Un’occasione di gioco, ma anche di avvicinamento alla disciplina olimpica e alle incredibili storie dei suoi campioni
Il gioco degli scacchi non prevede l’intervento della fortuna, ma anzi premia l’intelligenza che si esprime in modo strategico e senza nessun condizionamento esterno. Ecco perché nei trattati halakhici non è considerato un gioco d’azzardo. E non solo se ne sono occupati i maestri dell’halakhà, ma esistono trattati sul gioco degli scacchi scritti in lingua ebraica e pubblicati nel Medioevo, un’attività che va a braccetto con la cultur ebraica fin da epoche antichissime. E forse è per questa ragione che tra i primi tredici campioni del mondo, sette erano ebrei o di origini ebraiche. Daniel Fishman, addirittura, ha scritto un libro in cui mette in mostra le connessioni tra il Talmud e il gioco da scacchiera. Ma a parte lo studio di un tema complesso quanto articolato, Fishman è anche il promotore di un circolo scacchistico ebraico intitolato alla figura di Mikhail Tal, campione del mondo lettone dal gioco tanto spietato quanto raffinato e noto al mondo con il soprannome di Mago di Riga. Insieme al vulcanico e poliedrico Mario Manasse, Maestro internazionale FIDE nonché direttore tecnico del circolo, Deborah Segre e Eugenio Sermoneta, ha lanciato una sfida che si è già trasformata in un successo: il neonato circolo ha raccolto molti iscritti di tutte le età e ha già partecipato a un torneo internazionale. “Il circolo è nato proprio per partecipare a un torneo europeo delle comunità ebraiche perché in Italia non c’era nessun punto di riferimento”, spiega Fishman, “La risposta è stata altissima e di qualità dal punto di vista del gioco, ma è stato molto bello anche vedere come comunità diverse e iscritti di ogni età abbiano trovato un modo per riunirsi intorno a una passione”.
Attualmente si gioca online, con l’idea di organizzare lezioni e corsi a vari livelli e sfide interne, oltre a partecipare ai tornei. Già, perché la scacchiera è un campo di gara perfetto per il web. “Non è la stessa cosa avere l’avversario di fronte” spiega Mario Manasse “Come diceva Kasparov, giocare a scacchi è lo sport più violento che esista… in effetti occorre avere un istinto da killer: si fa a pezzi l’avversario perché lo si colpisce sulla sua intelligenza, distruggendone l’ego”. La cosa, a ben vedere, funziona anche a distanza, soprattutto perché ci sono differenti tipi di gioco, che includono il blitz, con 3 o 5 minuti a testa e il velocissimo bullet, dove tutto avviene in uno o due minuti e Manasse è un vero specialista del gioco lampo, anche se la sua passione viene da lontano, da tavolini da gioco con la scacchiera intagliata nel legno della Società Scacchistica di Milano, quando, nel 1972 aveva ancora sede in via San Maurilio. “Ero un ragazzino e andare in quel luogo per me era una meraviglia”, racconta, “Organizzavano dei tornei e io ho cominciato a scalare le varie categorie, fino a fare il vero e proprio salto grazie alle lezioni di Mario Lanzani, campione nel 1987 e prima vincitore del campionato italiano a squadre: dopo un anno di lezioni, vinto quattro tornei. Poi il web, dove mi sono aggiudicato il titolo di maestro internazionale”.
Giocare online è oggi molto popolare e coinvolge un pubblico piuttosto giovane. “Quando ho cominciato io gli scacchi avevano attirato l’attenzione di un pubblico più vasto perché per la prima volta l’America sconfiggeva il primato sovietico: Fischer aveva battuto Spassky. E ora la serie Netflix La regina degli scacchi sta facendo qualcosa di simile… L’età si è decisamente abbassata, il massimo della forza degli attuali campioni è prima dei 30 anni, ma ci sono grandi maestri che ne hanno 15/16”. Prevalentemente è un gioco maschile, almeno fino ad ora. “Sì, infatti per le ragazze sarebbe molto interessante: c’è spazio e sono sicuro che in quattro o cinque anni una ragazza che si appassiona potrebbe ottenere soddisfazioni. Ci sono casi esemplari, come quello di Marina Brunello, giocatrice a livello massimo, quello magistrale, e sul piano internazionale è splendida la storia delle sorelle Polgar, tre giocatrici ungheresi fenomenali, in particolare Judit, considerata la migliore giocatrice nella storia degli scacchi. Il loro padre, maestro anche lui, ha iniziato a giocare con loro quando avevano tre anni”.
E forse è anche cambiato un po’ il modo di giocare… “Beh, il gioco lampo è sostenibile solo da chi ha già una certa esperienza, ma insegna moltissime cose, tra cui la creatività e la fantasia. Cioè, insegna a ogni giocatore a esprimersi secondo la propria creatività per risolvere un problema, attraverso lo studio di una serie di mosse vincenti”. Per far fuori l‘avversario? “Certo, per vincere. Ma è un esercizio pacifista: fare la guerra sulla scacchiera non miete vittime…l’ho detto anche in una mia canzone per Lo Zecchino d’Oro”. Già perché Mario Manasse è anche un musicista: ha scritto canzoni esuona con il suo gruppo rockabilly (con cui sta registrando il secondo cd).
Torniamo al Circolo ebraico Mikhail Tal. Perché avete scelto di intitolarlo al grande campione lettone? “Abbiamo fatto un piccolo referendum e il nome di Tal ha vinto con una stragrande maggioranza perché è un giocatore veramente geniale. Come si fa a non amare Tal? Come si fa a non amare uno che prendeva in giro Bobby Fischer con battute irresistibili, uno che affermava che “Negli scacchi esistono due tipi di sacrifici: quelli corretti… e i miei.”, uno che costretto in un letto di ospedale in condizioni gravissime eludeva la sorveglianza di medici e infermieri per andare a giocare “blitz” e battere l’allora campione del mondo Kasparov? È impossibile”. Eccoci qui, il Circolo Scacchistico Ebraico Mikhail Tal ha aperto le porte e sta lavorando sulle prossime attività, tra tornei, lezioni, corsi e gare interne, perché, come conclude Mario Manasse, “non si finisce mai di giocare!”.
Informazioni e iscrizioni: Daniel.fishman@tiscali.it
Complimenti. Viva gli ebrei, e grande Tal.
Ok