massa e di una distribuzione non autorizzata attraverso la rete. Un nuovo modo di commerciare che ha raggiunto l’apice del suo successo nel 2021, quando la prima opera NFT viene battuta all’asta da Christie’s per 69,3 milioni di dollari. Si tratta di Everydays: the first 5000 days dell’artista Beeple che, ogni giorno per 13 anni, ha creato un’immagine digitale di cui poi ha raggruppato i 5 mila pezzi in un unico maxi jpg, dando il via all’infinito tamtam mediatico – mentre scriviamo questo articolo, ogni 3 secondi viene pubblicato un nuovo articolo sull’argomento – sugli NFT. Si tratta della terza opera d’arte contemporanea più costosa al mondo, dopo i campioni d’incassi Jeff Koons e David Hockney.

Alla luce di questa nuova tecnologia e scommessa – allo stato attuale si parla di un mercato attorno ai 40 miliardi di dollari – e dei possibili mutamenti che presto influenzeranno anche il mondo curatoriale, il TAMA, come sempre, ha accolto la sfida, ospitando, nella lobby all’ingresso del Museo – ma nella realtà virtuale del metaverso – una collezione di 42 opere NFT, accuratamente selezionate tra oltre 500 proposte, provenienti da tutto il mondo. Tra queste non mancano una delle ormai celebri scimmie del progetto Bored Ape Yacht Club e The Currency di Damien Hirst, che ha conquistato il mercato NFT nel 2021 con un’opera ispirata ad un lavoro su carta del 2016. Si tratta di una serie di 10.000 dipinti a puntini colorati su carta, formato A4, che sembrano apparentemente identici, ma sono in realtà unici. A ogni pezzo della collezione è associato un NFT che poteva essere acquistato per 2.000 dollari al pezzo: quindi, in totale, un’operazione di 20 milioni di dollari. Per meno Hirst non si muove. E il mondo – non solo quello dell’arte – comincia a farsi delle domande, a cui il TAMA, con One-of-a-kind NFT, ha cercato, se non di dare delle risposte, sicuramente di creare un dibattito.
Come ci racconta Tania Coen-Uzzielli, Direttrice del TAMA, “L’idea di ospitare quella che più che una mostra si presenta come un ‘arena’ di discussione, e nasce in parte dal fatto che quest’anno il Museo compie 90 anni e per un’istituzione come la nostra era necessario porsi delle domande relative allo stato dell’arte, su scala globale. In questo preciso momento storico non potavamo trascurare il rapporto, sempre più intrinseco, tra arte tecnologia, che, da sempre, ben prima del NFT, è uno degli strumenti di cui si servono gli artisti. Prima attraverso l’arte digitale e poi con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale che, proprio in questi giorni, sta facendo muovere le sedie esibite nella mostra di Urs Fisher – aperta il 17 luglio sempre al TAMA, ndr. – che si spostano da sole attraversando la sala in cui sono esposte, in risposta alla reazione del visitatore e alla ‘personalità’ di ogni sedia: una più ‘timida’, una più ‘estroversa’, e così via. Questo è un ottimo esempio di come sia la creatività dell’artista a generare l’opera d’arte, e non il mezzo: che si tratti di NFT o qualunque altro tipo di tecnologia, questa, tutto al più, offre all’artista un ulteriore strumento per esprimersi”.
Tuttavia, rispetto ad altre tecnologie, l’NFT ha anche un suo valore intrinseco, sia come proprietà intellettuale che come moneta di scambio.
“Un confine netto tra arte ed economia – continua Coen-Uzzielli – in realtà non c’è mai stato, fin dai tempi dei mecenati. Ciò che cambia oggi, specie con l’introduzione degli NFT, è che questo confine è ‘accelerato’ e più ‘democratico’, essendo diventato accessibile a chiunque, sia a chi ben conosce la storia dell’arte sia a chi, semplicemente, ha un capitale da investire. E questa corsa agli investimenti non vale solo per gli NFT, ma per tutte le altre arti, tanto che durante il Covid si è verificata una bolla speculativa in questo settore. Christie’s in questi due anni ha superato ogni record dai tempi del dopoguerra”.
Anche il fenomeno NFT, dunque, è un fenomeno, sia culturale che tecnologico e, come in borsa, va incontro ad alti e bassi, difficilmente prevedibili. “Eppure, in quanto fenomeno, esiste, e per questo merita di essere indagato – prosegue la Direttrice del Museo – come abbiamo cercato di fare con questo progetto: non acquisendo o producendo NFT, ma creando un involucro museale per permettere di rifletterci attorno. Mentre molti musei stanno ancora cercando di capire come fare, noi ci siamo posti la domanda di come cominciare a farlo, e il fatto di non aver prodotto una mostra ‘classica’, con schermi al posto delle tele, è già, di per sé, una presa di posizione. Così come non aver prodotto NFT da una delle opere della nostra collezione, come è stato fatto recentemente agli Uffizi, poiché crediamo fermamente che le opere di un Museo siano, per loro natura, pubbliche. Il nostro tentativo, con questo progetto, è stato se mai quello di rendere ‘pubblici’ e ‘accessibili’ gli NFT a chi ancora sta cercando di comprendere questo nuovo mondo”.

La mostra, per altro, è stata esposta all’ingresso del Museo e per tanto, grazie alla parete di vetro che permette di osservare la video-gallery anche da lontano, è, di fatto, accessibile 24/7 a chiunque, senza dover neppure acquistare il biglietto di ingresso.
“Questo progetto, ancora in fieri, non è necessariamente a piaciuto a tutti – conclude Coen-Uzzielli – Alcuni giornali ci hanno osannato e altri ci hanno criticato ma, sicuramente, abbiamo creato un dibattito, e queste erano proprio le nostre intenzioni. In attesa di trovare delle risposte alle domande che ci stiamo ancora ponendo, abbiamo lasciato guidare il dibattito a Tama”.

Anche Tama, che si chiama proprio come il Museo, è un personaggio virtuale, tecnicamente un bot – smart virtual character – sviluppato appositamente per il Tel Aviv Museum dall’Advanced Reality Lab della Reichman University e guida il visitatore non solo nella mostra ma anche alla scoperta del mondo NFT. Le postazioni di dialogo con Tama – con tanto di cuffie – risultano dunque parte integrante del “percorso mostra” la cui curatela è stata affidata a Maya Vinitsky.
Come spiega la curatrice, una delle sfide principali dal punto di vista curatoriale era decidere come “installare” la mostra. Alla fine, pur avendo optato per il metaverso, abbiamo tentato di “integrare il metaverso con ll’ingresso del Museo, la cui sala, nel museo virtuale, riprende il pavimento, il soffitto e i muri del TAMA, pur poi spostandosi in una galleria, che nella realtà non esiste, e che permette di sfruttare uno dei grandi vantaggi del metaverso, ovvero lo spazio infinito.”
Attraverso un percorso di 2 minuti e mezzo – quanto la durata del video – il visitatore viene, quindi, introdotto nella carrellata di 42 NFT, ciascuno con il corrispettivo soundrtrack, che varia di opera in opera e, quando non previsto, sostituito dal rumore dei passi dei visitatori virtuali, che entrano ed escono dalla scena. Chi con il cellulare in mano, chi solo, chi in compagnia, in visita con i figli: “E’ stato fondamentale avvalersi di un regista che, come in un vero set, ci ha aiutato a ‘dirigere’ gli attori, in modo tale che anche i visitatori ‘reali’ si sentissero parte di questa esperienza a 360 gradi.”
In risposta alla domanda su come la tecnologia NFT potrebbe influenzare il mondo dell’arte, Vinitsky ci dice che una delle più grandi sfide è proprio quella tecnologica che, per via della sua natura ibrida, ha consentito di creare NFT non solo da parte di artisti in senso “classico” ma anche da architetti, musicisti, ingegneri elettronici, designer. In certi casi l’identità non viene rivelata del tutto, in altri si tratta di un’opera generata da un algoritmo, ampliando quindi il concetto stesso di “artista,” che in questo nuovo mondo del NFT andrebbe meglio ridefinito come “creatore”.
“Allo stesso tempo – continua la curatrice – il numero di persone e di professioni coinvolte per la progettazione di una mostra del genere, esce dai confini classici dell’apparato museale, coinvolgendo figure professionali un tempo inimmaginabili: dallo studio legale esperto in copyright digitale allo screenwriter che ha scritto i testi di Tama. Infine, lo stesso ‘percorso mostra’ nel metaverso risulta, di per sé, un’opera d’arte autonoma, realizzata grazie alla preziosa collaborazione tra il regista Ohad Milstein e l’animatore Alexei Shamovsky.
Come spiega Milstein “si trattava anche per me della prima esperienza cinematografica con NFT, per questo ho cercato di ricreare, anche nello story-telling, un’esperienza di tipo ‘fluttuante’, senza alcun vincolo spazio – temporale, a partire dal paesaggio – quasi astratto – che si vede dal museo virtuale, che potrebbe trovarsi in qualunque altro luogo del mondo. Uno dei capolavori cinematografici che più mi ha ispirato in questo processo creativo è stato senz’altro Solaris – pellicola di fantascienza del 1972, diretto da Andrej Tarkovskij, ndr. – Come nel film sovietico, ho cercato di ricreare un viaggio spirituale, i cui protagonisti, come i visitatori, appartengono a ogni tipo di genere, generazione e appartenenza etnica.”
Come Milstein, che da regista di documentari si è trovato per la prima volta alle prese con un territorio, almeno in Israele, ancora inesplorato, non sorprende che attorno al mercato virtuale degli NFT se ne sia immediatamente creato uno “reale” di servizi: società di comunicazione e di consulenza, esperti che consigliano a chi vuol produrre – e a chi vuole acquistare – come creare, lanciare e mettere in vendita un NFT. Damien Hirst, per esempio, è stato il primo artista rappresentato da Palm, piattaforma dedicata esclusivamente al mercato dell’arte NFT, che, nella mission, promette anche di promuovere un impatto ambientale sostenibile.
Non sorprende che anche nel cuore di Startup Nation Raz Sabro, 27 anni, di cui 6 di carriera nell’Esercito Israeliano, abbia fondato “NFT Tel Aviv”, una startup dove, assieme al suo team, si dedica alla cura di artisti israeliani, alcuni dei quali hanno partecipato alla NFT Exhibtion in corso al TAMA.
Come spiega Sabro “ogni opera d’arte NFT viene scambiata su una rete di blockchain, proprio come Bitcoin o Etherium. Ogni asset digitale registrato come NFT riceve un numero di serie che gli conferisce la sua unicità, grazie all’ID digitale dell’opera, che fornisce un certificato di proprietà digitale. Questo spiega anche perché molti investitori, che fino ad ora erano impegnati unicamente nel mercato azionario o immobiliare, scelgono oggi di investire le loro monete digitali nell’arte NFT”.
In risposta alla domanda su come la tecnologia NFT influenzerà il mondo dell’arte, Sabro afferma che la tecnologia NFT può portare a un cambiamento rivoluzionario in tutto il mercato dell’arte, poiché da oggi, accanto all’esemplare ‘fisico’ si potrà, per contratto, vendere anche la sua certificazione NFT: “Se fino ad ora gli artisti vendevano ogni loro opera una volta sola, e solo da quella vendita proveniva il loro reddito, oggi un artista potrà ricevere le royalties dalle vendite future – come stipulato nel cosiddetto smart contract – e determinare quale percentuale di profitto godrà per ogni vendita futura. In passato l’artista non aveva traccia del percorso e dei profitti generati dalle proprie opere. Oggi, invece, un portafoglio digitale contiene tutte le informazioni dell’opera e del suo aumento di valore. Inoltre, bisogna ricordare che è possibile produrre un NFT di tutti i tipi di arte – non solo digitale – inclusi olio su tela, sculture, musica e molto di più.”
Nonostante Sabro provenga da un passato nella criptovaluta, la società di cui ora è CEO è specializzata solo nella nicchia dell’arte contemporanea e rappresenta molti artisti israeliani di successo, tra cui Elad Navon, artista che da anni soffre di post-trauma, a causa del servizio militare, e che ha creato una collezione psichedelica digitale chiamata “PTSD”.
“Noi di NFT Tel Aviv – continua Sabro – offriamo agli artisti tutta la gestione del processo: dalla conversione delle opere (digitali e non) in NFT, alla promozione e al marketing richiesti in base alle piattaforme dedicate a questo tipo di prodotto, fino a contattare musei, gallerie e curatori d’arte.”
Non stupisce, quindi, che fra i molti artisti, la mostra “One-of-a-kind NFT” al TAMA abbia presenteto anche il lavoro di Kfir Ziv, uno dei fotografi rappresentati da “NFT Tel Aviv”, che vive tra Tel Aviv e New York, e ha recentemente esposto alla prestigiosa fiera d’arte Art Basel a Miami. Nello specifico, il suo NFT rappresenta il primo piano di un popcorn, la cui luce e trasparenza viene enfatizzata dalla sua trasposizione digitale su enormi schermi di 8 metri che conferiscono al popcorn la potenza di una statua e profondità inaspettate.
“Speculazioni a parte – conclude Sabro – l’opera d’arte NFT può essere visualizzata anche su uno schermo o sulla parete di casa, al posto di una tela, per esaltarne il valore estetico. Ma a questo valore si aggiunge quello dell’investimento a lungo termine. Oltre ad un terzo valore, unico nel suo genere: l’acquisto, e la valorizzazione di azioni che ci si può, finalmente, godere direttamente dal divano di casa”.
La mostra One-of-a-kind NFT al TAMA offre, dunque, uno sguardo approfondito e multifocale su questo nuovo mondo, ancora tutto da esplorare, che occuperà sempre più spazio nella scena artistica nazionale e internazionale.
La mostra chiude il 3 dicembre e per chi non potesse visitarla fisicamente presso il TAMA sarà possibile visitarla virtualmente cliccando qui
Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.