Al numero 770 di Eastern Parkway, a Brooklyn, si trova la sede mondiale del movimento Chabad, una casa in mattoni rossi che vedete sullo sfondo in questa foto. Ne esistono altri esemplari nel mondo (Milano inclusa), ma la sua ultimissima versione è virtuale…
Tutto sta accadendo molto in fretta. Fino a pochi mesi fa, pochi parlavano di metaverso e ancora oggi la prima tentazione, sentendolo nominare, è di buttare un occhio a Wikipedia. Eppure questo universo virtuale, dove le persone interagiscono online attraverso un avatar a tre dimensioni, era già stato al centro di Snow Crash, romanzo di fantascienza cyberpunk scritto da Neal Stephenson nel 1992, esattamente trent’anni fa. Per non parlare del concetto stesso di gioco di ruolo o di videogame.
Qui però siamo letteralmente in un altro mondo, anticipato dalla piattaforma Second Life del 2003. Così reale che un colosso come Facebook ha cambiato alla fine dello scorso anno lo stesso nome della società per assumere quello di Meta. E nello stesso periodo ha annunciato di volere investire in Europa assumendo 10mila persone per lavorare in metaverso. Non troppo diversa la posizione di Microsoft, di Google e, naturalmente, di Apple, presumibilmente ingolosita anche dalla possibilità di lanciare sul mercato nuovi raffinatissimi visori per la realtà aumentata. Che al momento, per quanto utili a interagire in maniera più coinvolgente nel nuovo mondo, non sarebbero comunque indispensabili per farci un giretto.
A pensarci bene, teletrasportarsi in un universo parallelo dove sviluppare le proprie potenzialità liberamente, sciolti dai lacci di un mondo materiale sempre più stretto, non è neppure così distante dall’immergersi nella propria realtà interiore, staccandosi per un certo tempo dal quotidiano per entrare in contatto con la propria spiritualità e le risorse della propria mente. Con la possibilità in più di interagire con altre persone, che a loro volta hanno scelto di entrare in questa dimensione.
Questi due elementi, accostati allo sfruttamento della tecnologia al massimo del suo sviluppo, devono avere giocato un ruolo non da poco nella scelta fatta dal movimento Chabad. Che sarà il primo gruppo ebraico ad avere un proprio luogo di preghiera e di aggregazione nel metaverso, il MANA Chabad Jewish Center. Come si legge su jewishvirtualreality.com, il sito dedicato a questa nuova avventura: “Si stima che, entro il 2030, la realtà virtuale sarà completamente immersiva e gli esseri umani trascorreranno la maggior parte del tempo in ambienti virtuali. Saremo esseri umani virtuali”. E se i nostalgici del bei tempi andati potrebbero ancora affermare che questa è comunque una realtà di serie B e che l’intelligenza artificiale rischia di allontanarci dalla spiritualità e dalla religione, i Chabad sembrano di tutt’altro avviso. Sempre sullo stesso sito scrivono: “Il Lubavitcher Rebbe ha insegnato che D-o ha rivelato le nuove tecnologie all’umanità (radio, satellite, ecc.) come opportunità per espandere la spiritualità, per raggiungere e insegnare a più persone e per connettere gli ebrei in tutto il mondo”.
Passando dalle teorie ai fatti, per quanto virtuali, da circa un anno il rabbino Shmuli Nachlas e i suoi partner, il rabbino Yisroel Wilhelm di Boulder, Colorado, e l’esperto di tecnologia e criptovalute Alex Gelbert stanno lavorando alla realizzazione di una casa Chabad nello spazio virtuale di Decentraland, uno di quelli al momento più sviluppati nelle lande sterminate di metaverso. Fatte le debite distinzioni, tutto si è svolto come sarebbe accaduto nel mondo fisico, con tanto di acquisto di un appezzamento di terreno, che è costato 6.000 MANA (circa 11.750 dollari alla valutazione odierna), la criptovaluta con cui avvengono gli scambi economici nell’universo parallelo. “Se ci sono persone, allora dovremmo esserci anche noi”, dice Nachlas, che è co-direttore con sua moglie Chani della Jewish Youth Network di Ontario, in Canada. Il MANA Chabad Jewish Center, che è stato progettato per replicare il Chabad World Headquarters al 770 Eastern Parkway, quartier generale del movimento Chabad a Brooklyn, New York City, e che ha preso il nome dal token Ethereum che alimenta la piattaforma di realtà virtuale Decentraland, ospiterà un luogo di studio della Torah, eventi comunitari, collegamento con altri ebrei e shopping per Judaica.
Come spiega il rabbino su chabad.org, la Torah rimarrà sempre la stessa: “I principi dell’ebraismo sono irremovibili e le mitzvot sono azioni fisiche, destinate al nostro mondo fisico”, ricorda. “Abbiamo in programma di essere uno spazio di ispirazione e supporto e di aiutare a riconnettere le persone alla realtà quando necessario, sia spiritualmente che fisicamente”. Sempre nel sito portavoce della comunità si legge che Nachlas crede che mentre la tecnologia continua a svilupparsi e a espandersi, una presenza ebraica debba seguire, raggiungendo persone ovunque, anche quanto potrebbe essere al di fuori del nostro regno fisico. E che, in qualche modo, l’ispirazione Chabad potrebbe anche essere ancora più cruciale nel metaverso. Ci sarà quindi un’attenzione particolare all’ispirazione spirituale con l’obiettivo preciso di riportare gli utenti “con i piedi per terra” per le cene dello Shabbat, tefillin, per scuotere il lulav e l’etrog e per tutte le altre mitzvot che possono essere fatte solo “in presenza”.
Anche per quanto riguarda i già evidenti rischi di una società agli albori e quindi ancora pressoché priva di regole, gli artefici di questa nuova casa Chabad hanno una risposta. E anzi presentano l’iniziativa proprio come un modo per offrire aiuto a quanti, in questo nuovo mondo, potrebbero incappare in situazioni pericolose. Così, se da una parte Decentraland si vanta di sviluppare un mondo in cui le persone “si perderanno”, il MANA Jewish Center si pone l’obiettivo opposto, quello cioè di essere una luce per ritrovare se se stessi, guidando e riportando quando necessario chi si è perduto a questo mondo. Sempre citando l’ultimo Rebbe, il rabbino Menachem Mendel Schneerson, morto nel 1994 a 92 anni e grande sostenitore delle nuove tecnologie (che ai suoi tempi si limitavano alla radio, alla televisione e alla nascente rete), Nachlas ricorda il fatto che questi nuovi strumenti “possano essere usati anche per scopi mondani, e anche per cose che sono l’opposto della santità, ma che esistono per facilitare la libera scelta, e D-o comanda, richiede e concede tale capacità: ‘sceglierai la vita’ “.
Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.